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Recensione su , scritta da grog il 2008-10-01

TRIBUTO Questa recensione storico-culinaria dedicata al mitico Ermes deve essere diversa dalle altre e, come disquisivo una sera con gi, la più imponente, uno perché per Ermes questo ed altro, due perché per quello che rappresenta per me e per Modena è il minimo che io possa fare…. Oramai sono quasi 37 anni che vado a mangiare da lui, direi proprio una vita, alla fine siamo cresciuti insieme, però mentre io sono cambiato, sono ingrassato, mi sono venuti i capelli grigi e le malattie dell'età, Ermes è dimagrito ed è più bello di prima, sembra ringiovanito. Quindi dedico a lui e a sua moglie, la mitica Bruna, la storia della Modena che circonda la loro Trattoria, storia, che diversamente dalle altre, racconterò all'inverso, a ritroso nel tempo, perché troppi sono stati i cambiamenti da quelle parti nel corso dei secoli, così potete rendervi conto delle migliorie o meno apportate per le varie esigenze urbanistiche. Per comodità, mano a mano che procedevo negli anni ho omesso le descrizioni che erano già presenti, ma ho lasciato quelle informazioni che non erano presenti successivamente, faccio un esempio. Nella guida del 1976 il Palazzo Campori non è descritto in dettaglio perché durante i bombardamenti dell'ultima guerra sono stati creati moltissimi danni, per cui tutto ciò che è rimasto, all'alba del 1976, era accatastato altrove; ma nella guida predente del 1926 queste stanze si visitavano, eccome, ed allora ecco lì tutta la descrizione. Così come certe chiese che oggi le troviamo dove sappiamo, ma 300 anni fa erano da tutt'altra parte con anche contenuti diversi. La lettura è lunga, ma divertente, se avete tempo e voglia, leggetelo, lo ritengo anche istruttivo. Siete sicuri di conoscere bene la vostra città? La trattoria in questione è ubicata in via Ganaceto, all'angolo di via Castel Maraldo, di fronte a via Cavallerini, all'angolo opposto troviamo via della Cerca e di dietro la Piazzetta della Pomposa con tutti i suoi annessi e connessi. QUI COMINCIA L'AVVENTURA…… - Giorni nostri, 10/10/2008 - GROG Ci sono andato di persona stamattina in bicicletta perché avevo notato una targa marmorea sulla facciata del palazzo al civico 93, tra quello dove c'è la trattoria e quello ad angolo con via Cerca, ed infatti la targa c'è, con bei caratteri stampatello in oro con su scritto: IN QUESTA CASA SI SPEGNEVA IL 10 MAGGIO1822 PAOLO RUFFINI MEDICO E MATEMATICO ILLUSTRISSIMO EDUCATORE DI RARA VIRTU' DOCENTE DELL'UNIVERSITA'DI MODENA E RETTORE DAL 1814 AL 1822 IL COMUNE E L'UNIVERSITA' DI MODENA POSERO NEL IV CENTENARIO DI MODENA CAPITALE DEL DUCATO ESTENSE 1598 – 1998 La trattoria ha due vetrine su Ganaceto, l'entrata al civico 89 e l'altra al 91, c'è poi un'altra vetrina in via Castel Maraldo. Tra le due vetrine di Ganaceto trovasi insegna in gesso anticato a forma di pergamena aperta con scritto Trattoria in corsivo, poi ai lati di ciascuna vetrina quattro stemmi quadrati, quelli della vetrina d'ingresso senza scritte, quello di sinistra dell'altra vetrina con scritto C/234 e l'opposto con scritto 50, vecchio numero civico degli anni trenta. - Da "Guida di Modena" - A.Leonelli - 1976 Via Ganaceto. Di fronte a Palazzo Solmi ha inizio via Ganaceto, che un tempo cambiava denominazione dopo l'incrocio con l'attuale corso Cavour (la vecchia via Terranova), prendendo il nome di contrada delle Stigmate. Ganaceto è una frazione posta lungo la Statale n. 416, Romana, a km. 8,8 dalla città. I Da Ganaceto, o Da Gandaceto, erano una delle più illustri famiglie modenesi: esisteva, perciò, fin dal secolo X o XI, una Porta Ganaceto, distrutta nel 1549 quando venne costruita l'addizione Erculea. I modenesi d'altri tempi amavano affermare che via Ganaceto, unitamente a corso Vittorio Emanuele, raffigura in piccolo il famoso Faubourg Saint Germain di Parigi. Lungo la strada abitavano molte famiglie nobili: i conti Moreni, Magnani, Vigarani, Bentivoglio, i marchesi Molza e Campori, i principi Pio. Oggi queste dimore, passate - come tante altre, in tante altre città - di mano in mano, sono state adattate a uffici, ad appartamenti, a sedi di partito. La sorte migliore è stata quella di Palazzo Molza, posto in angolo fra via Ganaceto e corso Cavour: acquistato dalla Camera di Commercio, che vi si è insediata, è stato valorizzato e restaurato ed oggi è possibile vederne le sale e il salone d'onore in tutto il suo fasto. Al n. 97, nel vecchio Palazzo Giacobazzi, si trova l'Istituto Orsoline del Sacro Cuore, ove funzionò per molti decenni una valorosa scuola privata, con Scuola Materna, Elementare, Media ed Istituto Magistrale. Oggi, purtroppo, le Madri Orsoline, sia per la generale scarsità di vocazioni sia per il gravame economico che in Italia soffoca¹, di fatto, la scuola libera, hanno dovuto limitarsi a un Convitto per studentesse ed ospitare, temporaneamente, il Liceo Classico "San Carlo", che, dopo esser diventato statale, si è staccato dai locali del Collegio, nella via omonima. L'Istituto delle Orsoline, nel suo nucleo più antico, occupa l'angolo via Ganaceto-via Cerca. _____________ ¹ Come potete vedere sono passati trent'anni ma i problemi sono sempre gli stessi…………. (GROG 2008) _____________ Dall'altro lato dell'inizio di via Cerca, sempre all'angolo con via Ganaceto, si vede la vecchia casa Luigini. Così la chiama Luigi Francesco Valdrighi, nel suo interessante studio "Modena dentro le mura", ripubblicato a cura di Franco Vaccari nel 1970 (è il vecchio "Dizionario storico-etimologico delle Contrade e Spazii pubblici di Modena" nel 1879), alla voce GANACETO (Contrada). Lo studioso afferma che tale casa "appartiene alle case tipiche modenesi dal secolo XVI al XVII. . .": ne sottolinea l'armonia e le proporzioni architettoniche (si innalza sul muro a scarpa e cordonata); invita ad ammirarne il cornicione di coronamento, la porta in Ganaceto e la loggia ionica in contrada della Cerca. L'ultimo palazzo a sinistra, prima di arrivare alla chiesa de'Padri Cappuccini, è il Palazzo Campori, dove abitava, fino a pochi anni or sono, la famiglia dei Marchesi Campori, dalla quale uscirono molti uomini celebri. Basti ricordare il cardinale Pietro Campori (1553-1643), Cesare Campori, biografo di Raimondo Montecuccoli, Giuseppe Campori, letterato e bibliografo, benemerito offerente di quell'autografoteca "Campori" che oggi si può consultare alla Biblioteca Estense. L'ultimo marchese Campori, Matteo - editore dell'epistolario di L.A.Muratori - dopo aver raccolto pezzi artistici di insigne valore, donò alla città di Modena la propria Galleria, aperta al pubblico già lui vivente in una serie di magnifiche sale cui si accedeva dall'ultimo portone del palazzo (ancor oggi esso reca in alto l'indicazione GALLERIA CAMPORI). Sinistrata dagli eventi bellici, non è stata più riaperta: il materiale che la componeva, come diremo più avanti, attende di essere ordinato e si trova accatastato nei magazzini del Museo Civico. Chiesa e Convento dei PP. Cappuccini. I Cappuccini fecero la loro apparizione in Modena nel 1565, chiamati dal Cardinale G. Morone. Ospitati prima nel palazzo vescovile, nel 1570 passarono a S. Faustino, indi nel 1576 nell'attuale convento, costruito dalle fondamenta. Soppresso il 20 marzo 1783, la chiesa, con porzione di convento, fu assegnata alla confraternita delle Stimate, ma Francesco IV il 17 febbraio 1834 la riconsegnò ai PP. Cappuccini. Interno A una sola nave, con abside rettangolare, in cui stanno l'altare maggiore ed il coro, e quattro cappelle nel lato sinistro. Tutti gli altari, conforme la regola, sono di legno. Di grande non vi è che la semplicità e povertà francescana. I. Cappella: statua moderna di s. Elisabetta regina di Ungheria. Sulla vetrata sono dipinti a colori s. Francesco, s. Luigi e s. Elisabetta regina di Ungheria, sec. XX. II. Cappella: statua di s. Antonio da Padova, sec. XX. III. Cappella: statua di s. Francesco d'Assisi, sec. XX. Dopo questa cappella, internato nel muro, vi è un caratteristico presepio in gesso colorato del cappuccino Stefano da Carpi, 1750. IV. Cappella: la Madonna col bimbo, s. Fedele di Sigmaringa, s. Giuseppe di Leonessa e il B. Serafino da Monte Granaro; tela del modenese Girolamo Vannulli, sec. XVII. Altare maggiore. Buon lavoro in legno intagliato del secolo XVII e XVIII. Il caratteristico ciborio è ornato di piccole statuine. Nelle due nicchie presso l'altare stanno due gruppi in terracotta: a sinistra, il Perdono di s. Francesco, e a destra, Cristo deposto dalla croce sonetto dalla madre e vigilato da tre Marie. Quest'ultimo si mostra un lavoro accurato e diligente; sec. XVI. Chiesa di S. Maria Pomposa. La prima notizia di questa antichissima chiesa, dipendente dall'Abbazia di Pomposa (Comacchio), si ha in una bolla di Papa Anastasio IV del 1153. Le memorie patrie ne fanno menzione nel 1189; solo nel 1291 si trova elencata nel catalogo delle chiese modenesi. Elevata nel 1492 a Propositura, cessò di dipendere dall'Abbazia di Pomposa, e venne concessa in giuspatronato alla famiglia d'Este. Nel 1716 ne fu nominato Prevosto Lodovico Antonio Muratori, il quale, nel 1717, ottenuto il permesso di allungare il coro, si accinse a riedificare la chiesa "che aveva trovato poco dissimile da un fienile e minacciante rovina". I lavori erano terminati nel giugno del 1719. Oltre a dotarla di ricchi arredi e di nuove campane, vi fondò la Compagnia della Carità. Nel 1721, dinanzi all'altare maggiore, preparò il sepolcro di famiglia, ma non vi fu tumulato quando morì il 3 gennaio 1750, ma in un deposito a parte con iscrizione. Soppressa nel 1774, per ordine del duca, la parrocchia di S. Maria Pomposa e chiusane nell'agosto la chiesa, nel novembre dello stesso anno le ossa del Muratori furono portate in S. Agostino. Nel 1776, chiesa ed annessi, furono allivellati al marchese Lodovico Prisciano Fabio Tassoni, il quale venne meno agli obblighi contratti. Così, nel 1780, la chiesa tornò all'Opera Pia, che la cedette nel 1794 alla Confraternita di S. Sebastiano. Dopo alcuni lavori, il 26 novembre del 1794 fu riaperta al culto e dedicata alla Beata Vergine e a s. Sebastiano; così da allora venne detta comunemente di S. Sebastiano. Il 3 giugno 1798 la confraternita fu soppressa ed i beni, che non erano pochi, passati alla Nazione. Nel 1799 la confraternita si ricostituì riprendendo l'ufficiatura della chiesa, poi venne unita a quella del Sacramento in S. Agostino, ma nel 1814 potè ritornare nella propria chiesa. Il 20 ottobre 1922, auspice la Deputazione di Storia Patria, le ossa di Lodovico Antonio Muratori furono solennemente trasportate in questa chiesa, già da lui prescelta a sua ultima dimora. Nel 1923 fu chiarata monumento nazionale. Interno A una sola nave, con abside rettangolare, in cui trovano posto l'altare maggiore e il coro, e due cappelle laterali per ciascun lato. Le cappelle sono separate da un doppio ordine di colonne, nel cui spazio trovano posto delle tribune, sotto le quali sono collocati dei dipinti del Cervi e del Vellani, sec. XVII, rappresentanti storie della vita di s. Sebastiano, qui trasportati dalla confraternita nel 1794. Per adattarli furono mutilati. Tutta la chiesa è decorata a stucchi. La grande lapide marmorea della parete di fondo, in memoria, di L.A.Muratori, vi fu posta nel 1751. La cappelletto destra