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Recensione su , scritta da grog il 2009-08-08

Dunque, vediamo. Onde evitare equivoci e malumori, parto dalla fine. ANTEFATTO Allora, votazione 4 cappelli. All'uscita del Ristorante, salutando Ivan e Davide, mi sono ripromesso di dare 5 cappelli, ma nel viaggio di ritorno a Modena, ripensandoci bene, ho pensato che, come prima volta, potevano bastare 4 cappelli. Voi direte perché 4 e non 5. In fin dei conti ho mangiato divinamente, il solo locale vale da solo il viaggio fin lì, il servizio è stato impeccabile, da Grand Hotel, tutti sono stati di una gentilezza e di una premura al di fuori del normale, non solo con me, ma con tutti gli avventori. La loro forza, oltre a preparare dei piatti prelibati, è trattare il cliente come se fosse un dio, tutto il personale è al servizio completo del cliente…..impressionante, mai vista una dedizione tale con un locale pieno imballato. Eppure non mi sento ancora pronto per i 5 cappelli, non me ne vogliano i due fratelloni, ma i miei 4 sono di monito per migliorarsi ancora di più. Anche se loro sono al top, penso che uno spazio per migliorare ci sia ancora. Dunque, le tre cosucce che mi hanno trattenuto, tre cosucce ripeto, irrilevanti se vogliamo, ma per molti importanti, dicevo dunque, la mancanza di un menù scritto, la mancanza di coltelli a lama liscia e servire i funghi fritti (contorno) prima della portata principale, così che all'arrivo della portata il fritto è freddo. Tutti qui? Mi ha chiesto ema nel pomeriggio. Tutto qui! Ho risposto io. La signora che ci ha servito, una rossa preparatissima, ci ha sciorinato il menù a voce, encomiabile, ma alla fine non ricordavo più cosa c'era all'inizio…….mi sembrava di essere ancora uno studente di Medicina, quando studiavo Anatomia Umana….alla fine dell'ultimo tomo (il 12°) del Testut, il testo su cui avevo studiato, non mi ricordavo più gli argomenti degli altri tomi. Fatto stà che ho ordinato l'unica cosa che avevo a mente….. Magari un menù scritto, che sicuramente hanno, ma che non devo essere io a richiedere, avrebbe risolto l'arcano. Poi il coltello per la carne. Ho ordinato una grigliata mista, ho usato il coltello in dotazione per la salsiccia, nessun problema, ma per il vitello è stato terrificante, la sega, seppur lieve, lo sbriciolava, lo strappava. Ho richiesto un coltello a lama liscia e mi è stato portato un altro coltello a sega, diverso….. come mi era successo al Giardino dei Tigli. Per fortuna questa volta ero attrezzato, da quella precedente esperienza porto sempre con me un temperino con lama Mauser iperaffilata, l'ho estratto ed ho potuto godere della carne propinatami. Infine la questione fritto, io avevo ordinato una porzione di funghi fritti come contorno e una grigliata mista. Hanno portato prima i funghi e, quando i funghi erano diventati freddi ormai, è arrivata la carne. Eppure le patatine fritte vengono portate con la carne contemporaneamente. Ok, se uno mangia solo i funghi è un discorso, ma se mangio tutti e due significa che uno è il complemento dell'altro. Allora, per questi tre motivetti ho tolto un cappello, non per demerito ma per monito. “Chi sbaglia paga….” oppure “Ritenta, sarai più fortunato….”