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Recensione su , scritta da grog il 2009-06-06

Molto spesso le uscite a pranzo non si programmano, sono così che spesso nascono i pranzi migliori. Sabato mattina fuggiamo da casa, rotta Castefranco Emilia, a ritirare dei calzoni, quando trovo un negozio che ha le mie taglie, faccio scorta, sono troppo smilzo per trovare i vestiti……    E poi mettiamoci anche che la mia gentile signora, dopo di me si è innamorata anche dell'ultima GrogCar, con la quale a suo dire è un piacere essere scarrozzati, per cui da Castello si parte per uno dei soliti giretti per la provincia modenese. San Cesario, Spilamberto e…..andiamo a mangiare gnocco e tigelle, mi propone? Detto fatto. E dove? È presto, dico. Allora andiamo in là e vediamo se ce n'è qualcuno aperto…..sapete, sotto elezioni, con le previsioni che hanno dato brutto tutto il weekend, magari fanno festa o sono pieni imballati…. Tutto questo girovagare mi fa venire in mente una poesia di Guido Veròli, in dialetto modenese: Da "La panarèina", Gruppo Dialettale "La Trivèla", Modena, 1984 In provincia Am piès andèr in gir cun la mée spósa (l'è lée ch'la guida l'automobilèina) per la nostra Provincia ch'l'è famósa in campagna, in muntagna ed in culèina. A gh'è i paes ch'i pèren zitadèini e el zitadèini quesi una zitèe: tant i palaz, el cà e del viltèini indove fin a iér a s'è semnèe. Ed tant ed chi bée post, 'na panoramica a fagh ed quàll ch'a iò truvèe tant bèl, da Sasól, capitèl ed la ceramica, al Finèl, da Mirandla a Maranèl. A Maranèl per via della Ferrari dal cavalèin, ch'l'è sèimper pió rampant, che in tótti el pésti e i circuiti vari la fa sèimper del córsi entusiasmant. Stupànda Vgnóla cun un bèl castèl cgnusuda per el zrési ed i duròun, bellissim al santuari ed Puianèl e, come sèimp'r, accoglièint Seramazòun. Grandiósa Chèrp che per la maglieria l'è rinomèda in dal mànd intér perchè i Carpsan cun èrt e fantasia i àn dimostrèe ed fères bèin valér. Quindi, av cunséli, andèe per la provincia, guardèe tótt quàl ch'a gh'è ed meravigliós e préma che al ritór'n al s'incumincia d'éser Mudnés av sintirì orgogliós. Traduzione Mi piace andare in giro con la mia sposa (è lei che guida l'automobilina) per la nostra provincia che è famosa in campagna, in montagna e in collina. Ci sono dei paesi che sembrano cittadine e le cittadine quasi una città: tanti i palazzi, le case e le villettine dove fino a ieri si è seminato. E tanti bei posti, una panoramica faccio di quelli che ho trovato più belli, da Sassuolo, capitale della ceramica, a Finale, da Mirandola a Maranello. A MAranello per via della Ferrari del cavallino, che è sempre più rampante, che in tutte le piste e i circuiti vari fa sempre delle corse entusiasmanti. Stupenda Vignola con un bel castello conosciuta per le ciliegie e i duroni, bellissimo il santuario di Puianello e, come sempre, accogliente Serramazzoni. Grandiosa Carpi che per la maglieria è rinomata nel mondo intero perchè i Carpigiani con arte e fantasia hanno dimostrato di farsi ben valere. Quindi, vi consiglio, andate per la provincia, guardate tutto quello che c'è di meraviglioso e prima che si inizi a ritornare a casa vi sentirete orgogliosi di essere Modenesi. Anche se nella realtà l'automobile la guido io. Proseguiamo. Quindi Spilamberto, Cà di Sola, Castelvetro, facciamo un giro su e giù il castello ma nessun locale mi ispira, continuiamo e prendiamo il lungo Guerro…..Levizzano…… Liberamente tratto da “Castelli Modenesi della Pianura” di S.Bellei e E.Rovatti, Collezioni Modenesi. “…..Il toponimo ha origini latine derivando quasi certamente da "Laevicius", che doveva essere il nome del proprietario di un podere qui ubicato detto "Laevicianus". Questo ci fa ritenere che il luogo fosse abitato già in epoca romana. Pur considerando i reperti archeologici della zona si può affermare che… ….qui vi fosse un insediamento etrusco. Il primo documento dove appare il nome di Levizzano appartiene all'Abbazia di Nonantola e risale all'890….” Arrivo, sono da poco passate le undici. Mi infilo giù per via Cavedoni e mi fermo davanti all'Osteria del Garò. C'è fuori un ragazzotto e gli chiedo se sono aperti. Alla risposta positiva dico che fra un'oretta ritorno, prima mi faccio un giro attorno al Castello. Salgo su per la stradina che porta a questo bel castello, vecchio e poco diroccato, anzi, direi ben conservato. Svetta imponente sulle teste dei levizzanesi, come per dire: “vi proteggo io!”