fu costruita nel 1819 per collocarvi la Madonna della Strada, affresco distaccato dalla facciata e che ora trovasi in sagrestia. I. Cappella. Quadro: la B. Vergine col bimbo, s. Rosa, s. Giuseppe, s. Antonio da Padova e s. Gaetano; opera del Vellani. II. Cappella. La piccola immagine della Madonna della Scala applicata su di un quadro del Magnanini, rappresentante s. Luigi e s. Lucia, proviene dal chiostro delle monache di S. Paolo. Paliotto a scagliola con la figura di s. Francesco. Altare Maggiore. Di marmo rosso, con retrostante dossale in stucco su cui, in ricca cornice dorata, sta la bellissima ancona del Boulanger (copia del s. Sebastiano del Correggio) rappresentante la Madonna in gloria, l'Assunzione, con s. Geminiano, s. Sebastiano e s. Rocco, sec. XVII. III. Cappella del Suffragio. La tela è di Benedetto Cervi, sec. XVII, e rappresenta la Vergine che addita alla SS. Trinità le anime del purgatorio. Molto bello il paliotto a scagliola con la figura di s. Sebastiano legato ad un tronco d'albero. IV. Cappella. Tomba monumentale di Lodovico Antonio Muratori, "padre della storia d'Italia". Sarcofago e busto sono dello scultore milanese Ludovico Pogliaghi. Il monumento fu inaugurato nell'aprile 1931. Entro l'arcata in arenaria di Sezze, su di un forte basamento in aurora di Rezzato, si posano due gradini in serpentino di Lecco e su questi il sarcofago in verde antico. Sulla parete di fondo campeggia il prezioso cipollino di Sckiros, dalle grandi venature verticali; in esso si apre una semplice nicchia, piatta di sfondo, all'uso antico romano, che accoglie la mezza figura del Grande. In bianco marmo di Candoglia, il Muratori è ritratto nell'età matura, mentre regge con la sinistra un documento storico e con l'altra un libro. La testa, leggermente piegata e diretta a destra, è nell'attitudine di volgere lo sguardo verso chi entra in chiesa. Sull'austero sarcofago, dalla linea arcaica, è deposto un festone di bronzo, formato di copiosi rami di quercia. In alto una semplice croce in bronzo; sotto al busto, la scritta, in rilievo LOD ANT MURATORI MDCLXXII-MDCCL. Al Pogliaghi si deve anche la lampada votiva, a forma di navicella, in bronzo patinato antico, con ageminature argentee. La lampada poggia su di un tripode. Il coperchio tondo reca all'ingiro il motto, dettato da monsignor Giovanni Galbiati, Prefetto della Biblioteca Ambrosiana di Milano: LUCE PRAELUCENS NON ALIENA MEIS, cioè "splende innanzi agli italiani del loro stesso splendore". Cappelletto: la Madonnina della Chiara, posta dentro un ornato di marmo. Sagrestia. La Madonna della Strada con s. Gregorio e s. Contardo, dipinto di scarso merito, sec. XVIII, distaccato dalla facciata nel 1819. Aedes Muratoriana. Lungo il lato nord della chiesa, sorge la canonica, che fu dimora del Muratori dal 1716 al 1750. L'edificio, restaurato nel 1931, è sede della Deputazione di Storia Patria per le antiche province modenesi, del Museo Muratoriano e del Centro di Studi Muratoriani. Col termine di "Aedes Muratoriana" si indica, perciò, tutto l'isolato (uno dei più caratteristici di Modena), comprendente sia la chiesa di S. Maria Pomposa che la canonica. Uno scrittore modenese lo ha romanticamente definito 1'"Isola Pomposiana". Deputazione di Storia Patria. La Deputazione di Storia Patria fu fondata nel 1860 con decreto di Luigi Carlo Farini e fu ospitata in un primo tempo nei locali della Biblioteca estense (ne era Bibliotecario Celestino Cavedoni, che fu anche il primo Presidente della Deputazione). Nel 1902 la Deputazione si trasferì presso l'Accademia di Scienze, Lettere ed Arti, dove rimase per circa ventisette anni. Finalmente, in seguito ai restauri del 1931, la Deputazione trovò la propria sede più naturale in quella parte della canonica che era denominata "Camere ricovero", cioè camere da letto per i familiari e i forestieri. Si tratta di due locali più capaci, e di due ambienti di dimensioni ridotte. In occasione dell'inaugurazione della tomba del grande storico e del restauro del 1931, fu aperto, al primo piano dell'umile canonica, il Museo che raccoglie i pochi cimeli muratoriani a noi pervenuti e una raccolta di edizioni delle opere di Muratori e degli scritti su di lui. Pochi, invece, gli autografi conservati nel Museo: la maggior parte è in deposito presso la Biblioteca Estense. Il Museo consta di tre ambienti. In una prima sala è collocata la ricca raccolta bibliografica, che si accresce di anno in anno. Entro le bacheche: preziosi cimeli muratoriani, autografi, stampe rare, e la collezione completa delle medaglie coniate in suo onore. La stanza di mezzo è divisa in due parti da un arco: la parte in ombra serviva da alcova e comunica, mediante una piccola tribuna, con la chiesa; la parte restante serviva di studio nei giorni in cui il Muratori non si portava alla Biblioteca ducale. L'arredamento è semplicissimo: una poltrona, un inginocchiatoio, un vecchio orologio. Nella bacheca posta al centro della stanza sono custoditi il suo bastone da passeggio e il calamaio di peltro di cui si serviva all'Estense. Il grande crocifisso che sovrasta l'inginocchiatoio era del padre Paolo Segneri junior, con il quale predicò le missioni in diverse località dello stato estense. L'ultima stanza ci parla del Muratori sacerdote e prevosto della Pomposa, Vi si conserva il fonte battesimale della parrocchia, i libri dei Battesimi e dei Matrimoni da lui celebrati, l'orologio parrocchiale, la campana fatta fondere nel 1727, vari certificati scritti di suo pugno e gli atti costitutivi di quella "Compagnia della Carità" che egli aveva voluta, precorrendo le più recenti Conferenze di s. Vincenzo de Paoli. L'archivio muratoriano fu inaugurato il 23 gennaio 1900 ed in memoria fu posta sulla casa questa iscrizione: "Lodovico Antonio Muratori Padre dell'Italica Storia qui presso la chiesa già santamente governata da lui abitò XXXIV anni e morì nel MDCCL". - Da “ Giovanni Botti – Vie e Piazze di Modena” 1938. GANACETO (Via) Da via Emilia al viale Principessa Maria di Piemonte (ad oggi via Monte Kosica). Dalla famiglia dei Ganaceto di cui si hanno memorie dall'undicesimo secolo fino verso il 1400. In fondo a questa via vi era una porta, detta Ganaceto, munita di un torrione: porta e torrione vennero distrutti nel 1549 quando s'ingrandì la città per ordine del Duca Ercole II. Nella via erano i palazzi dei conti Moreni, Magnani, Vigarini e dei Principi Pio; tuttora vi sono quelli dei marchesi Molza e Campori. Nel palazzo de'marchesi Molza fu posta il 3 giugno 1883 una lapide, per decreto de! Comune, con la seguente epigrafe : In questa casa abitò dalli 17 agosto alli 13 novembre 1859 GIUSEPPE GARIBALDI quando ai popoli dell'Emilia e della Toscana restituiti in libertà collegati a comune difesa porse soccorso del braccio invitto e del cuore Nel palazzo dei marchesi Campori ospitarono grandi personaggi, fra questi nel 1796 il generale Napoleone Buonaparte col suo Stato Maggiore. Una parte di questo magnifico palazzo è oggi adibito a pinacoteca intitolata « Galleria Campori » che dal marchese Matteo Campori fu data in dono al Municipio nel giugno 1929. Nell'ampio scalone di accesso alla Galleria vedesi subito la bellissima statua del Perseo, in marmo di Carrara dello scultore romano Carlo Aureli, e i due leoni accovacciati del Pisani, che ornavano un tempo la porta di S. Agostino. Nelle grandi sale adorne di pregevoli dipinti, di arazzi e di mobili si ammira, fra la bellissima raccolta di quadri, « l'AlcooIizzato » di Francesco Goya (1746-1828) e il « S. Giovanni con la pecorella » di Luca Ferrari (1605-1654). Vediamo ancora in questa via all'angolo di via Cerca, una casa col n. 54 dal caratteristico stile modenese del secolo XVI e XVII piena di armonie nelle sue proporzioni architettoniche. L'ultimo tratto di via Ganaceto che congiunge Corso Cavour al viale Principessa Maria di Piemonte, era detto e conosciuto per « Contrada dei Cappuccini » dalla Chiesa e Convento dei PP. Cappuccini; chiesa fabbricata nel 1576. Fu chiamalo « Strada delle Stimate » denominazione derivata dalla Confraternita delle stimate, la quale nel 1782 passò nella Chiesa dei Cappuccini finché Francesco IV non riconsegnò la Chiesa a questi il 17 febbraio 1834. CASTEL MARALDO (Via) Da via Emilia - penultima laterale verso piazza S. Agostino - a via Ganaceto. Di un Castrum Maraldi, eretto a difesa della Città verso Ovest presso l'antica Porta Cittanova (sec. XII). Negli Statuti Municipali delle Acque si ha ricordo delle due contrade di « Maraldo grande » e di « Maraldo piccolo », corrispondenti rispettivamente alle due vie attuali di « Castel Maraldo » e « Mario Pellegrini ». La via Maraldo grande trovasi designata nei documenti notarili del trecento coi nomi di « Contrada Castri Maraldi », e più comunemente detta « Contralda illorum de Fredo ». Dell'« Annunziata » nel primo tratto, di « Mirabello » nel secondo, sono le denominazioni di questa via nel secolo XVII. E ciò perché nel primo tratto vi era una chiesa detta dell'Annunziata ove officiavano i gesuiti sino dal 1556, chiamati dal cardinale Morone, vescovo della nostra città. Questa chiesa fu poi soppressa e da allora i gesuiti passarono in S. Bartolomeo ove sono tutt'oggi. « Contrada Maraldo » era la denominazione data dal 1818 e conservata sino al 1930, anno in cui fu ripristinata la nomenclatura medioevale. CAVALLERINI (Via Nicolò) Da via Francesco Rìsmondo - 2ª a sinistra - a via Ganaceto. Anticamente questa via era indicata nei suoi vari tratti con le dizioni : Stradello che va al mulino »; « Piazzale del mulino di S. Domenico »; « Stradello dietro S. Rocco ». Infatti, un tempo, le acque di un ramo del canale di Baggiovara, che attraversava la via, azionavano un mulino che nelle antiche carte è chiamato il « Mulino dei Militi o dei Cavalieri ». Nel 1818 quando si procedette alla nomenclatura ufficiale delle vie della Città, per erronea lettura delle antiche carte e di un passo degli Statuti delle acque si interpretò il nome « de Cavalerìis » per « de Cavallerinis ». Sta però di fatto, che esistette in Modena un mulino detto dei Cavallerini ma questo trovavasi da tutt'altra parte, poco lontano cioè dalla porta di S. Francesco. La Commissione Comunale per la nomenclatura delle vie cittadine non ha ritenuto opportuno di mutare il nome alla via, essendo in uso da più di cent'anni, ma al cognome della distinta famiglia modenese « dei Cavallerini », la quale vanta uomini insigni per letteratura ed arti, vi apportò (1930) una lieve modificazione, aggiungendo il nome di Nicolò, medaglista di grande valore. Il detto Nicolò fu artefice di non comune valore, specialista nell'effigiare bassorilievi. Coniò monete che ebbero l'impronta dell'arte e furono e sono tuttora ammirate. Quando l'Imperatore Carlo V venne a Bologna nel 1530 per esservi incoronalo da Clemente VIII e passò per Modena, il Cavallerini coniò per l'occasione una medaglia d'argento che ricordasse l'avvenimento, e l'offerse all'illustre ospite che ne rimase altamente ammirato. Fu pure maestro di Zecca in Modena (1523-1527). CERCA (Via della) Da via Voltone a via Ganaceto. Il canale di Formigine detto presso la città « della Cerca » scorre sotto questa via. Manifesta è l'etimologia di questo nome del « circa » latino. La denominazione di Cerca ha grande importanza storica perché sta a ricordare quel corso d'acqua che serviva