. PREAMBOLO Lunedì scorso mi si accende una lampadina in testa. Siccome dovrei allungare due cartoni di vino a mio suocero che è a Pian della Valle, decido di andare a mangiare a Cà Cerfogli. Nella nuova sede non ci sono ancora stato, io ero andato un tre annetti fa al Monteverde. Ma con chi andarci? Con mia moglie non se ne parla nemmeno, dopo quell'esperienza ha deciso di non andarci più…… con chi allora? Ah……. I miei genitori. Sono a un tiro di schioppo, a godersi il fresco, si fa per dire, in quel di Montecreto…… ottima idea, indago, telefono, organizzo. Kava gentilmente mi trova un tavolo per il sabato successivo, e uno, poi mi accordo per il vino, e due, mi accordo con mio suocero e mia moglie, e tre….terno secco. Parto da Modena il sabato mattina, sbarco mia moglie dai suoi genitori e svuoto la stiva dal vino, riparto verso Montecreto, tappa ad Acquaria al forno a prendere un filone, poi via a prendere i miei, risalpo e riscendo verso Acquaria, mangio al Cà Cerfogli, mi reimbarco e riporto i miei a Montecreto, dietrofront e ritorno a Pian della Valle, carico la mogliettina e faccio rotta per casa mia a Modena…….il gioco è fatto. RECENSIONE Arrivo puntuale alle 12.20. Pacheggio all'ombra, per fortuna, e mi incammino verso il locale. Non mi perderò nella descrizione dettagliata del luogo, già abbondantemente descritta da tutti gli altri prima di me, anche perché non credo che sia cambiato molto in queste settimane…. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------- dal sito: http://www.acquaria-mo.it/15.html La famiglia Cerfogli si dedica alla ristorazione da più di 18 anni: papà Ermanno, mamma Teresa in cucina, Ivan e Davide al servizio ai tavoli. In un bellissimo palazzo del 1600, recentemente ristrutturato, pareti in sasso a vista, colori e legno, camini, fanno di "Cà Cerfogli" un ambiente caldo ed accogliente. Spicca una pura e tradizionale cultura gastronomica montanara dove i veri padroni sono i frutti del bosco e del sottobosco, soprattutto funghi di stagione e tartufi. Tutte le paste sono tirate a mano così come di produzione propria sono i dolci. Una particolare cura ed attenzione alla cantina fornitissima; vasta scelta di etichette pregiate, italiane e straniere, conservate in un ambiente ideale e naturale nelle cantine del vecchio palazzo. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- All'ingresso c'è un tavolino con quattro signori che stanno giocando a carte. Mio padre comincia a scherzare con loro, io nel frattempo entro, noto una bella motocicletta d'epoca nera in un angolo, l'ascensore, una sala buia apparecchiata e una scala. Salgo perché sento delle voci provenire dall'alto. Arrivo su, bancone bar e a sinistra porte a vetri, entro e ….. eccoli lì i due fratelloni, stanno ripassando la tecnica di gioco per la giornata odierna. Mi faccio avanti e mi presento, la prenotazione è col mio vero nome. Ivan, il più smilzo, mi chiede se ho delle preferenze, loro mi hanno sistemato lì, ma volendo potevo ancora andare fuori. Indeciso sto per rispondere ma arrivano i miei, letteralmente estasiati dalla ristrutturazione dei locali, a bocca aperta si aggirano di qua e di là, sembra non credano ai loro occhi, si sentono improvvisamente proiettati in un'epoca passata, il 1600….. Si decide per stare su. Ci accomodiamo, io intanto seguo Ivan e scendo a vedere la cantina………….un mito. Piccola, raccolta, luce fioca, temperatura molto fresca, due stanze, vini pregiati e di più, tante belle bottiglie ben sistemate, da perderci il sonno. Chiedo la possibilità di essere rinchiuso in queste segrete per il resto dei miei giorni, niente da fare, vengo scortato fuori in preda a delirio da astinenza da buon vino…. A TAVOLA Siamo pronti. L'arredamento è in arte povera, tavoli molto ben apparecchiati non molto distanziati, le cameriere tutte sul nastro di partenza pronte a scattare, una dozzina di tavoli e quattro persone di servizio, a questo piano. Arriva la “rossa” e comincia ad elencare il menù. Scegliamo. Crostini con funghi per antipasto, tortellacci alla ricotta con funghi, poi si vedrà. Da bere acqua gas e…..mio padre chiede che Sorbara hanno, la “rossa” va e torna, porta con sé una bottiglia intrigante. Non la conosciamo