TERMINOLOGIA VENEZIANA

TERMINOLOGIA VENEZIANA

Essendomi trovato per ben 5 giorni a Venezia, ed avendo vissuto una realtà  totalmente diversa da quella a cui sono abituato, essendomi trovato talvolta in difficoltà  per l’uso di certe parole a me sconosciute, ho pensato di rendervi partecipi a questa panoramica dei termini più utilizzati non solo nella enogastronomia veneziana.

IL SAOR: è un tradizionale ed antico modo di insaporire e conservare il pesce, in genere sardine ma si prestano bene anche gli “sfogetti” (sogliolette nostrane), le molecche o chi scampi. Questo metodo consiste nel ricoprire il pesce precedentemente fritto, con un’abbondante strato di cipolla passata con aceto, pinoli ed uvetta. Il saor, presente tutto l’anno, non può certo mancare durante la Festa del Redentore (terza domenica di luglio).

IL FEGATO ALLA VENEZIANA: entro i confini veneziani, per questa ricetta, si prediligeva l’uso del fegato di vitello. Si prende pari quantitativo in peso di fegato e cipolle. Si appassiscono ed imbiondiscono le cipolle tagliate sottili, si aggiunge poi il fegato passato in acqua ed aceto e tagliato a listarelle. Il tutto viene fatto cuocere velocemente, a fiamma viva, per pochi minuti e regolato di sale e pepe.

BIGOLI IN SALSA: piatto tipico del Venerdì Santo (venerdì prima della domenica di Pasqua) e della Festa del Redentore (Terza domenica di Luglio), è una pasta lunga, ruvida e grossa, che viene condita con cipolla e acciughe o sardina salate, precedentemente passate con un po’ d’olio. Particolarità  di questo piatto è che viene servito anche freddo (a temperatura ambiente).

CASTRADINA: antica zuppa di carne di montone castrato, servita per tradizione con le verze e gustata nel periodo della Festa della Madonna della Salute (21 novembre). La carne “de castrato” (salata, affumicata e seccata al sole), veniva importata dalla Dalmazia, da cui i veneziani acquistavano molta carne perchà© buona ed economica. Il castrato va tagliato a pezzi e successivamente lessato con verdure da brodo per almeno un’ora e mezza. Va quindi lasciato riposare coperto per almeno 10/12 ore. Si procede togliendo la crosta di grasso che si è venuta a formare, per ottenere quindi un brodo limpido che va rimesso nel fuoco con l’aggiunta di un mestolo d’acqua e lasciato bollire con le verze finchè la carne non stracuoce.

LA POLENTA: è da sempre definito alimento del popolo, presente in tutte le tavole Venete e veneziane, da sola o accompagnata in genere da tutti i piatti con sughi ed intingoli o addirittura utilizzata per fare dolci (da qui deriva il detto “veneti polentoni”).
Ottenuta dalla farina del mais, veniva preparata, nelle famiglie contadine di un tempo, dagli uomini, in quanto richiedeva forza fisica ed una prolungata esposizione al calore del fuoco sul quale era posizionato un enorme paiolo di rame che sbolliva per ore.
La polenta può essere gialla o bianca. La farina gialla viene macinata grossa e da una polenta più granulosa e saporita che meglio si accompagna a piatti forti a base di carne (spezzatino, selvaggina), mentre la farina bianca è macinata molto sottile e da una polenta più delicata, che può essere servita anche molle, da mangiare quasi con un cucchiaio e che ben si accompagna a funghi, formaggi ed a tutto il pesce. Nella cucina veneziana si predilige la polenta bianca, utilizzando la farina di mais gialla per fare squisiti dolci.

MOECHE: le MOLECCHE sono granchi maschi, di piccole dimensioni che in primavera ed in autunno compiono la muta del guscio. Nel lasso di tempo che passa tra la perdita del primo guscio e la formazione di quello nuovo si dice che il granchio è in “moeca”. In questo periodo, che dura molto poco e rende quindi il prodotto particolarmente pregiato, i granchi risultano completamente morbidi ed una volta fritti, si mangiano interamente.