di difesa e con le fascinate e muraglie costituiva la cinta della città medioevale. Fino a pochi anni or sono detta contrada aveva inizio da piazza S. Agostino e metteva in via Ganaceto; ma poi nel settembre 1928 il primo tratto di essa fu intitolato al celebre medico Bernardino Ramazzini. POMPOSA (Piazza della) Delimitata dalla via Castel Maraldo e dalla via Pomposa a lato della Chiesa omonima. L'attuale nome deriva dalla chiesetta antichissima, un tempo parrocchiale, dedicata a S. Maria della Pomposa, perché un giorno prevostura dipendente dalla storica Abbazia della Pomposa presso il Po, a Comacchio, fondata da Ugone di Sigiberto d'Este nel secolo IX. Ora è officiata dalla confraternita di San Sebastiano. Divenne celebre perché vi fu prevosto Lodovico Antonio Muratori, il padre della storia italiana, che per trent'anni vi dimorò, come è ricordato in una lapide dell'adiacente canonica: Lod. Antonio Muratori Padre della Italica Storia Qui presso la Chiesa Già Santamente governata da lui Abitò 34 anni e morì nel 1750 L'isolario, che comprende la chiesa e la casa del Muratori, è detto « Aedes Muratoriana ». La mattina del 12 aprile Ì931 con solenne cerimonia venne inaugurato l'isolario unitamente alla Tomba monumentale, posta nell'interno della Chiesa dove sono racchiusi i resti mortali del Sommo storico. La Tomba è opera di Lodovico Pogliaghi, un vero capolavoro, per la ricchezza dei marmi, per l'armoniosità dei colori, per l'arte che traspare da ogni linea, per quella semplicità che intona meravigliosamente col carattere del luogo. Una lampada votiva, su un tripode, vi arde perenne davanti alla Tomba del Padre della Storia e porta all'ingiro questo motto: « Luce praelucens non aliena meis », dettato da mons. Galbiati, rettore della Biblioteca Ambrosiana di Milano. POMPOSA (Via della) Da via Nazario Sauro a via Castel Maraldo. Fiancheggia l'Area Muratoriana. Ben diversa era un tempo, questa via, così cara per il ricordo del Grande Storiografo. Accanto alla canonica della Pomposa vi era un orticello, ora scomparso, delimitato da un muro di cinta che si spingeva, formando un angolo acuto, fin dove si vengono ad unire le vie Castel Maraldo e Pomposa. Qui vi è pure l'entrata della casa del Muratori e sopra ad essa è affissa una lapide con la scritta : LODOVICO ANTONIO MURATORI Proposto di Santa Maria Pomposa Visse e morì in questa casa Onde irradiò tanta luce Sulle tenebre della Storia Italiana II Municipio di Modena Con reverente amore Restaurava MDMXXX - A. VIII Nel secolo XIV questa via era chiamata « Contrada Rubeghi ». - Guida di Modena - L.Chiellini-E.Pancaldi - 1926 Via Ganaceto In via Ganaceto stanno: l'Istituto delle Dame Orsoline, N. 36, già Palazzo Giacobazzi; il Palazzo Molza, N. 49, con una lapide a Giuseppe Garibaldi che vi abitò; il Palazzo Campori con interessante Galleria; la Chiesa ed il Convento dei Padri Cappuccini e le Scuole Elementari Campori, costruite recentemente. Palazzo e Galleria Campori - N. 70 e 72 - Dalla illustre famiglia dei marchesi Campori, ricordata dal Tassoni, uscirono molti uomini celebri, vanto della città di Modena, Basti ricordare il cardinale Pietro Campori, (1553 - 1643) e Cesare e Giuseppe, rispettivamente padre e zio dell'attuale marchese Matteo. Al primo, storico di molto valore, si deve una bella monografia sul generale Raimondo Montecuccoli. Al secondo, letterato, bibliofilo e valente scrittore di cose d'arte, si devono invece altre magnifiche pubblicazioni, e splendide raccolte di autografi di uomini illustri, di codici, di molto pregio specialmente quelli miniati, di libri d'arte ed interessanti carte di storia locale, lasciate, con un gesto degno di un gran mecenate, alla Biblioteca Estense, alla Biblioteca comunale Poletti, alla R. Accademia di Scienze Lettere ed Arti ed all'Archivio Storico del Comune. Non meno grande è 1'opera del vivente marchese Matteo Campori, che nato per 1'arte e vissuto per essa è nel tempo stesso poeta, storico ed artista. A lui si devono diverse pubblicazioni in prosa e in versi, ma il suo nome è più noto presso gli studiosi e gli storici per la pubblicazione dell'epistolario di Lodovico Antonio Muratori, opera veramente colossale, comprendente quattordici grossi volumi. A queste eminenti qualità dobbiamo aggiungergli oggi quella di grande mecenate. Il Palazzo. Distrutto nel 1801 da un incendio il vecchio palazzo Campori, s'impose la sua rinnovazione che fa affidata all'architetto Giuseppe Soli. Più tardi Cesare Costa, allora uno dei migliori architetti dell'alta Italia, seguendo il disegno del Soli, vi aggiunse la porzione di destra, con la caratteristica terrazza, che unisce in un tutto i due simmetrici corpi di fabbrica. Il palazzo, di stile impero, riuscì, sia all'interno che all'esterno, uno dei più sontuosi. Esso ospitò grandi personaggi, fra questi Napoleone, allora generale dell'esercito francese, i generali Prune, Victor, Joubert, Re Carlo Emanuele di Savoia e tanti altri. Dal 1914 al 1925, la liberalità di Matteo Campori vi aggiunse, su disegno dell'ingegnere Giorgi, la splendida galleria d'arte che, con atto veramente munifico donò alla sua città natale. Ad essa legò un rilevante capitale per la sua manutenzione. Galleria - (aperta al pubblico tutti i giorni dalle 9 alle 17 - Biglietto d'ingresso L. 2,00 nei giorni feriali, e L. 1 la domenica ). Questa galleria, suddivisa in cinque sale, contenenti quadri di autori insigni, ceramiche, bronzi, marmi, mobili, ricercati e raccolti con attività febbrile, in ogni angolo d'Italia, dal marchese comm. Matteo Campori, fu solennemente inaugurata il 19 maggio 1925. L'ampio ed elegante scalone va pure adorno di pregevoli lavori. Ci soffermano subito la bellissima statua del Perseo, in marmo di Carrara dello scultore romano Carlo Aureli, seguace del Canova; i due stupendi leoni accovacciati del Pisani, che ornavano un tempo la porta di S.Agostino, e le pregiate terrecotte del Reggianini con soggetti agresti che stanno incassati sulle pareti. Una lapide ricorda i grandi personaggi che la famiglia Campori ospitò. Sul pianerottolo, che da accesso alla galleria, il ritratto del Cardinale Pietro Campori, la cimasa di un ornatissimo letto visconteo, ed altri oggetti. I. Sala. È dedicata alle stampe e vi figurano i bei nomi di Ugo da Carpi, Rembrandt ( 1596-1660 ), Giulio Bonosone (1498-1564), Marcantonio Raimondi (1487-1539), Alberto Durer (1470-1582), Suijderhoef (1600), Agostino Caracci, Tiepolo, Reni, Canaletto, Piranesi e altri notissimi. II. Sala. Qui stanno allineati in belle cornici, magnifici ritratti di autori italiani e stranieri fra i quali primeggiano: a destra, una Dama di Giusto Sustermans (1597-1687); il Cardinale Carlo Livizzani, maniera di Raffaele Mengs (1728-1799); una giovane Donna di Boccaccio Boccaccino (1460-1518); Maria Francesca di Savoia Memours di G. Sustermans; un mezzo busto d'uomo del Ghislandi (1655-1743); a sinistra: una Dama in toupè di A. Longhi (1733-1813); Cavaliere in corazza e parruccone di Carlo A. Vanloo (1705-1765); il figlio del Generale Palphy, di Giuseppe Maria Crespi, detto lo Spagnolo (1664-1747), esposto a Firenze nel 1911; un Magistrato di Bernardo Strozzi (1581-1644); Paolina Borghese, sorella di Napoleone Bonaparte, di Gio. Francesco Bosio (1767-1832). Presso la finestra, il Marchese Matteo Campori in costume di Dragone Giallo, bronzo di Giuseppe Graziosi. III. Sala. In questa l'interessamento si fa più vivo; quadri meravigliosi, superbamente incorniciati vi si affacciano dinanzi. A sinistra: la Deposizione dalla Croce, di Sebastiano Luciani, detto del Piombo (1485-1547); Quo Vadis ?, maniera di Giorgio Barbarelli, detto Giorgione; Gesù Bambino che calpesta gli attributi della regalità, di Sebastiano Ricci (1662-1734); la Samaritana al pozzo con sfondo di paese, di Benvenuto Tisi, detto Garofalo (1487-1557); la Madonna con Gesù Bambino in grembo, di Bartolomeo Schedone (1570-1615); la Sacra famiglia con S. Giovannino di Bonifacio Veneto (1487-1553); S. Sebastiano curato da Irene, di Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (1568-1609); S.Giovanni Battista, di Antonio Allegri, detto il Correggio (1494-1534); Sposalizio mistico di S. Caterina con sfondo di paese, di Giacomo Francia; Mater dolorosa, Luciani Sebastiano; a destra: Rito sacro entro un tempio; Pastore Laureato, Caravaggio; Capriccio architettonico con figure, di Marco Ricci (1679-1729), le figure sono del Tiepolo; Fanciullo che presenta una mela a una ragazza, di Gio.B.Piazzetta (1682-1754); Due fanciulle, di Gaetano Gandolfi (1734-1802); Musica e Canto, Iacopo Amigoni (1675-1752); Testa di vecchio di Bernardo Strozzi; Agar nel deserto, e Giuditta e Oloferne di Gio.B.Pittoni (1687-1767); Mezza figura d'angelo di profilo, Gio.B.Piazzetta; Estasi di S. Francesco con sfondo di paese, Francesco Trevisani (1656-1740 ). IV. Sala. È dedicata a Natura morta e Paesaggio. I più interessanti sono: a destra, Campagna romana con macchiette di Francesco Zuccarelli (1702-1778); Torrente nella boscaglia, Alessandro Magnasco (1681-1747); Paesaggio con episodio biblico, Ferraioli Degli Afflitti Nunzio (1686-1735); Altro dello stesso; Vaso di fiori retto da tre putti, Nuzzi Mario (1603-1675); a sinistra, Frutta, Barbieri Paolo Antonio; il Cavallo bianco, di Filippo Roos, detto Rosa da Tivoli. Bella la raccolta di ceramiche. V. Sala. In questa grande sala, adorna di pregiati dipinti, di arazzi e di mobili, ci colpiscono sopratutto: (girando a destra) Tempesta in mare con naufraghi, di Pietro Molyn (1643-1729); Erminia fra i pastori, Benedetto Gennari (1633-1715); Tralci di viti, di Paolo Antonio Barbieri, fratello del Guercino (1603-1649); Ritratto di Maria Beatrice d'Este Regina d'Inghilterra, moglie di Giacomo II Stuart, Benedetto Gennari; Ritratto di tre fanciulli di casa principesca, attribuito a Van Dyk; Paggio e moro, G.M.Crespi, detto lo Spagnuolo; Flora con caduceo di Carlo Cignani (1628-1719); Sansone giovane, di Iacopo Palma il Vecchio (1480-1528); la Carità di G.B.Crespi; la Partenza di Giacobbe, Leandro da Ponte detto il Bassano (1558-1623); Ritratto di Maria Antonietta del Taubert ; Estasi di S.Gerolamo di Giovanni Lys (1600-1629); Fanciullo con canestro dietro la nuca, Francesco Cipri, sec. XVII; Gruppo di suonatori, Bernardo Strozzi; Madonna col bambino e S.Giovannino, Alessandro Bonvicino, detto Moretto da Brescia (1498-1554); Animali e pastore, Filippo Roos; Venditrice di pesche, Francesco Cipri; Burrasca di mare, Alessandro Magnasco; Serie di teste (frammento), Bernardo Strozzi; Sposalizio mistico della Madonna, Carlo Maratta (1625-1713); Cacciatore che mostra una lepre, Francesco Cipri; Martirio di S. Biagio, Carlo Maratta; Lucrezia romana, Ercole Setti (operava 1569 + 1589); S. Giovanni con la pecorella, Luca Ferrari; Fiori e conigli, d'ignoto pittore del sec. XVII; Battaglia con mischia di cavalieri, ignoto sec. XVII. Al centro: Testa di asceta, Gio.B.Crespi; la Madonna del coniglio, del Correggio; Testa di vecchia, di Domenico Feti (1589-1624); Testa di Sibilla, del Domenichino; Martirio di S. Pietro di Parenzo, Tiepolo; la Strage degli Innocenti, G. B. Tiepolo (1696-1770): l'Alcolizzato, di Francesco Goya, testa di eccezionale verismo; lo Sposalizio mistico di S. Caterina, di Francesco Mazzola, detto il Parmigianino; la Madonna detta di Foligno, Raffaello Sanzio (1494-1534). La VI e VII sala