e ci facciamo tentare, ottima scelta, a conti fatti. ------------------------------------------------------------------------------------------------------- MEDICI ERMETE QUERCIOLI SORBARA LAMBRUSCO DOC SECCO Bottiglia: 0,75 l. fungo Anno vendemmia: 2008 Classificazione: vino rosso frizzante secco a fermentazione naturale. Area di produzione: provincia nord di Modena. Vitigno: Lambrusco di Sorbara. Sistema di allevamento: cordone speronato. Produzione massima per ettaro: kg.16.000. Colore: Rosso vivace poco intenso. Profumo: gradevole e persistente con sentore di viola. Gusto: Asciutto, fruttato, fresco e brioso. Spuma: fine e ricca alla mescita. Contenuto alcolico: 11 % Vol. Zuccheri: 8 g/l. Acidità totale: 7,2 g/l. (valore indicativo medio) Acidità volatile: 0,38 gr/l. (valore indicativo medio) Invecchiamento: da bersi giovane con un massimo di durata di 1 o 2 anni. Temperatura di servizio: 14 -15 °C Consiglio: Indicato per accompagnare i piatti tipici della cucina Emiliana. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- Ottimo, leggero e acido il giusto, col suo bel colore rubino chiaro. Come piace a me e a mio padre. Il Sorbara…… Arrivano i crostini. Fette di pane abbrustolite con pregevole sugo bianco di funghi porcini. Buono il sughetto, spavirare il piatto è questione di poco. I miei sono lenti, l'età ha ridotto il ritmo delle loro ganasce, ma le mie lavorano ancora a pieno regime. Arriva una giovane cameriera con un vassoio di tortellacci, paglia e fieno. Sugo di funghi identico a quello dei crostini, in bianco, tortellacci con ripieno di sola ricotta. Al mio gusto eccellenti. L'idea di non mettere erbette varie, tipo biete o spinaci o boraggine, al mio palato è azzeccatissima. Mia madre li giudica un tantino pesanti, da buona parmense preferisce vedere del verde in tanto bianco. Mio padre non si pronuncia e come uno schiacciasassi li finisce tutti, soddisfattissimo. Per me, ovviamente, una passeggiata. Il sapore della ricotta è fortissimo, la ricotta stessa è favolosa. Quando sono arrivato io, è arrivata anche lei, e usano la stessa ricotta che io compro quando vado da quelle parti, cioè quella del caseificio di Mocogno. È bella soda perché fatta anche con la panna del latte, forse un po' più grassa, ma apocalittica. Spendiamo due parole sul sughetto di funghi. La prima volta che ero andato a mangiare al Monteverde, mi ero lamentato perché per tutti i primi e per tutti i secondi il sugo era sempre lo stesso. Beh, anche in questa circostanza il sugo è identico, ma facciamo un ragionamento, quanti sughi con funghi freschi conoscete, che esaltino il sapore del fungo? Allora? Ci avete pensato? Si parla di funghi freschi, non secchi, mi raccomando. Beh, in fondo in fondo, non sono poi micca tanti. Se vuoi fare un buon sugo, lo fai con buoni ingredienti, e quel sugo va bene con tutto….ecco il segreto. Non bisogna però giudicare il sugo dei funghi, che è ottimo, bisogna giudicare a cosa viene abbinato….. tortellacci di ricotta speciale……tagliatelle fatte in casa…….filetto di manzo tenerissimo…..carpaccio extratenero…..eccetera….eccetera….. Il trucco è tutto lì. Io l'altra volta che c'ero andato, anni fa, non avevo capito questo, mi ero fossilizzato all'analisi del sugo. Va bene che quella volta fu particolare perché i tempi d'attesa furono infiniti, senza curarmi del per come e del per quando, senza valutare che la forza dei loro piatti è l'accostamento col sugo. Tutto lì, elementare Watson. I miei abdicano. Mia madre è stesa, mio padre vuole immediatamente un bicchierino di idraulico liquido e ordina un cognachino, ma non uno di quelli andanti, chiede qualcosa di buono, tipo Remy Martin o Hennessy. Io invece proseguo la marcia trionfale. Non