SCHIE: la SCHILLA si pesca soprattutto nei mesi freddi è simile ad un gamberetto lungo circa una decina di millimetri e cruda si presenta di colore grigiastro. Anche se molti preparano le schie fritte per accompagnarle alla polenta bianca, noi preferiamo lessarle, sgusciarle, condirle con prezzemolo, un profumo d’aglio e dell’ottimo olio d’oliva per servirle poi con della polentina bianca morbida…..un lavoro c’erto più laborioso ma il risultato è decisamente più gradevole!

BISATO: è la forma dialettale con cui si chiama l’anguilla. Molto presente nelle tavole veneziane soprattutto nei giorni di vigili prima del Natale e della Pasqua quando bisogna “mangiar di magro”. Può essere preparata alla griglia oppure “in tocio” ossia in umido e servita sempre con la polenta.

CASTRAURE di SANT’ERASMO: Sant’Erasmo è la più vasta isola della laguna Nord di Venezia (lunghezza 4 Km., larghezza dai 500 mt., ai 900 mt.). Abitata fin dall’antichità , ospita oggi ca. 1000 abitanti dediti per lo più all’agricoltura. Prodotto tipico e ricercatissimo di quest’isola sono le castraure, ossia una varietà  di carciofi primaverili di piccole dimensioni, particolarmente spinosi e molto saporiti che tradizionalmente venivano raccolti precocemente per dare più forza alla pianta.

RADICCHIO ROSSO: appartiene alla famiglia delle cicorie ed è tradizionalmente prodotto in Veneto in molteplici varietà :
Rosso di Treviso (Trevigiano): si presenta in due varietà : precoce e tardivo. Il primo presenta il lembo fogliare molto sviluppato, dal gusto amarognolo è mediamente croccante. Il secondo ha la nervatura centrale pronunciata rispetto al lembo color rosso carminio. Il cespo è caratterizzato da una porzione di radice perfettamente pulita proporzionale alle dimensioni del germoglio. E’ molto croccante ed ha un sapore delicato e amarognolo. La stagione del radicchio di Treviso va da Settembre a Gennaio. Ottimo in tutti i modi, crudo, grigliato, al forno o come base per paste e risotti.
Rosso di Chioggia (Chioggiotto): piccolo e arrotolato si presenta a foglia rossa con nervature bianche ramificate verso l’esterno. Si consuma generalmente crudo.
Rosso di Verona (Veronese): piccolo, tondo con foglie croccanti, rosse e serrate con venature bianche. Ottimo crudo.

I “GOLOSESSI”: termine veneziano che indica tutti quei dolcetti che fanno gola, come frittelle, buranelli, baicoli, zaletti. I dolci tipici veneziani sono in genere secchi, molti a base di farina gialla di mais, da intingere nel vino dolce, nello zabaione o nel cioccolato come in uso tra le dame del ‘700, quale gloriosa conclusione di un pasto.
Baicoli: biscotti fragili, croccanti, talvolta serviti con lo zabaione caldo.
Zaletti: biscotti di forma ovale fatti con farina di mais gialla, uvetta e talvolta pinoli o cacao.
Pan dei Dogi: anch’esso a base di farina di mais con l’aggiunta però di cacao e mandorle.
Buranelli o Bussolà  di Burano: fatti con uova, burro e farina, venivano preparati soprattutto nel periodo di Pasqua lasciando nell’aria un intenso profumo di zucchero e vaniglia. Una volta incartati e riposti in dispensa si mantenevano a lungo per i giorni di festa e venivano consumati intinti nel Vin Santo o in altri vini dolci.
Frittelle o “Fritoe”: dolce tipico del Carnevale veneziano. Si dice che la ricetta e la tecnica di frittura provengono dalla Cina e fu importata dai mercanti di seta. La ricetta più antica menzionava anche l’uso di zafferano ed acqua di rose oltre all’uvetta.