che si intravedono da una elegante cancellata a giorno, fanno parte dell'appartamento privato del Marchese Matteo Campori. Esse sono arredate di preziosi mobili, quadri e ceramiche. Splendidi i soffitti dipinti da Pietro Minghelli, rappresentanti, il primo, una scena mitologica e il secondo l'allegoria della musica. Sfarzose e riccamente decorate tutte le altre sale del palazzo, alle quali si accede per un ampio scalone, tapezzato nelle sue pareti di svariati quadri, alberi genealogici, arazzi ecc. Chiesa e Convento dei PP. Cappuccini, detta anche delle Sacre Stimate. Interno. I. Cappella: Nella parete destra un dipinto del Bellei, S. Luigi re di Francia; è firmato e porta la data 1916. Altare maggiore. La tela che fa da copertina alla statua dell'Immacolata Concezione, entro un ovale di angeli e serafini, rappresenta S. Luigi re di Francia e S. Elisabetta regina di Ungheria; ignoto sec. XIX. Chiesa di S. Maria Pomposa. II. Cappella. La Madonnina proviene dal chiostro delle monache di S.Paolo. Sottoquadro: la B. Bagnesi. III. Cappella. del Suffragio. Sottoquadro: la Madonna della Misericordia in ricca cornice dorata. IV. Cappella. Cristo in rilievo. Sotto, in umile sarcofago, come lo indica la iscrizione, riposano le ossa del grande storico L.A.Muratori. Davanti vi è l'antica epigrafe: « Heio jacent mortales exuvies | Ludovici Antonii Muratorii | immortalis memoriae | Viri | obiit x kal Februarii | Anno Jubilaei MDCCL ». Questo in attesa di un monumento degno dell'Italia Vittoriosa! Archivio Muratoriano. Nel 1900, il Municipio, fatta restaurare la casetta attigua alla chiesa, ove Lodovico Antonio Muratori abitò dal 1716 al 1750, vi collocò tutto ciò che rimaneva sia di scritti che di mobilio, appartenente al grande storico. L'archivio fu inaugurato il 23 gennaio 1900 ed in memoria fu posta sulla casa questa iscrizione: « Lodovico Antonio Muratori Padre dell'Italica Storia qui presso la chiesa già santamente governata da lui abitò XXXIV anni è morì nel MDCCL. Via Cavallerini La Via S. Michele, ci conduce direttamente alla chiesa di S. Rocco, situata in via Cavallerini, quasi di fronte alla suddetta via. Chiesa di S. Rocco. Di questa chiesa non si conosce con precisione la data di fondazione. Dal 1534 al 1785 fu ufficiata dalla confraternita di S. Rocco, indi ridotta a teatro; ma nel 1835, per volere di alcuni fedeli intimoriti dal colera fu riconsacrata al culto. Sul disegno del Vandelli venne fatta la nuova facciata della chiesa, restandone così variato il primitivo orientamento. Le due statue in terracotta poste nelle nicchie della facciata, rappresentanti S. Sebastiano e S. Omobono, sono del Righi, sec. XIX. Interno: ad una sola navata con tre altari. A sinistra entrando vi è una piccola scultura in marmo, S. Rocco, del sec. XV o XVI. Sull'altare destro, l'Immacolata Concezione di Paolo Mani modenese e sul sinistro, S. Antonio da Padova del Loraghi. L'ancona dell'altare maggiore, rappresentante S. Rocco, S. Francesco e la Madonna è di Luigi Manzini, sec. XIX; dello stesso Manzini sono S. Chiara e S. Fedele da Sigmaringa incassettati nella parete dell'altare. Sagrestia: dei vari dipinti appesi alle pareti, in prevalenza ritratti, il migliore è quello grande, rappresentante la Madonna col bimbo, S. Girolamo, la Maddalena e un angelo; ignoto sec. XVII. Nel coretto vi è un pregevole ovale in terracotta sul quale è magistralmente eseguita a bassorilievo 1'Epifania, cioè i Re Magi che offrono doni al bambino Gesù. La maniera risente molto di quella del Begarelli, sec. XVI. Via della Cerca Prima di sboccare sulla vasta Piazza di S. Agostino, ove stanno 1'Ospedale Civile, la Chiesa omonima e il Palazzo dei Musei, si presenta a destra via della Cerca, ove trovasi la Clinica Pediatrica Silingardi, diretta dal Prof. Comm. Riccardo Simonini, costruita nel 1910 sulla vecchia chiesa di S. Pietro Martire, fondata nel secolo XIII e chiusa al culto nel . Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Aggiunta alle Appendici e note (ediz. 1883) al Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1893. Ganaceto [Contrada]. (Diz. p. 125). - Avrei qualche ragione di credere che un giorno la casa ora de'Luigini appartenesse ai Macchelli. Le sorelle Macchelli, ultime della famiglia, erano maritate, una con un Bergomi di Castelnovo Rangone, un'altra con un Lorenzani, 1'ultima con un Roncaglia. La tomba de'Macchelli dovrebbe essere nella chiesina delle Grazie. Avevano i Macchelli molte possidenze in Castelnovo Rangone, ed una casa entro il Castello stesso ora di proprietà Zanasi, dall'esterno della quale lo stemma loro fu tolto circa nel 1852, a quanto mi venne accertato. Ganaceto [Porta]. (Diz. p. 124,1. 32). - Fuori di questa porta, secondo ogni probabilità collocata dove circa ora il Corso Cavour interseca la contrada omonima, era il monastero detto un dì della Misericordia, poi di S. Paolo, della regola Agostiniana. La cronaca di Piacenza, (secolo XIV, pubbl. dal Muratori) lo designa qui ubicato, versus valles. - Prope foveas civitatis Mutinae, dicono altre carte del 1251 e al 1269. Unitamente ad altri due monasteri dell'ordine Cisterciense, S.Maria in Porto e S. Maria Nova pure nei sobborghi, questo di S. Maria della Misericordia, era soggetto ai Colombani, monaci presso Firenzuola. Queste MM. della Misericordia sono note nelle cronache nostre per vicissitudini d'ogni guisa e controversie infinite. Non molto dopo il 1524 fu distrutto, passando a goderne i beni il monastero di S. Paolo. Stigmate [Contrada delle]. (Diz. p. 234). - Nella casa del fu march. Gherardo Molza, collocata in questo tràmite, è visibile l'iscrizione qui trascritta, il cui marmo vi fu posto per decreto del Comune, ai 2 giugno, 1883: IN QUESTA CASA ABITÒ GIUSEPPE GARIBALDI QUANDO AI POPOLI DELL'EMILIA E DELLA TOSCANA RESTITUITI IN LIBERTÀ COLLEGATI A COMUNE DIFESA PORSE SOCCORSO DEL BRACCIO INVITTO E DEL CUORE Castellaro, Castello [degli Estensi], Castel Maraldo, Castello [di porta Saliceto], (Diz. p. 61, e segg.). - Documenti del secolo XIV e V, esistenti nel nostro Archivio di Stato, e cortesemente un dì partecipatimi dal C.r C. Foucard, mi fanno tornare sull'antica topografia edilizia di Modena, già largamente toccata nel mio DIZIONARIO, alle sovra citate rubriche. Questi documenti, che si vedranno in calce, oltre che presentano i nomi di alcuni capitani del castello della città di Modena, accennano al castello degli Estensi e ad un palazzo (degli Estensi?) dalla piazza. Se si vogliano rileggere gli articoli del citato mio libro, riflettenti le rubriche poste in testa a questa nota dell'Aggiunta risulterebbe che quattro castelli delimitavano in antico la cinta delle nostre mura: - Castel-Merla o Castel - Maraldo sino dall'epoca Romana imperatoria sulla riva del Saniturno: - il castellaro del vescovo ERIBERTO (1096) con cinque iugeri di terreno: - un castello di porta Saliceto, il quale, menzionato nel 1454, potrebbe forse essere stato confuso con quello degli Estensi presso la vicina porta d'Albareto sulla bocca del Naviglio: - infine questo degli Estensi con cinque torrioni, fossa e ponti levatorii, fabbricato secondo il Muratori, nel 1291, due anni dopo venuto Obizzo marchese d'Este a sedare le fazioni e le discordie della città nostra che, al dire del CHRONICON PARMENSE, - « piena di teste balzane e di feroci partigiani, fu sempre in Lombardia principio di movimenti, ed origine di novità. » - Dai documenti apparisce che gli Este avevano oltre il castello sul Naviglio, più che in uso, in possesso anche un palazzo dalla piazza. Era questo il palazzo d'Eriberto ? era quello del Podestà presso quello della Ragione ? la mancanza di piante topografiche antichissime della città non permette una decisione accertata. Maraldo grande [Contrada]. - Così è notata nella rubrica 133 degli statuti dell'acque una contrada posta nella cinquantina della Pomposa e dov'era una pubblica fontana. V. Diz. p. 226 nella nota « contrada Maraldi magni. Maraldo piccolo [Contrada]. - Scomparsa. La stessa rubrica segnando un fonte posto nella contrada di Maraldo grande, nomina una strata contratae (?) ed un vicolo che conduce alla contrada di Maraldo piccolo. Ivi. V'ha chi mi assicura una famiglia Maraldo o Maralda essere esistita in Modena; ma ciò non essendo, a mia cognizione, documentato, non guasterebbe l'origine del nome del castello, potendo soltanto dedursi che quella famiglia l'abbia tratto da esso. Le due contrade Maraldo grande e Maraldo piccolo richiamano il caso di rua S. Michaelis, e rua curta S. Michaelis, e quello del vicolo dell'Alloro presso alla contrada omonima, tramutato poi da mlòor in Malore. Cerca, [Contrada]. (Diz. p. 68). - Lapidetta che vedesi nel lato di settentrione d'una già casa Tassoni in contrada Cerca, e sua iscrizione : P . S . ANNO . MDCCLXVIII REGIONE . AD . IX . PASSVS EST . PVTEVS EX . QVO . ALII . PVTEI . TASSONI HABENTES . AQVAM . PERENNEM Da “Luigi-Francesco Valdrighi - Appendici e note alla 2ª edizione del Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena” 1883. Convitto medico (p. 69, 1. 11) - L'anno 1880, all'oggetto di ingrandire i locali inservienti alle cliniche dell'Ospedale Civico, è stata soppressa la chiesa del SS. Crocefisso. Detta chiesa era stata fabbricata dai confratelli di S. Pietro Martire, l'anno 1668, ed in questi ultimi tempi era di ragione dell'Opera Pia. Nel vicino locale (già uffizio degli Esposti nel 1840) era stata eretta una casa religiosa dei Fate-bene-fratelli cui era af­fidata la direzione ed amministrazione dell'ospedale degli uomini. Fino dal cessare della dominazione Estense la casa dei Fate-bene-fratelli serviva d'uffizio per gli esposti e più non esisteva la congregazione religiosa. Dopo subito 1'ex chiesa del Crocefisso nella casa N.1 8 e 10 trovavasi il Convitto Medico (Sezione della E. Università) aperto nel 1822. Cessò questo nel 1848. In tutte le carte antiche del 1599 questa contrada (della Cerca) fu sempre detta della Casa di Dio, ed è qui che, come luogo remoto, facevansi talvolta ragunate popolari, in occasione specialmente di carestie, onde muovere armate alla piazza. Canonica Muratori (p. 205). - Ecco il testo della lapide affissa nella canonica Pomposiana. LODOVICO . ANTONIO . MURATORI PADRE . DELL'ITALICA . STORIA QVI . PRESSO . LA . CHIESA . GIÀ . SANTAMENTE GOVERNATA . DA . LVI , ABITÒ . XXXIV . ANNI E . MORÌ . NEL . MDCCL. 