. Saliamo ed arriviamo dentro al cortile ghiaiato. Tutte porte chuse. La torre merlata al centro del cortile, sulla porta d'ingresso una targa: Enoteca Comunale. Ma vah….non sarà micca dove si riunisce il Consiglio Comunale per decidere le sorti del paese, se così fosse mi candiderei volentieri come consigliere comunale qui…..sai che spasso, durante le riunioni invece della classica mezza minerale, ogni volta una boccia di lambro differente……ora capisco perché Corpicino è così esperto di Lambrusco……    Mi aggiro nel cortile per far passare l'oretta, mi godo il panorama e la brezza fresca che mi investe, nonostante il sole caldo e le previsioni come sempre non azzeccate…..volevo andare al mare ma sono rimasto a casa perché hanno detto che sarebbe piovuto per tutto il week-end……ma dove? Mi avvicino ad una delle porte del caseggiato principale, l'unica che ha un campanello, caseggiato conservato perfettamente, con belle imposte grigie quasi nuove. Ingresso cucina. Ingresso cucina????? Cucina di che???? Sta a vedere che qui c'è un ristorante che apre solo per cerimonie e affini….scoprirò dopo che il ristorante c'era e che, come l'enoteca, deve essere restaurato. A tutt'oggi il castello è abbandonato al suo secolare destino. Liberamente tratto da “Castelli Modenesi della Pianura” di S.Bellei e E.Rovatti, Collezioni Modenesi. ……Probabilmente, si tratta di un sito fortificato che ne raccorda altri, eretti per far trovare riparo alle popolazioni della zona dalle scorribande degli Ungari. Questa località, situata su un colle nell'ansa laterale del torrente Nizzola, è ancora citata in altri documenti del 996, del 1001 e del 1026, a proposito delle cappelle dei Santissimi Antonino e Adalberto e di San Michele che, unitamente al castello e alle case racchiuse nel recinto delle mura, nel 1038 il Vescovo Viberto cedette in enfiteusi al marchese Bonifacio di Toscana (n.d.s. Padre della Contessa Matilde )….. …..Si può supporre che, in origine, Levizzano fosse un luogo fortificato di modeste dimensioni, più che altro una torre di vedetta che, via via, andò ingrandendosi, fino a diventare un borgo recintato da mura ai piedi di un castello. Borgo e castello appartenevano alla facoltosa famiglia dei Levizzani (o Da Levizzano), che li aveva ricevuti in feudo dalla Chiesa modenese. Originari del luogo, ma con notevoli proprietà immobiliari a Modena, diedero il nome a una strada del capoluogo che ancor oggi conserva il titolo di via Levizzani. Nel 1286, le milizie dei Boschetti, di stretta osservanza guelfa, posero l'assedio alla rocca occupata dai Da Savignano, guelfi dissidenti. L'assedio, nel 1337, naufragò in una precipitosa ritirata determinata dall'arrivo da Parma di notevoli forze giunte in aiuto ai Da Savignano. Il castello fu poi dei Bonaccolsi e ancora dei Da Levizzano, fino a quando, nel 1342, fu venduto, per la somma di lire 50 modenesi, a Guglielmo e Gherardo Rangone. Questa potente famiglia di feudatari, all'epoca già titolari del marchesato di Castelvetro, aggiunse il proprio casato al nome del paese, che divenne così Levizzano Rangone. Tale denominazione, rimasta anche dopo il 1796 e la soppressione dei feudi conseguente alle riforme introdotte dalla Rivoluzione francese, è tuttora esistente. Col terremoto del 1501, il castello subì gravi danni che si accompagnarono a quelli causati dall'ingiuria del tempo. Nonostante rimaneggiamenti interni effettuati dai Rangoni per trasformare la cinta fortificata in un vero e proprio castello, si può dire che la rocca, grazie a restauri successivi, sia rimasta quella che era in passato, dominata dalla altissima torre detta di Matilde. Questa, nel XVII secolo, fu oggetto di lavori di restauro. In seguito, fu trasformata in torre campanaria circa nello stesso periodo in cui venne rifatta la chiesa situata all'interno del castello. L'ala sud-ovest del castello venne consolidata verso la fine dell'Ottocento. In quest'occasione fu rifatta la copertura del loggiato al primo piano. Nella prima metà del secolo scorso, tuttavia, a causa della sua precaria