BACARO-CICCHETTERIA: Il bacaro è il luogo dove anticamente avveniva la mescita del vino per la vendita al pubblico e dove i lavoratori andavano a mangiare portandosi da casa il cibo ed acquistando dall’oste il vino e la grappa. La cicchetteria è il passo successivo al bacaro dove si inizia la vendita di stuzzichini che accompagnano il calice di vino.

CICHà‰TO: è lo stuzzichino che accompagna l’ombra o lo spriz. Per un’ombra ed un buon cicchà©tto non c’è orario: può essere preso come aperitivo prima del pranzo o della cena o corrispondere ad un momento di pausa durante la giornata. Il cicchà©tto tradizionale è ad esempio la polpetta, l’uovo sodo, la sarda in saor, il crostino con il bacalà  mantecato, la seppiolina “rosta”, la molecca fritta, solo per citarne alcuni e non di certo il trancio di pizza!

OMBRA: è dialettalmente, il “goto”, ossia un bicchiere di tipo robusto della capacità  di un ottavo di litro.

SPRIZ: bevanda presa generalmente come aperitivo ed ottenuta miscelando distinte parti di vino bianco, amaro (bitter, select o aperol), selz e ghiaccio, il tutto guarnito da una fettina di limone o d’arancio.

RIO: piccolo canale d’acqua.

RIO TERA’: strada, passaggio costruito su un canale interrato.

CALLE: strada più lunga che larga.

FONDAMENTA: strada che costeggia un canale e che ha funzione di fondamenta per gli edifici che vi sorgono.

LEONE ALATO: il leone alato è raffigurato con il libro del Vangelo aperto, dove appare l’iscrizione “pax tibi marce evangelista meus” ossia “pace a te Marco mio Evangelista”. Secondo una leggenda un angelo avrebbe pronunciato queste parole a San Marco (patrono di Venezia festeggiato il 25 aprile di ogni anno ) quando si trovava nelle isole della laguna per predicare, annunciandogli così la pace del riposo eterno che egli avrebbe trovato proprio nella città  lagunare. Il corpo del Santo è sepolto nell’omonima Basilica da quando, secondo una leggenda, nel IX secolo due mercanti Rustego e Bon (Rustico e Buono) trafugarono le sue spoglie da Alessandria d’Egitto, nascondendole sotto pezzi di carne di maiale al fine di evitare i controlli dei musulmani a cui questa carne è proibita. IL Leone alato simbolo dell’evangelista diventa così emblema della città  ed una sua rappresentazione è posta, a fianco della statua di San Teodoro, nelle due colonne di fronte al bacino di San Marco (828 d.C.). Il Leone così rappresentato è simbolo di pace, mentre il “Leone di guerra” viene raffigurato con il libro del Vangelo chiuso e la spada in pugno per difendere la città  ed i veneziani, diventando anche simbolo della potenza militare della Repubblica Serenissima.

FESTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE: questa festività , che ricorre ogni anno al 21 novembre, ha origini molto antiche e risale alla prima metà  del XVII secolo quando a Venezia scoppiò un’enorme epidemia di peste che durò 16 mesi e che fece 80.000 morti nella sola città  di Venezia e 600.000 nelle sue province. Il Doge, Nicolò Contarini, ed il Senato, si votarono alla Madonna, promettendo un tempio sulle rive del Canal Grande e la peste cessò nel 1631. Il Governo mantenne la promessa e costruì subito una chiesa in legno e bandì un concorso per l’edificazione del Tempio votivo, promettendo che la popolazione dell’intera città  lo avrebbe visitato il 21 novembre di ogni anno. Il concorso fu vinto dal veneziano Baldassarre Longhena, ed al suo interno si possono ammirare anche alcune opere del Tiziano.