1750. Chiesa di S. Rocco (p. 217). Contrada Cavallerini - Iscrizione: DEO . RESTITVTVM D . N . FRANCISCI . IV . RELIGIONE AC . MVTINENSIVM . PIETATE MDCCCXXXXI. PP. Cappucini, e tombe degli Estensi ( p. 234 e seg. ) - Sino dal 1565, per opera del card. Morone, vennero a Modena alcuni cappuccini da lui alloggiati in vescovado e dove, alla festa, insegnavano la dottrina cristiana a più di 200 fanciulletti. Passati, nel 1570, ad abitare ed uffiziare la chiesa suburbana di San Faustino, fu ad essi, nel 1573, venduta una casa da Lodovico Castaldi, ivi fabbricando la loro chiesa e convento, e venendo ad abitarlo nel 1576: furono soppressi nel 1793. La chiesa fu consacrata dal vescovo Silingardi nel 1594. La data citata però può far supporre un restauro o miglioramento. Nelle attinenze di questa chiesa giacevano in una stanza mortuaria, da più di due secoli negletti entro casse, gli avanzi mortali di vari principi estensi, che ai 14 maggio 1881 furono trasportati nelle ducali tombe presso S.Vincenzo, dopo un solenne generale uffizio di requie in quel tempio. Già sino dal 1763, 14 gennaio, erano state codeste casse riconosciute con atto pubblicamente rogato da un Carlo Ferrari, notaro e cancelliere comunale. Questi resti erano quelli di Francesco I (13 ottobre 1658) - Alfonso IV (16 Luglio 1662) - Rinaldo cardinale e vescovo di Reggio (30 settembre 1672) - Francesco II (6 settembre 1694) - Gian Federico (12 aprile 1727) - Benedetto (16 settembre 1751) - Rinaldo di mesi quattro, figlio d'Ercole princ. ered. (5 maggio 1753) - Quella prima ricognizione fu eseguita nella circostanza del trasporto delle otto casse contenenti le ossa dei serenissimi principi dal cosi detto deposito dei prìncipi, esistente nella chiesa in discorso, fra la cappella della Madonna e quella di S. Felice in altro luogo di essa chiesa, contiguo alla cappella di S.Francesco, avente l'uscita in quella del sepolcro dei cappuccini. Ai 12 di maggio pertanto del 1881, due secoli di principato sovente splendido, relativamente innocuo e felice, senz'odi certamente, passarono in poche ore innanzi agli occhi dei convocati ufficialmente alla ricognizione funebre, e di qualche privilegiato, senza contare i soliti curiosi traforativisi. Fu quella ricognizione una breve ma strana lezione di storia retrospettiva cui assistettero cappuccini, sacerdoti, cortigiani che rappresentavano una sfumatura del tramontato ordine antico, scienziati e deputati alla storia patria avidi di memorie locali, ufficiali del Municipio nel freddo compito di rappresentare la città, medici commissionati per le operazioni cranioscopiche e scientifiche, e la pubblica igiene; persino amatori della storia del costume e dell'arte, colla speranza di trovare modelli di stoffe e di antichi tessuti. Fu un grande disinganno: i velluti, che rivestivano le casse di piombo, da cremisi s'erano fatti fulvi; la porpora cardinalizia e il piviale di Rinaldo avevano un colore indefinito; il saffiro episcopale e la croce di Malta di Benedetto erano tornati alla casa sino dal 1763. I due Franceschi ed Alfonso vestivano le umili lane del frate; crocifissi disadorni di legno e poche pallottole da rosario erano confuse fra quelle ossa. Solo apparirono essere stati vestiti da gentiluomini i principi Gian Federico e Benedetto: il primo morto a Vienna, mancato il secondo in Sassuolo. D'Almerico, decesso in Candia, non rimaneva traccia di vestito: il misterioso anonimo bambino di quattro mesi figlio, ad Ercole, era mummificato entro la sua lunghissima vesticciuola di seta bianca a trine d'argento: pareva una pupattola: volendo non se ne sarebbe potuto distinguere il sesso. Nel 13 successivo colla stessa etichetta ufficiale si traevano dalla cripta di S.Geminiano in Duomo, dietro l'altare del patrono dove eseguivansi lavori di ristauro, i resti d'Ercole III, morto nel 1803 a Treviso. Lo scheletro ne era completo per quanto lo consentiva la condizione di deterioramento delle ossa: qualche bottone, avanzi di stoffa, un fiocco di lana nera della dragona, la sola elsa dello spadino sconnessa, ecco quanto rimaneva dell'abbigliamento finale dell'ultimo duca della vecchia razza degli Este. In altri recipienti erano gl'interiori e qualche memoria scritta e stampata, passabilmente conservata. Nella notte operavasi il trasporto delle casse, in forma privatissima, che dopo le finali assoluzioni di rito furono intromesse nei loculi della cappella funebre degli Austro Estensi. La commissione sanitaria sdebitata, per 1'epoca dei decessi, dal tutelare la salute pubblica, non fece altro che assistere alle operazioni del riconoscimento ed occupossi soltanto della descrizione degli avanzi mortali dei principi, unendovi per concomitanza qualche osservazione cranioscopica, duranti gli ossilegî e le ispezioni. Lo scrivente potè pertanto dal suo amico prof. Tampelini Giuseppe, che in quel dì rappresentò la commissione sanitaria, mettere in sodo quanto segue. Le indagini craniometriche diedero essere brachicefali i due primi Estensi, però leggermente: dolicocefalo eminentemente il cardinale. Oltre essere i due primi brachicefali, avevano fronti depresse e fuggenti all'indietro, e in corrispondenza del sincipite una prominenza che induceva nel cranio una conformazione piramidale; segno, quest'ultimo d'inferiorità di razza, come le disposizioni della fronte accennano più ad energia fisica e volontà potente, che a doti straordinarie dell'animo. Questi due primi scheletri, specialmente quello di Francesco I, portavano sviluppatissime le apotesi o scabrezze destinate agli attacchi dei nervi e tendini indizio di pronunciata energia corporale. Francesco I, aveva sovratutto sviluppato il tubercolo occipitale esterno. Il cranio del Cardinale era più grande e capace; meno salienti gli attacchi muscolari, enorme la prominenza delle gobbe sopraccigliari. In tutte queste salme pare che l'imbalsamazione consistesse nell'imbibizione, intus et extra, d'arsenico piuttosto che di sublimato corrosivo, e ciò era fatto con spugne arsenicate, introdotte nelle cavità craniali e splanchniche. Il cranio di Ercole III (che non fu misurato) era, almeno all'occhio, brachicefalo: alla regione bregmatica era perforato triangolarmente (!) certo per estrarne il cervello, ed introdurvi spugnette imbevute d'arsenico. Le ossa esistevano in massima parte, meno le piccole delle falangi. Gli Estensi da noi ispezionati sembrano meticci di due o più tipi: l'indice cefalico varia in essi grandemente e porge tutti i caratteri d'una razza robusta e bellicosa. La memoria posta entra canna plumbea trovata nella cassa del cadavere di Francesco II era stata stesa in latino dal P. Tamburini della compagnia di Gesù teologo del successore, promosso poi ai 13 gennaio del 1706 al governo assoluto e universale di essa congregazione gesuitica. Le epigrafi che seguono furono scritte dal M. R. Priore della parrocchia di S. Vincenzo D. Antonio Dondi, con qualche modificazione in causa di quel letto di Procuste che sono i marmi funebri de'lòculi somiglianti alle linee prestabilite alle appendici dei giornali. L'iscrizione per Ercole III è quella stessa di D. Celestino Cavedoni, coi cangiamenti voluti pel trasloco dallo scurolo di S. Geminiano alla cappella funebre degli Estensi, in S. Vincenzo. I. ALMEEICVS . FRANCISCI . I. PRINC . ATEST . FILIVS QVEM . PRIMA . IVVENTA . LVDOVICVS . GALLORVM . REX AVXILIARIBVS . COPIIS . AD . CRETENSE . BELLVM . TRANSMISSIS CVM . IMPERIO . PRAEFEC1T . UBI . POST . MVLTA . FELICITER TERRA . MARIQVE . GESTA . PRAESTANTIS . IMPERATORIS OMEN . IMPLETVRVM . DIRA . MORS . XVIII . KAL . DEC A . MDCLX . AET . SVAE . XX . INTERCEPIT . RITE . HEIC IN . CHRISTO . COMPOSITVS . EST . A . MDCCCLXXXI. II HEIC.SITVS.EST.BENEDICTVS.ARMANDVS.ATESTINUS FRANCISCI . IlI . DVCIS . MVTINAE . FILIVS . QVEM . MORIBVS SANCTISSIMIS . ACRI . INGENIO . SPECTANDVM . DVM . DE SE . SPEM . PRAECLARISSIMAM . OMNIBVS . DARET . INV1DA MORS . RAPVIT . XVI . KAL . OCTOBR . A . MDCCLI . AET SVAE . XV: III. H. S. R. RAYNALDVS . ATESTINVS ALPHONSl . III . DVCIS . MVTIN . FILIVS . IN . COLLEGIVM PATRVM . CARDINALIVM . COOPTATVS . DEIN . RENVNCIATVS EPISCOPVS . REGIENSIVM . QVEM . BENE . DE . ECCLESIA MERITVM . PRAECELLENS . ANIMI . DIGNITAS . PIETATIS STVDIVM . EGENORVM . CVRA . RELIGIO . MVNIFICA . IN EXEMPLVM . ILLVSTRARVNT . OBIIT . PRID . KAL . OCTOBR ANNO . MDCLXXII. EIVS . EXSVVIAE . HVC . A . MDCCCLXXXI . TRANSLATAE ANASTASEOS . DIEM . EXPECTANT IV. HERCVLES . RAYNALDI . IlI . ATESTINI . F DVX . XIII . MVTINENSIVM . PATER . PATRIAE . QVI . EVROPA BELLO . CONFLAGRANTE . SEDE . SVA . EXTORRIS . DIGNITATE IMPERII . CONSTANTIAQ . ANIMI . SERVATA . OBI1T . TARVISII PRID . ID . OCT . A . MDCCCIII . AET . SVAE . LXXV CINERES . EIVS . ANTEHAC . SITAE . AB . ARAM . S. GEMINIANI IN . TEMPLO . N . MAIORI . HVC . ANNO . MDCCCLXXXI INLATAE . SVNT. V. A . MDCCCLXXXI . OSSA . HEIC . COMPOSITA . SVNT PEANCISCI . II. ATEST . MVTINAE . DUCIS AB . ALFONSO . IV . PRINCIPE . NATI . QVEM . ANNO. AET . SVAE XXXIV . MORS . INTERCEPIT . VIII . ID . SEPTEMBR. A . MDCXCIV HIC . PRIMA . IVVENTA . SVSCEPTO . STATVS . REGIMINE VIR . INTEGRAE . NATVRAE . ET . ADSERTOR . PVBLICAE FELICITATIS . IVSTITIAM . INTER . SVOS . NVNQVAM . DESTITIT FOVERE . QVA . VNA . STANT . CIVITATES . ET . REGNA . PIVS COM1S . MITISSIMO . INGENIO . CLARVS . R . BIBLIOTHECAM ADDITIS . CONCLAVIBVS . EIDEMQVE . PRAEFECTIS\ VV . CC CANTELLIO . BACCHINIO . ET . MVRATORIO . SPLENDIDIORE CVLTV . ILLVSTRAVIT . MVSAEVM . INSVPER . NVMORVM VETERVM . AVXIT . PATRIVM . ATHENAEVM . CONSTITVTIS LEGIBVS . EREXIT . AEDES . PALATINAS . EXIMIIS . ARTIFICVM ORNAVIT . OPERIBVS . VERE . DIGNVS . QVI . AMPLISSIMO IN . AEVVM . HONESTARETVR . PRAECONIO. VI. HEIC , IN . PAX . QVlESCIT IOANNES. FRIDERICVS. ATEST. RAYNALDI. MVTINENSIVM . PRINCIPIS. F. QVI . A . PRIMA . AETATE . MILITIAE . ADDICTVS . STRENVO COPIARVM . DVCTORI . EVGENIO . PRINC . SABAVDICO CARISSIMVS . ANTIQVA . INNOCENTIA. PIETATE . ET. FORTITVDINE INSIGNIS . R . STIRPIS . DECVS . VIRTVTVM . OMNIVM ORNAMENTIS . CVMVLAVIT . DONEC . DIVINAE . OBSEQVENS VOLVNTATI . CHRISTIANAE . PATIENTIAE . ET . INVICTAE LENITATIS . EXEMPLAR . OBIIT . VINDOBONAE . IDIBVS APRILIS . A . MDCCXXVII . CVN . VIXISSET . XXVI . ANNOS TANTVM. VII. PAX RAYNALDVS PAX INFANS . MENSIVM . SEX . HERCVLIS . RAYNALDI . ATEST FILIVS . HIO . SITVS . EST . QVEM . HEV . ACERBA . MORS RAPVIT . IlI . NON . MAI . A . MDCCLIII VIII. H. S. E. FRANCISCVS . I . ATESTINVS ALFONSI . III . FIL1VS . DVX . MVTINENSIVM OB . INSIGNEM ANIMI . PRAESTANTIAM . ET . MAGNITVDINEM . IN AEVVM MEMORANDVS . QVI . AEDES . PALATIM. ET . REGIAM . VILLAM AD . SAXOL . MVNIFICENTISSIME . AVX1T . ORNAVIT . AD DISCIPLINAS . ARTESQVE . PROVEHENDAS . PRIMORIBVS DOCTORVM . PATERNA . BENIGNITATE . EXCEPTIS . VIGARANII AVANCINII . TESTII . TASSONII . OPERA . ET . STVDIO . VSVS EST . SVMMVS . IN . ITALIA . GALLOR . EXERCITVVM . DVCTOR PLVRIBVS . GLORIOSE . PERACTIS . S . AGATHAE . APVD VERCELLENSES . GRAVI . MORBO . INVICTA . FORTITVD1NE ET . PIETATE . PERPESSO . AD . COELVM . VNICE . SPECTANS OBIIT . PRID . ID . OCTOBR . A . MDCLVIII . AET . SVAE . XLVII. IX. CINERES . HEIC . QVIESCVNT ALFONSI . IV . ATESTINI . A . FRANCISCO . I . NATI DUCIS . MVTINENSIVM . RELIGIONE . COMITATE . ET . FIDE NI . EXEMPLVM . QVI . ETSI . AVITAE . DITIONIS . REGIMINI QVATTVOR . VIX . ANNIS . PRAEFVERIT . SUBDITORVM VTILITATI . ET . BONO . NAVITER . CONSVLVIT . RESQVE EORVM . AEQVO . SEMPER . MODERATVS . EST . IMPERIO ET . MOERENTIBVS . OMNIBVS . ACERBO . FVNERE . SVBLATVS EST . XVI . KAL . SEPTEMBR . A . MDCLXII. AET . SVAE . XXVIII. Da “Dizionario Storico-Etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena redatto dal conte Luigi-Francesco Valdrighi” 1880. Ganaceto. - (Porta) Soppressa. Forse sino dai tempi di Leodòino vescovo, sussistette, ossia nell'ottavo secolo. Nel X o XI fu eretta secondo certe cronache dai Manfredi, dai Pedocca e dai Padella che sino alla P. di Albareto fecero il palancato, ad usanza dell'altre nobili famiglie, ed era dritto al monastero di S. Marco in fondo alla contrada omonima, ove avevano le loro case i Pio. Una delle cinquantine di Modena prendeva il nome da questa porta: al presente Ganaceto è una villa a sei o sette chilometri dalla città. Nell'ottocento ventidue era curtis: ebbe più tardi un castello, ed Eginolfo ed Eriardo da Gandaceto sono i primi nominati di