Modi di dire modenesi

Modi di dire modenesi

Nel modo di parlare dei modenesi esistono vari termini e/o locuzioni che in molti casi, ma non sempre, derivano da una forzata italianizzazione dei corrispondenti dialettali.

Va da se che questo gergo risulta difficilmente comprensibile da parte di chi non sia nato all’ombra della Ghirlandina: personalmente ricordo ancora l’espressione perplessa di un calabrese (ma ‘strinato’ è italiano?) o di un tarantino (‘cosa vuol dire fare la vecchia ?’) da me involontariamente messi alla prova.

Da notare che alcuni termini hanno un’etimologia che varrebbe la pena di approfondire.
Un tipico esempio è: Togo.
In quanti sanno che il termine si rifà  all’ammiraglio giapponese Togo Heihachiro (27 gennaio 1848 ‘“ 30 maggio 1934) la cui particolare abilità  gli consentì di vincere la battaglia di Tsushima, ultima e decisiva della guerra russo-giapponese, e far si che il proprio cognome divenisse sinonimo di ‘ottimo, eccellente, fico ecc.’ ?

17 risposte

  1. àˆ proprio per questo che l’ho scritto, sorridere.
    E sorridere è una delle poche cose che appagano, senza essere peccato e senza far ingrassare…

  2. Menecò può significare anche insieme non ben identificato di cose (es.: “gli ho passato tutto il menecò”), una cosa tipo “Ambaradan” termine che indica un insieme disordinato di elementi, un guazzabuglio, una grande confusione.
    Anche qui l’etimologia è interessante: il termine deriva infatti dall’Amba Aradam, un massiccio dell’Etiopia presso cui, nel 1936, avvenne una cruenta battaglia tra italiani e abissini.

    Ponga (o pondga) è invece l’italianizzazione di “pondeg” (topo in modenese).

  3. Mollami = lasciami stare, non mi importunare
    Marocco = del sud italia
    Tunca = magrebino
    Babbione = anziano perlopiù imbambito
    Bona lè = basta!
    Arciapat = ripigliati, rinsavisci
    Barbaiocco = buono a nulla, parolaio
    Bla (essere un ) = parlare a vanvera, essere tutto fumo e poco arrosto
    Attaccare una tomella = vedi attaccare una pezza
    Triste = scarso (di solito relativo ad attività  sportiva)

  4. @ Martora: grazie 1000!!!
    @ Rolando: la lista sarebbe (quasi) infinita e il mio elenco non aveva certo la pretesa di essere esaustivo quindi ti ringrazio del tuo contributo. Però, per quel poco che ne so, “Bona lè” è bolognese (a Modena è più frequente Morta lì”), mentre la “tomella” viene dalla Romagna.

  5. splendida lista di vocaboli e modi dire, veramente complimenti.

    Bona lè confermo che è bolognese.
    Noi a Bologna abbiamo una parola che fa impazzire tutti, ed è “tiro”.
    Il tiro è il comando che apre il portone del palazzo ed è un vocabolo che si usa solo da noi.
    Addirittura, adesso meno perchè si stanno perdendo purtroppo certe abitudini, una volta c’era proprio la targhetta per quello posto nell’androne, in genere c’erano due interruttori, uno “luce scale” uno “tiro”

  6. ‘Tiro’ lo conoscevo anch’io: per breve tempo, da bambino, ho abitato a Bologna ma è una targhetta che si trova anche in qualche palazzo modenese (capo condomino felsineo ???).

    Comunque la lista delle ‘perle letterarie popolari’ è interminabile. Tanto per citare qualche frase idiomatica:
    Per indicare un’azione dalla scarsa efficacia: ‘Conta come un cerotto su una gamba di legno’
    oppure
    ‘L’à© come vudèr un bicà©r d’aqua in ‘na cherpèda d’agà st’, àˆ come versare un bicchiere d’acqua in una crepa del terreno in agosto.

    Oppure ancora:
    ‘L’è cà³me l’aqua dal Murièl, ch’la-n fa nà© bèin nà© mèl’, àˆ come l’acqua di Moreali, che non fa nà© bene nà© male, il cui uso è perfettamente inutile.
    L’espressione deriva dall’ “acqua subamara” del dottor G.Battista Moreali, medico sassolese del 18° secolo, che per volere del duca Francesco III fu attivo anche negli ospedali modenesi. Studiò gli effetti dell’acqua di una sorgente modenese che pare non avesse grandi doti taumaturgiche, a differenza invece della Grappa di Campogalliano:

    Cun la grapa ed Campgaià n, a-s mà tt d’acòrd prà©t, sgnà³r e vilà n, Con la grappa di Campogalliano si mettono d’accordo preti, signori e villani. Era tanto buona, insomma, da riuscire a pacificare categorie mai andate d’accordo.

  7. Io faccio poco testo perchà© noi di Castelfranco Emilia siamo imbastarditi tra Modena e Bologna e quindi la diatriba mi tange fino a un certo punto… Difatti conosco bene QUASI tutti i suddetti vocaboli…
    Fate conto che io e mio fratello parliamo dialetti leggermente diversi, benchà© la radice sia la stessa (bassa modenese),
    ma lui frequenta amici modenesi e io un po’ più vari per località .
    Ad esempio, parlando con un mio amico della Cavazzona (che si considera bolognesissimo!… )
    ho realizzato che noi a Modena per dire “svegliati!” diciamo dà zdet!, mentre nel bolognese dicono zdà det! 😉

  8. àˆ come dare del borotalco a un ninetto.
    Volere le uova tre al paio.
    Al counta come un rà´t ed vein sutil (conta come un rutto di vino sottile, che si otteneva, in pratica, dal risciaquo delle vinacce dopo la pigiatura).

  9. Mi è venuto in mente un modo di dire (che in realtà  non sento da anni)
    Mo Caiòsi ! (una esclamazione generica, tipo “capperi!” … ma non son troppo sicuro del significato) 🙂

  10. La conosco anch’io, ma direi che la pronuncia – a dispetto dell’accento modenese – sia più del tipo “Caiozzi” o “Caiotzi”.
    Pensandoci bene potrebbe essere la trasposizione del “francesismo”: “Me Cojoni”…..

  11. se permettete una divagazione reggiana, COJOSI è una
    esclamazione di stupore altresì usata per sottolineare una difficoltà  ! (il che collima con quanto riportato da vejo)

  12. Sarei molto curioso di leggere questo testo. Dove è possibile trovarlo?

Lascia un commento

altri post della categoria

[wpuf_form id="14284"]