stabilità, buona parte dell'ala Nord dovette essere demolita…. …..Nei sotterranei, nel luglio del 1979, venne inaugurata la Casa dei Lambruschi, una ricca enoteca dove si trovano sale per mostre e degustazione dei vini tipici locali, soprattutto il Lambrusco Grasparossa. Accanto alla torre, si trova il monumento marmoreo a Celestino Cavedoni, opera dello scultore Giuseppe Obici. Attualmente, ciò che resta dell'antico castello di Levizzano, la cui natura di borgo fortificato si coglie ugualmente arrivando da Castelvetro, sono la torre munita di barbacani e merlature, i resti della possente cinta muraria con la porta d'ingresso e l'ex chiesa di Sant'Antonino, di antica origine romana ma attualmente di dimesso aspetto seicentesco…..” Esco e scendo “a valle”. Mancano ancora una ventina di minuti, mi appropinquo quindi ad un muraglione che delimita un'area porticata, tipo chiostro, con al centro una chiesetta. Fuori c'è una targa consunta dal sole e dalle intemperie, grigiastra, sulla quale vi sono incisioni che spiegano questo luogo: Campo di S.Rocco ( già Cimitero Napoleonico), più in basso gli ultimi versi dal 5 Maggio del Manzoni: “….Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò.” Ancora più in basso anche una citazione di Napoleone Buonaparte: “Ci vuole più carattere nell'amministrare che nel fare la guerra….” Inaugurato il 26 Luglio 2003 Entriamo, il cancello è aperto. Dentro il chiostro le volte del porticato sono bassissime, anche mia moglie si sente un gigante, madonna se era basso Napoleone….. un nano…..un “piccolo grande uomo”. Davanti una chiesina piccina, sbircio dentro attraverso un finestrino, vedo un altare, qualche banco. Sul fondo, a sinistra, una lapide con incisi dei nomi, i caduti di Levizzano della Seconda Guerra Mondiale. Dietro alla chiesetta un “cortile” a prato delimitato da detto portico. Usciamo e ci avviciniamo alla nostra meta mangereccia: Osteria del Garò. Mia moglie con fare saccente mi chiede se so cos'è il garò, rispondo di no e lei mi deride per la mia ignoranza. A casa poi prendo i miei vocabolari e scopro che non ero poi così tanto ignorante. Lo conoscevo come garóll. Simile, ma pronuncia diversa e stesso significato. Garò dal E.Maranesi del 1893 “Vocabolario Modenese-Italiano”: Garóll d' nósa, plur. Garó ( dal greco carios = noce, per una forma diminutiva sincopata) - n. Polpa. Ciascuna delle quattro parti componenti la polpa chiamasi Spicchio di noce. Cica dicesi quella pellicina giallognola che investe tutto il seme. - Gheriglio non è dell' uso. §. Fèr i garó - Sgusciar le noci. Garù - v. Garóll Dal E.Meschieri del 1932 “Nuovo Vocabolario Mirandolese-Italiano”: Garù (d'la nós). s. Pólpa della noce. L'intiera noce spogliata del Mallo e del Guscio. Gherìglio non è voce dell'uso toscano. Spìcchio di noce. Una delle parti componenti la polpa. - Far i garù: Sgusciar le noci. - Garù d'la langoria: Grùmolo del cocomero. La parte di mezzo, senza semi, che spesso i cocomerai staccano, per venderla da sè, in forma di cannello o cilindro. - Garù d'l'articiòcch: Girello del carciòfo. - E Grumolo dicesi anche la parte centrale, più tenera e migliore del cavolo, della lattuga, del sedano, ecc. - Far ùndas nós e vintadù garù. M. prov. Farsi canzonare. Presumere molto e non riuscire a nulla di bene. Dal A.Neri del 1973 “Vocabolario del dialetto modenese”: garò, garóll, gheriglio garù, v. garò Dal S.Bellei del 1999 “A m'arcòrd. Dizionario Enciclopedico Del Dialetto Modenese”: Garóll, garò - s. m..Gheriglio, nucleo, la parte centrale di un frutto, la parte migliore di qualcosa.Si dice in particolare del cuore del cocomero.Dalla voce greca "kàrion", noce, derivò il noce, derivò il latino "caryllium". Quand San Dmànegh l'è arivê, al garóll l'è destachê, Quando San Domenico (8 agosto) è arrivato, il gheriglio si è già staccato. Per far venire le 12.10, ci sediamo di fronte all'Osteria, all'ombra di un viale di cipressi sopra una vecchia panchina di cemento e cominciamo ad osservare la casa. Casa piccina a due piani con sul fianco una stradina occupata quasi inetramente da una veranda pensile con pareti di plastica trasparente. L'ingresso è carino, si salgono due gradini e si è dentro. È ora. Saliamo appunto i gradini e……ma non dovevamo essere dentro?? Siamo