questa famiglia, una delle più illustri fra le modenesi. Ganaceto aveva misure sue proprie, specialmente il sextarium pei grani. Ganaceto. - (Contrada) Comincia in via Emilia di fronte a un palazzo Rangoni e Bellentani, e finisce nel Corso Cavour incontro alla contrada delle Stigmate. Nella casa ora Severi (già Trenti) abitò uno dei più distinti matematici del nostro secolo che giovò assai all'incremento della scienza, Paolo Ruffini. Negli statuti dell'acque è nominata la rua Ganaceti che aveva un ponte in capo, presso quello levatoio della strada poi omonima. Della famiglia dei Ganaceto, si hanno memorie dall'undecimo secolo fino verso il 1400. In fondo a questa contrada vi era una porta detta pure di Ganaceto, munita di un torrione: porta e torrione distrutti, quando si fece nel 1549 l'addizione Erculea. In parte di questa contrada che unitamente al corso V. E. raffigura anche ora (in minuscolo) il faubourg S.Germain di Parigi, erano i palazzi dei conti Moreni, Magnani, Vigarani, de'principi Pio, de'marchesi Molza e Campori. Quest'ultimo dove fu ospitato e pranzò nel 1796 il generale Buonaparte col suo stato maggiore, per scoppio di polvere sulfurea, cui diè fuoco la distrazione e la stoltezza di soldati polacchi che fumavano, fu quasi tutto rovinato al tempo de'comizi di Lyon (1801). * E osservabilissima, all'imboccatura della contrada Cerca, la casa Luigini (oggidì) anticamente non so bene di quale famiglia patrizia, prima che passasse a un casato Roncaglia. Nelle sue proporzioni architetturali essa è piena di armonia: innalzandosi su muro a scarpa e cordonata appartiene alle case tipiche modenesi dal secolo XVI al XVII, sebbene per certi suoi particolari caratteri quasi faccia famiglia da se. Il cornicione di coronamento simile a quello del palazzo Foschieri in contrada Redecocca è la riproduzione d'un vecchio tipo romano che il Montana nella sua raccolta di frammenti antichi ha disegnato in prospettiva alla pagina 8. La porta in Ganaceto e la loggia ionica in contrada della Cerca sono due pezzi architettonici che scostandosi alquanto dalla fiera severità e semplicità di tutto il resto della fabbrica rammentano lo stile classico del 1500, accostandosi allo stile del Sammicheli. Qui non posso lasciare di far voti perché i ricchi che vanno al possesso di case architettate se non classicamente, tipicamente, se avvenga che le debbano ristaurare il facciano consigliandosi con architetti di gusto, e non con capimastri muratori, né facciano come chi, rinvenuti i pezzi d'uno strumento di Duiffopruckar, di Magini, di Gaspare da Salò lo consegnasse da ristaurarsi a un calzolaio. * V. Estratti di un carteggio famigliare e privato del cittadino Luigi Valdrighi ai tempi della repubblica cisalpina e specialmente dei comizi di Lyon. Modena, - Gaddi - 1872, pag. 101. Stigmate. (Contrada delle) -- Comincia il corso donde la Cavour ha sfogo in Ganaceto e termina nella anonima via circondaria, sotto i terragli delle mura: una volta era angiporto. Facendo parte dell'addizione Erculea fu compresa, con altre contermini, nel nome generico di Terranuova, poi dei capuccini, che nel 1621 vi fabbricarono la loro chiesa prendendo il nome sovrascritto dalla confraternita delle stigmate (ora in S. Rocco) la quale, dopo il 1783 ebbe in godimento la chiesa di quei PP. poi soppressi. Non mancò chi proponesse di rinnovarlo (se pure non gli si applicava quello di Ganaceto, della quale è prolungamento) in quello di Buonaparte, essendo stato Napoleone I ospitato nel palazzo Campori che ha porzione della fronte in quel tronco di strada. Molte case sorgono in questa contrada, signorili e patrizie. Al n.° 14 si trova l'asilo infantile di carità e, non molto discosto, la scuola comunale elementare femminile. Sul finire del secolo passato, all'epoca dell'invasione francese, la R. casa di Savoia abbandonava il regno e passando per Modena le venne rifiutato alloggio nel Albergo Reale per tema di tumulti. Il marchese Emilio Menafoglio allora presentatosi al Re gli offriva la sua casa e il suo servizio. Accettò quel Re, e tutta la famiglia reale vi si portò, essendovi trattata colla splendidezza e squisita cortesia, abituali in quel cavaliere. Cerca (Contrada della). - Dalla piazza di S.Agostino sbocca in contrada Ganaceto tra le case Luigini e Giacobazzi. Dovrebbe dirsi corso, dall'acque del canale di Formigine, che presso la città, preso il nome di Cerca, ed entratovi, segue la contrada S. Agostino, poi scorrendo sotto la sua omonima, va pure, sotto la contrada S. Rocco, alla piazza di S. Domenico, dove si unisce al Sorra, immettendosi poi nella casa dell'acque col Canal Grande ed altri. Cerca propriamente detta era il canale dunque di Formigine o della Cerca, che prima scorreva esteriormente, poscia interiormente alla città. Cerche chiamavansi poi anche altri canali che la circuivano ed è manifesta la loro etimologia dal circa latino. V'erano le cerche vecchie che andavano intorno alla città, fuori dalle murazze da S. Lazzaro, fuori dalla torre del bagno (?) in borgo Saliceto, e dal borgo di S. Leonardo fuori porta Cittànova, e confermano esservi stati per essi antichissimi recinti: furono colmate dal 1535 al 49, quando questi furono spianati. A Formigine, ove ha origine la Cerca, vi sono due cavi di quel nome. Né è ben chiaro che questo loro venga dal basso all'alto, a cagione della destinazione per 1'antica difesa della città, o se avendolo in origine, sia stato conservato, giunte le acque al piano. Nel 1545 la Cerca dirimpetto a S. Domenico non solo era scoperta, ma non aveva parapetto. Al canale Cerca nel suo corso superiore furono fatti i volti nel 1770, epoca nella quale fu demolito il mulino di tal nome presso il convento delle suore della B. V. In questa contrada vi è l'istituto ostetrico, la casa degli esposti, e la clinica: il fabbricato N.° 8 e 10, servi un tempo al convitto medico. Ha il nome Cerca una seria importanza storica per noi: esso ci rammenta uno dei cavi che, originato a Rocca S. Maria, passando per Formigine e scendendo alle paludi modenesi serviva poi ad alimentare le acque dei fossati che regolaronsi in sparafosse e redefosse a difesa delle fascine, palanche e parapetti formanti la cinta provvisoria della città la quale tornava a ricostituirsi in un qualsiasi sistema di fortificazione, approfittando di quanto presentava la nuova configurazione topografica e idrografica creata cinque secoli addietro dall'abbandono delle popolazioni e dagli incessanti cataclismi delle quasi periodiche innondazioni. Il palazzo Casarini, già Ronchi, supposto eretto sull'area di Castel-Maraldo che ha la sua facciata posteriore ove ha principio questa contrada, parmi richiamare l'epoca delle costruzioni dei palazzi Grassetti e Morano. Cavallerini (Contrada e Piazzetta de'). - Da Castel-Maraldo sbocca nella contrada dei Monti. In questa contrada dal 1821 al 1835, nella soppressa chiesa di S. Rocco, esistette un teatro di filodrammatici modenesi. Il mulino (ora soppresso) ch'era nell'area della casa Galvani e di certe monache terziarie di S. Domenico, apparteneva sino dal secolo XIII alla famiglia de Cavallerini, la quale ha dato uomini insigni in letteratura ed arti: sono rimarchevoli fra essi uno scrittore di tragedie, un zecchiere distintissimo, e nel secolo XVII un cardinale. S. Rocco vecchio, e le sue casette ch'erano sulle fosse di contro al castello ducale, fu fatto guastare nel 1544: e forse d'allora l'oratorio interno, che ha la facciata su questa contrada, ebbe l'origine, a meno che non fosse una delle cappelle di qualche cinquantina. V. S. Rocco. Maraldo (Contrada). - Dalla Via Emilia, alla contrada Ganaceto: è detta ancora di Castel-Maraldo. Porzione di questa strada, che dalla Pomposa mette in Ganaceto divergendo verso il sud, passa davanti alla casa già abitata dal sommo Lodovico Antonio Muratori, il che può il passeggero rilevare dalla epigrafe incisa in una pietra apposta al muro della canonica di S. Sebastiano. In mappe vecchie si vede segnato un vicoletto ove al presente è lo stallaggio della Buca. Già era nomata della Nunciata Vecchia, ma meglio questa contrada dovrebbe officialmente dirsi di Castel-Maraldo, poiché presso porta Cittanova o verso di essa esisteva un Castel-Maraldo. Questo si favoleggierebbe da taluni cronisti fondato sino da tempi dell'imperatore Augusto, e rifabbricato, a difesa della città rinascente, sul Saniturno o Formigina. Prima si disse Castel-Merla. Puossi ritenere che qualche vestigio se ne trovi nei fianchi neri del palazzo ora Casarini, un dì Rangoni, poi Ronchi, poi Bellencini, poi Musi. Facendosi scavi presso Castel-Maraldo fu un giorno trovato verso 1'antico corso della Cerca un navicello legato con catena di ferro ad una palafitta: se non era la Cerca, o il Saniturno sarà stato un corso d'acque certamente di qualche rilievo. La soppressa chiesa, nella quale tempo fa si attivò dai signori Golfieri una fabbrica di vetri, era detta della vecchia Annunciata, ed in essa officiarono i gesuiti, che nel 1546 introdotti in Modena dal cardinal Morone a bilanciare i tentativi riformisti dell'accademia modenese, di poi passarono in S. Bartolomeo. Dissi, più sopra, Castel-Maraldo essere stato detto Merlo o Marla o Castel-merla. Nella bassa latinità, merla significava fastigio di muraglia con merli, o parte di chiesa merlata: marla e marlariae erano fosse onde estraevasi la odiernamente chiamato marna: marelli poi (lo stesso che moralli) erano quei gettoni o tessere che valevano pei pedaggi. O da fortilizio, o da marniera, o da pedaggio sulla Cerca, corrotto, o no, questo romanzesco nome di Castel-Maraldo si presenta, è vero, un po'smerlato, ma con molta apparenza medioevale alla rassegna delle nostre vecchie contrade. Il palazzo Casarini, già Ronchi, che ha la facciata anteriore in Maraldo e sulla Cerca, la posteriore, è osservabile, e richiama l'opera delle costruzioni dei palazzi Grassetti e Morano. Pomposa (Contrada della). - Dal largo Pomposa s'immette nella contrada Maraldo. Nel secolo XIV era detta Rubeghi, e vi erano state confinate tutte le meretrici: anche nel 1550 la casa Silvàtica era il loco pubblico per esse, ma ne furono bandite. Già dissi che nel 1510 queste femmine da conio stavano ove poi fabbricaronsi le beccherie, nella via tuttora omonima; esse per la tolleranza (termine che ancora conserva l'attuale burocrazia) pagavano alla camera ducale una somma. L'attuale chiesa di S. Sebastiano era, ed è, detta della Pomposa, perché prevostura dipendente dall'abbazia della Pomposa presso il Po, fondata da Ugone di Sigiberto da Este nel secolo IX. Questa modesta prevostura divenne celebre in tutto il mondo per essere stata tenuta dall'immenso Lodovico Antonio Muratori, il padre della storia italiana, che per 30 anni abitò nella canonica annessa a S. Sebastiano, come è detto nella lapide infissavi. Fra le cinquantine trovasi anche nominata quella di S. Maria della Pomposa. Nella prima edizione di questo dizionario uno spostamento tipografico presentò grave errore storico sulla denominazione Pomposa, che qui voglio corretto. Intesi in proposito questo nome pervenire all'abbazia, non alla chiesa di S. Sebastiano, dal nome di una monaca spagnuola martirizzata ed uccisa in Spagna nell'854 durante il regno di Mohammed di Habd-Harrag-man re moro in Cordova, la cui festa in quest'ultima città si celebra ai 22 settembre mentre il martirologio romano la mette ai 19. L'incertezza del quando quell'isoletta presso Comacchio su cui venne fondato l'imponente monastero abbaziale omonimo, avesse quel nome, fa credere a questa tradizione, tanto più che per la prima volta trovasi così chiamata in una lettera di Giovanni VIII papa a Lodovico il Pio, nell'874. Del resto il nome dell'isola Pomposiana, tutto romano, consuonando agli altri dei luoghi circostanti, potrebbe distruggere la provenienza spagnuola da me supposta. La chiesa parrocchiale della Pomposa e la Collegiata ex ducale di tal nome ha per titolare la Vergine, e di essa, come titolare, ha sempre celebrata la festa il dì 8 settembre d'ogni anno ricorrendone la natività. Da “Modena descritta da Francesco Sossaj” 1841. 