LA FESTA DELLA “SENSA”: è il giorno dell’Ascensione e la sua festa ha origini lontane nel tempo. Era quasi la fine del primo millennio quando il Doge Petro Orseolo II, fu supplicato dal popolo della Dalmazia e dell’Istria affinchà© intervenisse a loro difesa contro i pirati Neretani che aggredivano tutte le popolazioni costiere. Essendo i Neretani un problema anche per Venezia, il Doge ed il Senato accettarono di intervenire a patto che Istria e Dalmazia diventassero “protettorati” di Venezia. Nel giorno dell’Ascensione dell’anno 997 il Doge Pietro Orseolo II partì con i suoi soldati e grazie alla loro astuzia ed alla loro abilità  sconfisse i pirati. Tornato in patria vincitore, il Doge fu festeggiato e onorato e si istituì nel giorno dell’Ascensione la cerimonia del matrimonio con il mare dove lo “sposo”, il Doge per l’appunto, giurava di difendere il mare (l’Adriatico) da intrusi stranieri come se fosse la più amata delle sue spose. Da allora, nel giorno dell’Ascensione, tutti i Dogi salirono sul Bucintoro (imbarcazione dogale da cerimonia) seguiti dai nobili e dal popolo nelle loro barche e al largo del Lido si unì in matrimonio con il mare gettando un simbolico anello e pronunciando la frase “Mare noi ti sposiamo in segno del nostro vero e perpetuo dominio”. Le pietanze tipiche di questa festa sono la lingua salmistrata, il lesso con il cren …..

LA FESTA DEL REDENTORE: questa festa ha origini luttuose e simboleggia la necessità  dell’uomo di esprimere tutta la propria vitalità  di fronte alla morte quando riesce a scampare ad un grave pericolo. Nel 1576 a Venezia esplose una terribile epidemia di peste (non fu la prima e non sarà  l’ultima ad abbattersi nella città  lagunare) che decimò la popolazione al punto che il Governo fu costretto ad invitare forestieri a stabilirsi in città  per ripopolarla. Malgrado fossero stati presi tutti i provvedimenti conosciuti all’epoca, la ferocia dell’epidemia era tale che ai veneziani non restò che affidarsi al cielo. Il Senato chiese a Cristo Redentore di stendere la sua mano misericordiosa sulla città  e fece voto di edificare un tempio votivo ad egli dedicato sull’isola della Giudecca. La peste cessò dopo sei mesi quasi improvvisamente il 21 luglio 1578 ed il Senato decretò che si sarebbe onorato il Santissimo Redentore ogni anno alla terza domenica di luglio. Si costruì subito un tempio in legno provvisorio ed un ponte di barche che univa San Marco alla Giudecca affinchà© il popolo potesse raggiungere in processione l’isola. Poi fu innalzata, su un progetto del Palladio, la Chiesa del Redentore senza badare a spese. In seguito, quando il ricordo della tragedia si attenuò, rimase la devozione al Redentore ma trovò spazio anche il festeggiamento profano. La sera del Redentore, i veneziani della Giudecca iniziarono a festeggiare nei giardini con cene all’aperto, mentre altri preferirono prendere il fresco sulle loro barche ornate per l’occasione di frasche (fronde) e baloni (lanterne di carta colorata). Questa è sempre stata una festa famigliare molto sentita dove le donne preparavano per l’occasione sarde e sfogi in saor ( sardine e sogliolette), anara col pien (anitra ripiena) e farà i (fiaschi di vino) mentre gli uomini preparavano il sandalo o la topa (tipi di imbarcazione) con fronde e lanterne di carta colorate rotonde o a fisarmonica per uscire poi nel bacino San Marco, di fronte alla Chiesa del Redentore per cantare e far festa. Alle undici della sera di spengono le musiche ed iniziano i foghi (spettacolo pirotecnico).

Prima Domenica di Settembre “Regata Storica”: la Regata Storica di Venezia è sicuramente un evento singolare per l’unicità  della sua collocazione e per il sapore di storia antica che si tramanda ad ogni edizione. Ma avvicinarsi a questo spettacolo credendo sia solo commemorazione e mera rivisitazione di un tempo ormai passato sarebbe l’errore più grossolano che il visitatore possa fare. La Regata Storica rimane infatti il massimo momento della stagione remiera che da queste parti scandisce ancora le stagioni, ed insieme alle regate del Redentore e di Burano e di altre che si tengono durante l’anno, va a formare il calendario di un’attività  prettamente lagunare.