ricordandomi, ovviamente, più cosa c'era di secondo, propendo per una grigliata mista con contorno di funghi fritti. Arriva Davide, porta con sé una boccia di Remy e una intonsa di Armagnac. Mio padre gongola. In casa nostra noi figli siamo stati svezzati a base di Cognac, Armagnac e Brandy spagnoli…… La scelta cade sull'Armagnac. Davide scarta la bottiglia e ne versa immediatamente un buon quantitativo nel calice adeguato. Improvvisamente alle mie nari arriva l'inconfondibile profumo di quel meraviglioso nettare. Nonostante il calice sia lontano da me l'aere è pervasa dalla sua incredibile fragranza. ---------------------------------------------------------------------------------------------------------- Bas Armagnacs Dartigalongue LaMaison Dartigalongue è oggi la più antica Casa produttrice di Bas Armagnacs. Fondata da Pascal Dartigalongue sotto il regno di Luigi Filippo nel 1838 e tramandata di padre in figlio. La regione dell'Armagnac è situata nel cuore della Guascogna, nella zona Sud-Ovest della Francia. La Casa Dartigalongue ha sede a Nogaro, nel cuore del Bas Armagnac e distilla solamente vini di questa zona, rinomata per la raffinatezza dei suoi Crus. ----------------------------------------------------------------------------------------------------------- Mentre resisto alla tentazione di assaggiarlo, arriva il piatto di funghi fritti. Molto buoni, fritti perfettamente. Peccato che siano piccole pezzetti, mi ricordo con piacere che quell'altra volta le fette erano enormi e spesse, adesso sembra siano dimagrite e si siano ritirate. Buonissime indubbiamente, ma l'ombra di quello che erano. Nota. Mi portano prima i funghi fritti e dopo un po' la grigliata. Errato. Di solito con la carne ho visto servire patatine fritte, e venivano servite contemporaneamente con la carne, nel mio caso no. Ecco, quando è arrivata la carne i funghi erano freddi, peccato. La carne era ottima invece, un pezzo di salsiccia da lode, due fette di vitello ed una di filetto di una tenerezza incredibile, gran tagli di carne. Unico problema, come accennato all'inizio, il coltello a sega. A completamento del tutto, visto che mio padre aveva richiesto un bis di Armagnac, Davide ci aveva lasciato la bottiglia al tavolo, così anch'io mi sono servito un goccetto che, dopo aver riscaldato il bicchiere tra i palmi delle mani, ho cominciato ad odorare avidamente, mi sono sentito pervadere fino al profondo dall'aroma del liquido ambrato. Poi l'ho bevuto. Sp. Senza parole. Provare per credere. E mentre bevevo, con la mente sono ritornato indietro di 24 anni, quando abitai a Bordeaux per un annetto. Ogni tanto con gli amici venivamo invitati dal Console italiano, e qui avevo bevuto più volte degli Armagnac strepitosi, che mai ero riuscito a trovare in commercio. Beh, questo mi ha rievocato quei bei ricordi, quindi sarò costretto a comprarlo…… Davide mi ha gentilmente suggerito dove andare a colpo sicuro….. Tre caffè. Io il deca, buonissimo. Conto. 61 € in tutto, condonati a 60. Coperto, caffè e Armagnac gentilmente offerti. Vino 9 € Acqua 1 € Crostini x 3 9 € Tortellacci x 3 24 € Grigliata 10 € Funghi fritti 8 € Dei cappelli ho già parlato all'inizio, per cui adesso un po' di storia, per chi la vuole leggere. A-v salut magnadôr bóss, arváddres…. _______________________________________________________________________ STORIA DI ACQUARIA *** Dal sito: http://www.acquaria-mo.it/3.html Le prime notizie scritte risalgono al 1205 quando Acquaria è comunità autonoma assoggettata a Modena. Con l'avvento degli Estensi Acquaria entra nella provincia di Sestola. Nel 1657 è data in feudo al Conte Codebò (o Codibue) per tornare, poi, alla provincia di Sestola nel 1742. Dal 1756 al 1788 è concessa