23. CONTRADA GANACETO. Incomincia sul Corso di Via Emilia, e va ad imboccarsi colla Strada delle Stimate. 8. STRADA DELLE STIMATE. Ha principio nell'ultimo quadrivio di Terra nuova, piegando a destra, e conduce alle mura. - Fabbrica dei Tabacchi. Entro i locali del già Convento dei Cappuccini è collocata la fabbrica dei Tabacchi privativa della R. D. Finanza, in appalto alla Dita Bernasconi e Fumagalli. - Chiesa delle Stimate ora ufficiata dai Padri Cappuccini. Nell'Altare grande ove ci conserva 1'Ostia consacrata, vi ha un'Ancona rappresentante il Salvatore crocefisso, al basso l'Addolorata, la Maddalena e S. Giovanni, copia di Pietro Gessi dall'originale di Guido Reni, esistente nella Chiesa dei Cappuccini in Bologna. Fuori della Cappella dalla parte del Vangelo vi è un piccolo quadro coll'immagine di S. Veronica Giuliani dipinta ultimamente dal Conte Paolo Abbati Marescotti modenese, egregio dilettante non meno in pittura, che nelle belle lettere massime nella tragica poesia. Altare I. Alla destra del maggiore. Beata Vergine col Bambino e nel piano S. Fedele da Sigmaringa, S. Giuseppe da Leonessa e il B. Serafino da Monte Granaro di Girolamo Vannulli modenese. Fra questo ed il seguente Altare, si conserva il Presepio basso rilievo di creta entro nicchia serrata a muro. 2. La statua della Vergine Immacolata con alcuni Angeli e Serafini che le fanno corona, lavorata in istucco dalli fratelli Ballanti detti Graziani di Faenza. 3. S. Antonio da Padova di Gio. Battista Levizzani detto il rosso. 4. S. Francesco d'Assisi di Francesco Madonnina modenese. Nel muro di rimpetto agli Altari un Crocefisso in rilievo, nei lati il riposo in Egitto, di Francesco Pagani modenese; vi è stato aggiunto S. Luigi. Felice Cappuccino, opera divota. Lateralmente alla porta, il martirio di S. Fedele del Pagani; e S. Giuseppe da Leonessa di Frate Stefano da Carpi. - Convento dei Padri Cappuccini. Nell'anno 1565 il Cardinale Giovanni Morone in allora Vescovo di Modena chiamò i Padri Cappuccini alloggiandoli nel suo Palazzo Vescovile poscia nel 1570 li passò a S. Faustino fuori Porta S. Francesco ai quali fu ceduta la Chiesa ora Parrocchiale dal Sacerdote D. Antonio Capelli per cui il 10 Marzo di detto anno ne presero possesso e 1'uffiziarono fino al 1576 quando a spese di alcuni buoni cittadini fu edificata la suddetta Chiesa delle Sacre Stimate non che fabbricato il Convento sopra di un'area di terreno spontaneamente ceduto tre anni prima da certo Lodovico Castaldi. Essendo poi stato nel 20 Marzo 1783 soppresso il Convento, la Chiesa unitamente ad una piccola porzione del Convento stesso fu assegnata alla Confraternita delle Stimate ora in S. Rocco. Il pietossimo Francesco IV volendo procurare un maggior vantaggio spirituale agli ammalati nel 1833 alli 12 Gennajo stabilì che i Padri Cappuccini fossero chiamati in questo Spedale alla cura degli infermi al qual uffizio vennero destinati i Padri Prospero da Reggio e Felice da Cavriago. Finalmente con altro moto proprio delli 17 Febbrajo 1834 il lodato Sovrano assegnò 1'attuale Chiesa e Convento affidando il tutto per la sistemazione al Prof. Vandelli e corredando inoltre il locale non che la Chiesa a spese del suo R. Erario, e nel 3 Ottobre anno medesimo gli anzidetti Padri in numero di sette Sacerdoti compresi i su enunciati due Ospitalieri e cinque Laici furono lieti di abitare quella Casa che per tanti anni servì di pacifico e religioso asilo a molti loro compagni. 15. VIA DELLA CERCA. Dal Piazzale di S. Agostino, sbocca in Ganaceto. Il Piazzale di S. Agostino lo Spedale ecc. appartengono ai Rioni IV e VI. - Convento del Fate-bene Fratelli. Il locale ove una volta era l'uffizio degli Esposti nello scorso anno fu ridotto a spese del R. Erario per cura del Governo, ad uso di Convento per una Casa religiosa comunemente detta dei fate-bene fratelli, sotto 1'invocazione di S. Giovanni di Dio, che per ordine del piissimo Sovrano Regnante e previe le opportune Ecclesiastiche sanzioni , nel Settembre 1840 vennero ad abitarlo. Ai medesimi è affidata la direzione ed amministrazione dell'Ospitale civile degli Uomini e di quello dei Cronici non esclusa la Farmacia, come pure 1'ufficiatura della Chiesa del Santissimo Crocefisso la di cui Compagnia quanto prima passerà nella Chiesa del Paradiso, in forza dell'ottenuto Sovrano beneplacito. - Chiesa, e Confraternita del Crocefisso. Detta volgarmente dei Cristini, fabbricata dai Confratelli di S. Pietro martire nel 1668 , ora appartenente alla Congregazione delle Opere pie, uffiziata dai Fate-bene Fratelli. Altare I. Sopra padiglione in piccolo ovato, la Madonna venerata sotto il titolo della Pietà da una pia Unione. 2. Altare maggiore in cui si serba il Sacramento. In coro, un Crocefisso di stucco, e nel fondo la prospettiva di Gerusalemme dipinta dall'Ab. Ferrari paesista modenese. 3. S. Geminiano, S. Pietro martire, S. Anna, S. Liberata, e nel mezzo la Beata Vergine, divoto lavoro del muto Agazzani modenese. Sotto, S. Giovanni Nepomuceno in ovato. Anche di questo Santo trovasi canonicamente qui eretta una particolare Unione. Andrea Fedeli Ferrarese è il fabbricatore dell'Organo. Nella Sagristia si conservano due pitture in pietra sulla crocifissione di Cristo, segate dal muro dell'antico claustro di S. Francesco, le stesse che diedero origine a questa Confraternita del Cro-cefisso per divozione di alcuni operaj che ivi si radunavano ad orare, fin dall'anno 1787. Vennero poi ad uffiziare nella Chiesa dello Spedale in Maggio 1790, e dopo sei anni potè formarsi canonicamente una Confraternita numerosa quale si mantiene di presente. Nell'andito alla Sagristia esiste una piccola Cappella riservata per la Messa quotidiana, e le altre pratiche di Religione a commodo delle Persone degenti nella Casa degli Esposti. In confine della Chiesa si erge il Convitto Medico Sezione della R. Università degli studj. È stato costruito nelle fabbriche di quattro case contigue comprate dal Ministero di pubblica istruzione , che a tale uso le fece ridurre dal'Ing. Vincenzo Martinelli, e venne aperto solennemente il 12 Dicembre 1822. Gli Studenti in medicina e chirurgia nei mesi delle scuole raccolti nel Convitto a dozzina portano alla sinistra dell'abito una medaglia d'argento raccomandata ad una fettuccia bianco-celeste con la cifra F. IV, e nel rovescio il motto Convitto-Medico. S. A. R. il sapientissimo Francesco IV, che per le scienze tante cose provvide con mirabile accorgimento e munificenza, alle diverse parti della profession salutare rivolse con particolare attenzione le umanissime sue cure, col mandare all'Estero alcuni dell'arte medica e chirurgica, parecchi de' quali, allievi di questo Stabilimento, scelti fra i giovani, che per talento, buona disposizione e commendevole condotta giudicati vennero meritevoli del di Lui grazioso favore, onde poter perfezionarsi in pratica presso valenti Professori nelle principali Città. Dal sito del Convitto, sino al confine del Palazzo Giacobazzi, sporgevano fabbricati irregolari con portici, uno dall'altro del pari differenti, tanto in altezza come in larghezza. L'anno 1823 fu data mano alla sistemazione di tutto questo sinistro lato della Via , ed a poco a poco in seguito condotta quale ora si vede. E sebbene compita non sia 1'opera in tutta 1'estensione, abbastanza si discerne il buon effetto della riforma nell'architettura, non che la comodità dell'allargato piano stradale, e più di tutto, ne è risultato moltissimo vantaggio alla salubrità dell'abitato. Anche i possidenti nel lato destro di contro al Convento dei Fate-bene Fratelli hanno concorso dal canto loro per la maggiore utilità degli altrui lavori, con affrettare il coprimento dei tronchi del Canale che si vedevano scorrere nelle loro fronti. - Cappella Moreni. Tornando alla sinistra della Via, verso la sua estremità nella linea della Casa contigua al ridetto Palazzo Giacobazzi sta aperta di giorno una Cappella in cui si venera 1'Immagine della Concezione di M. V. postavi 1'anno 1828. Fu costruita dalla Contessa Margherita Moreni circa 1'anno 1755, ma rivolta in prospetto sotto il portico ora demolito. 31. VIA DE' CAVALLERINI. Parte da Maraldo, e viene a sboccare nel fine della Contrada de' Monti. - Chiesa di S. Rocco e Confraternita delle Stimate. In epoca non ben precisa venne eretta questa Chiesa. Solo si conosce che dal 1534 al 1785 fu uffiziata dalla Confraternita che ne porta il nome oggi residente nella Chiesa di S. Francesco. Ridotto poscia il locale a Teatro venale , indi nel 1821 a Teatro Filodrammatico, a tal uso servì, fino al 1835 allorché il Cholera morbus serpeggiando nelle nostre vicinanze, alcuni fedeli mossi da vero spirito di Religione, pensarono di riaprire la Chiesa, al qual uopo fu stabilita una colletta di offerte spontanee per le spese necessarie al ristauro, destinando ad Architetto il Prof. Vandelli il quale per dare una più bella forma alla Chiesa, volle aprirne la porta d'ingresso su di questa Contrada ove prima riguardava la Cappella maggiore dell'antica Chiesa. L'esecuzione del lavoro fu affidata al Capomastro muratore Giacomo Rinaldi di questa Città, Anche S. A. R. il religiosissimo Sovrano concorrer volle a sì lodevole opera acquistando col proprio tesoro dal Ministero di Pubblica Economia il fondo, e donandolo alla Confraternita delle Sacre Stimate, che venne ad ufficiarla nel giorno 15 dello scorso Agosto, epoca della sua riapertura. 1. Altare alla destra di chi entra B. V. Immacolata di Paolo Mani modenese. 2. Altare maggiore destinato pel Santissimo Sacramento. S. Rocco, S. Francesco e la Beata Vergine. Quadro di Luigi Manzini. La soffitta è stata pitturata da Carnillo Crespolani. 