Storicamente le prime notizie, frammentarie e confuse, ci giungono dal XIII secolo ma solo successivamente la Regata entra di diritto nelle cronache essendo rappresentata ancha da artisti famosi sulle loro tele vedutiste. La parola regata sembra derivi dal verbo “aurigare” col significato di gareggiare. Le regate caratterizzarono per oltre 6 secoli la vita di Venezia celebrando eventi fastosi ed accadimenti politici di rilevanza. La Regata così come appare oggi, comincia a delinearsi nel secolo XIX, quando sotto il regime austriaco ripresero le competizioni lungo il Canal grande (1841) che erano state interrotte con la caduta del Governo della Serenissima (1797) e successivamente con l’introduzione della dicitura “Storica” per ricordare le glorie e i fasti della Serenissima (1899).
La competizione remiera è oggi proceduta da un corteo di barche d’epoca con equipaggi in costumi tradizionali che attraversano in parata il Canal Grande. Questo momento vuole rievocare il magnifico corteo di benvenuto che fu organizzato dalla Serenissima alla regina di Cipro Caterina Cornaro, la quale aveva precedentemente donato il suo regno a Venezia nel 1489.
Alla gara vera e propria partecipano diversi tipi d’imbarcazione ma la più acclamata è sicuramente la gara dei gondolini portati dai campioni che tutta la città  di Venezia conosce e ammira. Nel passato, sia remoto che recente, si sono susseguiti nomi leggendari di campioni che riuscirono a vincere la Regata Storica molte volte nella loro carriera, diventando anche “Re” della Regata (titolo che s’ottiene con 5 vittorie consecutive). Ai vincitori spetta la gloria e la fama (limitata e locale per la verità ) e premi in denaro, oltre alle ambite bandiere: di colore blu per il 4° classificato (sulla quale compariva una volta il maialino ad indicare una scarsa velocità ), verde per i terzi classificati, bianca al secondo (anticamente di colore celeste) e rossa per i vincitori.

4 risposte

  1. A proposito di ombre…

    Ho un vago ricordo di un'aneddoto che fa risalire il termine “ombra” all'abitudine di recarsi a bere il goto all'ombra di un campanile di non so più che città.
    Non so se fosse il nome di una taverna o simili, o un locale all'ombra di un campanile vero e proprio.

    Mai sentito nulla del genere?

  2. no, mai sentito. per altro mercoledì sera ho conosciuto un amico di mio padre e la sua consorte, lui 62enne, graduato in marina a Venezia, che è delle tue parti. un personaggio alquanto interessante, lui e signora sono di una simpatia unica e ti mettono a tuo agio immediatamente, credo sia di timau, mi ha promesso che la prossima volta che passo di là, di avvertirlo per tempo, mi vuol portare da quelle parti per assaggiare le specialità locali.
    direi che la cosa sia alquanto accattivante.

  3. Timau è in Carnia , la zona montuosa del Friuli confinante con l'Austria… la cucina è interessante…

    Se ci vai, anche se non è proprio la zona giusta :), prova i “cjarsons” 😉 😛

    Quando avevamo la casa a Givigliana c'era una processione in notturna che ti portava fino a Timau (partenza verso mezzanotte ed arrivo verso le sette di mattina), una specie di gemmellaggio con tanto di bacio delle croci al passo. Prova a parlarne,i miei ricordi sono un po' sbiaditi a riguardo.

    Se poi ti sposti verso Sauris, prova i derivitati del “purcit”.
    Lassù stanno allevando degli esemplari che sono molto simili ai più famosi “pata negra” ispanici.

    Comunque sia, sicuramente ti sapranno indirizzare meglio di me…

  4. a sauris ci debbo andare, un amico ha comprato una casa là, prima o poi gliela chiedo in affitto per una settimana.
    i loro prodotti li conosco quasi tutti, li ha portati a modena a tappe e ce li siamo già sbafati insieme…. birra artigianale compresa.

Lascia un commento

altri post della categoria

[wpuf_form id="14284"]