in feudo al milanese Conte Antonio Maria Sacco (o Sacchi) alla morte del quale è aggregata alla nuova "provincia del Frignano". Il nome "Acquaria" deriva da antichi e famosi bagni termali di cui dovrebbe restare traccia in un tronco dell'acquedotto che porta acqua alla fontana pubblica. La presenza di acque sotterranee è stata causa di disastrose frane come quella della prima metà del XVI secolo che distrusse il castello, la chiesa costruita nel suo interno (dedicata a S. Andrea) ed una quindicina di case del borgo antico. La chiesa fu ricostruita nel 1622 e restaurata nel 1671; nel 1686 fu posta in un suo altare l'immagine della "Vergine del Castagno" (così chiamata perchè rinvenuta appesa ad un castagno in località "Pian della chiesa") a cui furono attribuiti alcuni miracoli. L'oratorio di S. Rocco, nella piazza di Acquaria, fu eretto a spese della comunità nel 1625. L'ultima grave frana è del 1842 e causò il diroccamento dell'intera parte ovest del centro abitato. *** Dal libro “Castelli Modenesi della Montagna” di S.Bellei e E.Rovatti, Collezioni Modenesi. “ È una frazione del Comune di Montecreto, che dista da Modena 77 km. e si trova a 885 metri di altitudine. Le prime notizie sul suo insediamento risalgono al 1205, quando il Comune figura nelle dedizioni del Frignano a Modena. Appartenne alla famiglia dei Montegarullo e nel 1370 venne sottomessa agli Este, sotto il cui dominio restò per molti anni nell'ambito della giurisdizione di Sestola. Nel 1657, venne infeudata al conte Giovanni Codebò e nel 1742 al conte Sacco di Milano. Dal 1756 al 1788 venne reintegrata nella comunità del Frignano. Toponimo di incerta origine, il Tiraboschi lo fa derivare dalla ricca presenza in zona di acque termali citate anche da Gabriele Falloppia, mentre il Minghelli lo attribuisce alla forma latina "quarreia", forma contratta di "quarraria", derivante dal latino classico "quadraria", cava di pietra, come lascerebbe pensare la fondazione del borgo a opera di scalpellini. Il borgo si formò intorno a un castello, di cui oggi sono perse le tracce, che faceva parte del capillare sistema di fortificazione del Frignano. Ancora oggi mantiene l'antico aspetto, con belle case a corte con archi di accesso e strade lastricate. Da non perdere casa Carlotti, che mostra una torre angolare che aveva certamente funzioni difensive all'interno della struttura fortificata del castello, nominato dal 1205 e documentato fino al XVII secolo, quando venne completamente distrutto da una frana, così come la chiesa parrocchiale. Particolarmente interessante è la lavorazione a intaglio "a dente di lupo" sui cinque mensoloni di quercia che sorreggono lo sporto di gronda, uno dei quali è inciso con la tipica rosetta a sei petali, presente anche sull'architrave di una finestra al primo piano. È notevole anche la pavimentazione del cortile in grandi lastre di arenaria. Nel centro del borgo è da visitare la chiesetta parrocchiale di Sant'Andrea, che risale al XIII secolo mentre l'impianto attuale è del Seicento. All'interno, l'opera più rilevante è un crocefisso ligneo policromo di scuola catalana, databile anch'esso XIII secolo. Sulla piazza, dal 1625, si erge anche l'oratorio di San Rocco, costruito a spese della comunità in occasione della peste. Nei pressi di Acquaria valgono una visita Ca' Baratta, nucleo rurale su impianto a corte chiusa con torre colombaia del XV secolo; la quattrocentesca borgata rurale detta "La Sorbella", che presenta corti multiple; il nucleo rurale conosciuto come "La Torre", nato su un impianto di torre-recinto collocato su uno sperone roccioso.” *** Dal libro: Civiltà della tavola a Modena, di G.Maioli, ed. Aniballi Bolgna, 1985. Nel Febbraio 1511 i dissidi tra il