3. S. Antonio di Padova, di Carlo Loraghi modenese. Dello stesso Manzini sono i due quadri nei fianchi rappresentanti S. Fedele da Sigmaringa e S. Chiara, come pure gli altri due lateralmente alla porta cioè S. Felice Cappuccino e S. Veronica. Le Statue dei Santi Omobono e Sebastiano poste nelle nicchie della facciata esterna sono lavorate in cotto da Luigi Righi. Giova qui 1'osservare che tutti gl'indicati soggetti scelti alla riduzione ed abbellimento della Chiesa, guidati da religioso e patrio zelo hanno prestato 1'opera ed assistenza loro gratuita con indescrivibile premura. - Confraternita delle Sacre Stimate. Essa in Modena conosce il suo principio dal favore del Duca Cesare e la sua fondazione dal Cav. D. Ercole Fontana. Approvata dal Papa ed aggregata all'Arciconfraternita di Roma il 3 Maggio dell'anno 1606 prese ad uffiziare il suo Oratorio situato nel Canal Grande, al quale contiguo era un fabbricato ove ricovrava i Pellegrini. Nel 1782 passò nella Chiesa dei Cappuccini. Vi fu soppressa come le altre Confraternite nel 1798. Si rianimò 1'anno 1799 successivo e riaprì la Chiesa. Nel 26 Maggio 1807 un decreto aboliva di nuovo le Confraternite, esclusa la sola del Sacramento, e permetteva anzi che sotto tale denominazione una Confraternita esister potesse in ciascuna Parrocchia. Il Vescovo Tiburzio Cortese trasse religioso partito da siffatta estensione, e condusse le Pastorali sue sollecitudini a tanto che tutte conservò le Confraternite, col farle considerare come altrettante Sezioni di una sola e sotto uno Stendardo solo presso il Parroco al di cui circondario ognuna apparteneva. In conseguenza di che questa delle Stimate adottata la Cappa bianca e preso lo Stemma del Sacramento della Parrocchia di S. Domenico , non tralasciò più 1'uffiziatura della sua Chiesa. Venuta poi 1'epoca faustissima del 1814 la Sovrana Autorità di Francesco IV e la Ecclesiastica Podestà di Tiburzio prestamente invocate dalla devozione dei componenti le riformate Confraternite, decretarono il ristabilimento di esse una dopo l'altra di mano in mano che rassegnata ne veniva regolare domanda ed in pochi mesi ognuna fu restituita all'originaria sua istituzione. - Terziarie Domenicane. Al civico N. 68, mercé le sollecitudini ed il dispendio del fu Padre Montanari, ajutato dalla Sovrana munificenza, è attualmente ristabilito l'antico Collegio delle Terziarie Domenicane. Convivono senza clausura, propriamente sotto le regole e discipline originarie dell'Istituto, dirette dai PP. Domenicani come praticavano prima del 1798, ed in conseguenza sono dedicate anche adesso all'ammaestramento di fanciulle civili concorrenti alle loro scuole in buon numero. 17. CONTRADA MARALDO. Parte dall'Emilia rimpetto al Piazzale Erri, e sbocca in Ganaceto. Sistemata, specialmente nei fabbricati che sono in prospetto al Piazzale della Pomposa, l'anno 1828. - Fabbrica di Vetri. Nel locale altre volte Chiesa dell'Annunziata, alla sinistra, è costruita da molto tempo una Fabbrica di Vetri in oggi spettante a Gio. Battista Golfieri. 21. PIAZZALE DELLA POMPOSA ( ovvero della Chiesa di S. Sebastiano. ) - Chiesa e Confraternita di S. Sebastiano. Alla destra entrando, una piccola Cappella con l'Immagine di Maria Vergine col Bambino, S. Gregorio e S. Contardo. Vien detta la Madonna di strada perché dalla strada fu compresa in Chiesa nella medesima situazione l'anno 1819. 1. Altare. La B. Vergine e Gesù, S. Rosa, S. Giuseppe, S. Antonio di Padova, e S. Gaetano, del Vellani. Sotto la B. Maria Bartolomea Bagnesi di certo Petri fiorentino. 2. Piccola immagine della Vergine denominata la Madonna della Scala che un tempo veneravasi nel Chiostro delle Monache di S. Paolo. Questo quadretto è posto nel mezzo di una tela in cui trovansi dipinti S. Luigi e S. Lucia. Unione della Madonna della Scala. Qualche tempo dopo la soppressione del Monastero di S. Paolo si formò la pia Unione della Madonna della Scala eretta poi canonicamente in questa Chiesa il 24 Maggio 1825, ed aggregata all'Arciconfraternita del Gonfalone in Roma con documento 31 Dicembre stesso anno. 3. Altare maggiore nel quale si mantiene il Santissimo Sacramento. Quadro rappresentante li Santi Sebastiano Geminiano, e Rocco, e nella gloria la B. V. col Bambino: copia per ordine di Alfonso III eseguita dal pittore francese Boulauger dall'originale dipinto per la Confraternita di S. Sebastiano dal Correggio, quale dopo essere stato trasportato nella Galleria Estense, passò con altri capi lavori di quell'inimitato pennello a Dresda. 4. Altare detto del Suffragio. Tela dipinta per la Compagnia del Suffragio, da Bernardo Cervi modenese. Unione del Suffragio. Una fraternità intenta al soccorso delle anime purganti promossa dalla Principessa Elisabetta di Savoja d'Este sussiste anche presentemente unita alla Confraternita di S. Sebastiano presso la quale fu istituita nel 1621 dal Sommo Pontefice Gregorio XV, corredandola di molte indulgenze e singolarissimi privilegi, in forza dei quali per un tempo la Unione si mantenne fioritissima ed in oggi comunque priva di beni i Confratelli di S. Sebastiano la faranno risorgere a vantaggio dei fedeli, al quale lodevolissimo scopo hanno dessi rivolta ogni premura. 5. Crocefisso di rilievo. Altra Cappelletta nella quale fu trasportata dalla pubblica via del Catecumeno un'Immagine di Maria in atto di adorare il suo Figliuolo. I quadri sottoposti alle tribune indicanti alcuni tratti della vita di S. Sebastiano, alquanto mutilati per adattarli al luogo, si attribuiscono a Bernardo Cervi ed al Vellani. L'Organo fu costrutto da Filippo Fedeli Ferrarese. Questa Chiesa era la Parrocchiale della soppressa Prevostura di S. Maria Pomposa di gius Patronato della Casa d'Este. Il celeberrimo Muratori ne fu Prevosto parecchi anni, ed a proprie spese la ridusse a quell'elegante Architettura quale ora ammirasi, e come ci ricava dalla lapide collocata sulla Porta maggiore. Nell'annessa Canonica indicasi la camera tuttora intatta di residenza di quell'insigne letterato. - Confraternita di S. Sebastiano. Cominciò nel 1501 per la circostanza che nel giorno 20 Gennajo, dedicato alle glorie del Santo, cessò il contagio che affliggeva la Città di Modena. Il Prete Evangelista Teutonico e quattordici suoi Compagni, furono i primi fondatori ai quali fu conceduto un luogo annesso alla Parrocchiale di S. Marco, finché fabbricassero del proprio un Oratorio sotto il titolo di S. Sebastiano. Il primo Aprile 1762 dovette traslocarsi in S. Rosa, poi nel 1774 in S. Francesco, donde si trasferì in questa Chiesa il 26 Novembre 1794 dopo di averla fatta ristaurare con riflessibile dispendio. E per riacquistarne la proprietà dopo lo spoglio sofferto nel 1798, le ha molto giovato la pietosa liberalità del Confratello Marchese Pietro Taccoli e della di lui Sposa Contessa Carlotta Munarini, i quali oltre di avere liberata del proprio la Confraternita da un arretratto sensibile di canoni a favore dell'Opera pia, applicarono cori Beneplacito Pontifìcio, alla stessa un benefizio. RECENSIONE Mercoledì 1 Ottobre sono andato da Ermes per l'ennesima volta, e per l'ennesima volta di mercoledì, la giornata della cotoletta. Eravamo in otto, tutti colleghi e assai affamati. Salto di proposito la descrizione del locale perché già abbondantemente descritto. Se volete la descrizione esatta vedrò di recarmi in loco con macchina fotografica, et voilà…. Ero passato il giorno prima per avvertire Ermes che sarei andato il giorno dopo verso le 13.30, così, a mo' di raccomandazione…. All'ora stabilita siamo già tutti lì. Fuori almeno 15 avventori aspettano in piedi che si liberi un buco, per fortuna è una bella giornata. Entro e lui mi dice “Vai!”. Il nostro tavolo era già lì pronto appena dentro a sinistra. Effettivamente trattamento di favore…..e vorrei vedere, dopo tutti questi anni…. Ma nell'arco di 10 minuti anche quelli che sono fuori li rivedo lì d'intorno seduti. Tra un “gabian” e qualche scappellotto arrivano 4 bocce di lambro. Tassativamente Messori qualità super. Lo conosco bene questo vino, lo prende da una vita anche mio padre, mi ha svezzato con quello della Cantina Sociale di Sorbara, poi siamo passati a questo, che non è esagerato, ma si beve in tutta tranquillità….. ne puoi bere più del solito e non te ne accorgi…… ottimo se devi poi guidare. Appena arrivano i piatti col salame e i ciccioli le 4 bocce sono già secche, altre quattro che secchiamo con l'antipasto. E fanno 8, siamo in media perfetta, ancora una e la media giusta è raggiunta. Nel frattempo abbiamo ordinato quattro passatelli in brodo, due gramigne con la salsiccia e due tagliatelle col ragù, che arrivano prontamente con altre due bocce. Sorvoliamo sulle paste asciutte, io ho preso i passatelli………………………………. FENOMENALI. Piccoli e sottili, la Bruna deve avere usato non il classico schiacciapatate con i fori da passatelli, ma quello con i fori piccoli da purè. Beh, mondiali…..e poi il brodo, bello saporito e giallo, povero cappone che brutta fine. Bel piatto pieno, è andato giù come non mai e ci ha aperto i boccaporti dello stomaco. Alla fine noi quattro passatellai abbiamo divorato di più rispetto ai pastai. Ermes passa di persona a prendere i piatti, lancia uno sberlone a quello al mio fianco perché ha lasciato lì un niente di ragù, obbligandolo quasi a leccare il piatto, e ci dice che c'è una sorpresa per noi….. Intanto arrivano altre quattro bottiglie, azzo che sete oggi…. Mentre ci chiediamo cosa sarà la sorpresa, il suo umile servitore ci allunga tre piattini di salsina verde con carote, e subito dopo arriva Ermes con tre piatti enormi di “ossa”. Le avete mai mangiate le ossa??? Come diceva in questi giorni Rolando che non sei modenese se….. Beh, non sei modenese se non hai mai mangiato “i oss” !!!!! A me è già capitato qui di mangiarle, ma solo qui, mai da nessun'altra parte. Le ossa sono un vero piatto tipico dei poveri modenesi. Non c'è molto da mangiare, ma molto da succhiare. E succhiando succhiando se ne vanno due bocce di vino, ne restano due. Il pane è già finito da un pezzo, non mi resta che usare un dito per fare la scarpetta alla salsina. Quando abbiamo pulito il tavolo Ermes si affaccia alla sala e con il suo bel faccione sorridente (lui gode se gli altri apprezzano il suo cibo) ci chiede quante cotolette deve mettere su: “16?”. E noi, per non esagerare optiamo per 12. cinque minuti di attesa e via anche le altre due bocce. Arrivano le cotolette, nessuno chiede da bere tanto è indaffarato a mangiare, ma due bottiglie vengono allungate da una mano benevola. Io la cotoletta la irroro sempre di aceto, quello che trovo, adoro il suo sapore asprigno. Tutte belle calde, fumanti e con la pancia. Non so come fa la Bruna, ma le la sua impanatura dal lato superiore si gonfia e la carne risulta più morbida, qualche megera locale mi ha suggerito che forse le passa anche nel latte, io intanto non ci provo a farle, se le voglio le vengo a mangiare qui, finché posso. Finite le 12 ci allunga un'altro piatto con cotolette tagliate a pezzi e ci dice che aveva ragione lui….erano le altre quattro. Siamo quasi satolli, gli occhi stanno uscendo dalle orbite, il vino è quasi finito, improvvisamente un piatto appare davanti a me, una cotoletta enorme, dietro Ermes che sogghigna e mi dice: ”Gabian, magnla totta!”. Un ordine, impossibile rifiutarsi. Per fortuna sono un pozzo senza fondo e con un po' di flemma me la spaviro tranquillamente sotto gli occhi esterrefatti dei miei amici. Non faccio a tempo a bere un goccetto che si materializza sul tavolo un enorme bensone tagliato a fette che urlava “PUCCIAMI”. Credo sia durato 5 minuti. Caffè di rito, grappa e liquori vari con bocce sul tavolo. Il locale è oramai deserto, ci siamo solo noi e, nel tavolo al nostro fianco, Ermes e la Bruna che si apprestano a pranzare…..sono quasi le 16.30. Complimenti RICAPITOLIAMO 8 coperti 2 bottiglie d'acqua, una gas e una nogas 16 boccie di lambro Poi il cibo tutto tassativamente abbondante: 2 antipasti 2 gramigne 2 tagliatelle 4 passatelli in brodo 3 piatti di ossa (sorpresa) 3 piatti di salsina (sorpresa) 16 cotolette 1 cotoletta enorme 1 bensone da Oscar Ricchi premi e cotillon 3 ore a tavola Il tutto per 200 €, cioè 25 € a panza. 5 cappelli. 52008-10-10 00:00:002008-10-10 00:00:0025.001
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