dentro, ma l'ingresso è arredato in modo da sembrare una piccolissima corte di un vecchio rudere. Tutto mattoni faccia-vista, la tettoia del bancone sembra la tettoia di un pollaio, con le tegole vere…..simpatico. Ci accoglie un altro giovane, che dopo aver inforcato un grembiulone nero ci fa accomodare, come espressamente richiesto da mia moglie, all'esterno, nella veranda. Altri gradini da salire, veranda su due piani. Gradini ovunque, anche al cesso…..quello dei maschi alla turca, quello delle donne a seduta con maniglie per handicappati……handicappati dell'areonautica, per arrivare lì debbono poter volare…. Non si può comunque fare altrimenti, sono case vecchie e non si possono modificare. Ci sono stanze apparecchiate ovunque, un labirinto sembra, anche ai piani superiori e….scale dappertutto. Alla fine della giornata i camerieri saranno a pezzi…..poveracci. Ci sediamo, tavoli e sedie in plastica da giardino. Sedie comode (marcate Meraviglia), tavoli un po' meno. O forse sono troppo grande e grosso io???? Fatto sta che debbo stare tutto di sghirimbescio, cosa che non mi impedisce di nutrirmi, però. Poi vengono aperte le pareti di plastica, in modo che la brezza si infili ovunque rendendo la nostra permanenza adamantina. Arriva il ragazzo e prende gli ordini. Acqua gassata, denaturata, lambro della casa grasparossa secco, buonissimo, gnocco e tigelle, con un po' di tutto quello che ci si può sgnaccare dentro. Appena arrivano le bocce, ci viene portato un cestino con fette di pane caldo, appena sfornato, e una vaschettina con una salsina bianca. Una cosa indescrivibile………….. una salsina all'aglio. Non maionese, senza uovo, meravigliosa, pane sparito in un attimo. Ho provato a carpire il segreto di quel nettare, ma niente. Ho incontrato solo bocche cucite. Sono riuscito però a farmene regalare un vasetto, che analizzerò con dovizia a casa. Arrivano poi le tigelle. Buone, calde, con poca mollica dentro. E lo gnocco fritto, a losanghe irregolari. Buono anche lui, morbido e non unto. Di companatico c'era il piatto affettati (coppa, prosciutto crudo, pancetta e salame), ciotola pinzimonio (carota, finocchio, sedano, ravanelli e due cipollotti), piatto ciotoline (aglione, stracchino, nutella e marmellata casareccia tipo savór), e l'immancabile formaggiera. Abbiamo cercato di mangiare tutto, ma non ce l'abbiamo fatta. Tutto molto buono, ma troppo, peccato. Salumi finiti, ottimi, il salame poi era speciale. Verdura freschissima, ottime le carote e i cipollotti. Aglione “very good”, stracchino fresco, marmellata veramente eccezionale. Spavirato il tavolo, prima che potessimo ordinare i caffè, arriva piattino dolci. Due cubetti di torta tipo Barozzi e due cubetti di torta all'uovo con pasta di cocco. Io ho dato due morsi, tanto per gradire e sentire. Torta cioccolato-caffè nella norma, torta al cocco fenomenale. Richiesti poi due caffè, uno normale e uno deca……..ignobili. Fine pranzo, satolli. Vado a pagare. 34 eurini in due. Debbo dire ben spesi. Dimenticavo, mentre eravamo lì, sono arrivati altri due avventori, che hanno ordinato dei tortelloni, che all'aspetto erano più che invitanti. Dopo che li hanno mangiati, abbiamo scambiato due chiacchiere, e la coppia ci ha detto che venivano spesso lì per le paste ripiene, perché sono proprio come quelle che si fanno a casa. Beh, la prossima volta mangerò i primi invece che gnocco e tigelle. Complimenti a tutto lo staff per averci allietato cantando a squarciagola, e stonando simpaticamente a più non posso, con alcuni dei nostri più grandi interpreti della canzone italiana, quali Lucio Battisti, Claudio Baglioni, Eros Ramazzotti, Luca Carboni ed altri. La salsina all'aglio che mi sono portato a casa l'ho già finita…..sono una fogna, lo so…..ma credo di aver capito come viene preparata e penso che mi terrò il segreto anch'io, così se volete sentirla, siete costretti ad andare là. Tre cappelli, un po' perchè debbono imparare a fare il caffè, un po' perchè aspetto di assaggiare altre cose per alzare la votazione.....un po' perchè mi sono già abbastanza sprecato per votare per il Sindaco e per l'Europa...... A-v salut magnadôr bóss, arváddres…. 32009-06-07 00:00:002009-06-07 00:00:0017.001
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