papato e la casa d'Este erano giunti a una situazione irreversibile: Alfonso I aveva ben poche chances da opporre a quel vecchio leone, mica tanto spellacchiato, che si chiamava Giulio II, il quale era anche capace, se occorreva la sua presenza carismatica, di lasciare a casa gotta e reumatismi e salire a cavallo in cotta di ferro e marciare alla testa dei suoi soldati. Giulio II era un Papa difficile da imbrogliare, oltretutto aveva dalla sua parte anche San Geminiano e si racconta che fu proprio San Geminiano a salvare la città, in quel freddo ma sereno febbraio, da Alfonso I che, armato un esercito al comando di un francese, Carlo d'Ambois, avrebbe dovuto riprendersi Modena. Invece fu un disastro e alle porte di Modena quell'esercito si sfasciò davanti al santo vecchio dalla lunga barba bianca alle cui spalle si intravedeva un esercito imponente: era una visione beninteso, ma bastò per creare una psicosi generale di paura. Così Alfonso I dovette rinunciare a riavere Modena e l'anno successivo decise di tentare con le più sottili armi della diplomazia, per avere ragione di Giulio II: partì per Roma in compagnia di un intellettuale e fine parlatore, Ludovico Ariosto ma non riuscì a gettare le basi per un accordo con il papato. Anzi, se non fuggiva alla svelta, sarebbe finito a Castel Sant'Angelo, magari incatenato mani e piedi. Fermandosi di giorno e cavalcando di notte, Alfonso e Ariosto attraversarono gli Appennini, sostarono a Fiumalbo, quindi abbandonarono la strada più battuta che scendeva a Modena attraverso i domini dei Montecuccoli a Pavullo, l'attuale via Giardini, e imboccarono un viottolo sassoso che portava a Sestola e, per non pernottare in quel paese, si fermarono qualche chilometro prima quasi sotto le pendici del Cimone, dove li accolse un oste in un piccolo borgo di poche case, sospeso su un crinale nella valle tra Montecreto e Lama Mocogno, proprietà di una famiglia amica degli Estensi, i Carlotti, ad Acquaria. Qui Alfonso, ospite appunto dei Carlotti, cenò abbondantemente, si sentiva ormai al sicuro. E quella sera, la moglie dell'oste, gli preparò il piatto usuale di ogni festa ad Acquaria, i maccheroni al torchio conditi col sugo di piccione. E tanto ne mangiarono, il duca e Ludovico Ariosto, che dormirono saporitamente non soltanto per tutta la notte, ma anche il giorno successivo e a sera ripartirono con la promessa di Alfonso di fare conoscere a corte quel succolento piatto. La promessa fu mantenuta se è vero che, quando gli Estensi poterono finalmente rientrare a Modena, sulle tavole ducali quei maccheroni al torchio diventarono un'abitudine e contribuirono, in parte, alla fortuna di Acquaria. Anche perché Alfonso I, prima di morire nel 1534, non ancora sessantenne, trascorreva com'era sua abitudine il tempo tra una taverna e una fucina, diviso a metà tra i fornelli e la fusione dei metalli, e aveva fatto conoscere quei maccheroni che egli preparava con un torchio che si era fatto costruire da un artigiano di Acquaria, dove in tutte le cucine già in quell'epoca esisteva un torchio. Erano puntuali attorno alla sua tavola i numerosi pittori di corte come Tiziano Vecellio, Giovanni Bellini, Dosso Dossi e Benvenuto Tisi. Si racconta inoltre che Ludovico Ariosto, quando andò in Garfagnana come governatore, nominato appunto dall'amico e protettore Alfonso, portasse con sé un torchio perché, a quei maccheroni, aveva ormai fatto l'abitudine. Probabilmente furono proprio i maccheroni al torchio a salvare il piccolo borgo di Acquaria quando, nei primi anni del Seicento, la montagna era infestata da briganti selvaggi e violenti, che non si piegavano a compromessi ma passavano tutti a fil di spada o spedivano al creatore ad archibugiate. Uno di costoro, un temuto capobanda, un certo Ezzelino, capitò assieme alla sua banda ad Acquaria e dopo aver fatto razzia di quanto gli era capitato sottomano, decise di farsi preparare un succoso banchetto nell'unica osteria del borgo, proprio dove oggi c'è una piccola cappella..... .....Qui, dunque, Ezzelino e i suoi sgherri, mangiarono a crepapelle e, non contenti di averli assaggiati una volta, vollero che l'oste preparasse altri maccheroni al torchio e forse fu la bontà di quel piatto a trasformare la ferocia del bandito in un gesto di magnanimità perché egli se ne andò senza più colpo ferire, con la promessa in cambio da parte degli abitanti di Acquaria, di non suonare le campane a martello per avvisare la gente della presenza dei banditi, come si ordinava in una «grida sopra i banditi et malviventi della montagna»...... ......dove, fra le altre disposizioni, si diceva che «...quando alcun bandito, o inquisito, fosse veduto, o scoperto in qualsivoglia luogo, sia tenuto, ogni e qualunque persona di che stato, grado, e conditione si voglia, levarli dietro il rumore, convocando aiuto, e solevando i vicini contro di lui, e suonando campana a martello, al qual rumore, avviso, o suono di campana, sia tenuto ogn'uno di correre, se seguitar quel tale, e correndo con l'armo fermarlo, per consegnarlo subito alla giustizia, con facoltà anche di poterlo ammazzare, quando in quest'atto facesse resistenza, o s'opponesse». Modena, all'epoca in cui venne stampata quella "grida", era appena diventata capitale, e in città i nobili come i Rangoni, i Molza, i Bentivoglio, o i Balugola facevano a gara a costruire palazzi sempre più grandi e dipinti dentro e fuori e ad allestire pranzi che duravano giornate intere e dove anche i maccheroni al torchio di Acquaria, non mancavano mai...... ----------------------------------------------------------------------------------------------------- ARMAGNAC *** Dal sito: http://www.diwinetaste.com/dwt/it2004057.php La regione in cui nasce l'Armagnac si trova nel Sud Ovest della Francia in un'area conosciuta come Guascogna, la regione dei Moschettieri. La zona comprende tre dipartimenti: “Gers”, una parte di “Lot et Garonne” e una zona di “Landes”…… ……si divide in tre zone: Ténarèze (5.200 ettari), Bas-Armagnac (5.130 ettari) e Haut-Armagnac (160 ettari), tutte distinte in base alla formazione geologica, poiché la tipologia del territorio influisce notevolmente sul pregio e sul carattere delle acqueviti……. ....l'Armagnac è la più antica acquavite di vino del mondo...... .....un documento del 1411 che racconta di un tale, di nome Antoine, divenuto famoso a Tolosa perché provetto distillatore di vino, nonché per la sua Aygue ardente o aygordent (acqua ardente)...... ....si parla anche di “fusti” e di un “torchio” mettendo in evidenza l'importanza delle botti di legno e in modo particolare la loro azione nella maturazione di un distillato...... .....La data di nascita dell'Armagnac non è facilmente riconducibile, ma è comunque chiaro che è antecedente a quella del Cognac - che risale al 1600 circa - e anche al Whisky, che compare per la prima volta in documenti scritti intorno al 1494. Sin dall'epoca Romana la gente di Guascogna si è sempre dedicata alla coltivazione della vite con passione e dedizione, tanto da essere apprezzata anche all'estero...... .....Un decreto del 1909 delimita la zona di produzione e riconosce la denominazione di “Armagnac” distinguendo tre zone di produzione che corrispondono ai tre “Cru”: Bas-Armagnac, Ténarèze e Haut Armagnac, tre zone con caratteristiche peculiari e che danno origine a tre prodotti diversi. * Bas-Armagnac - si trova ad Est della regione, il suolo è costituito da argille silicee, povero di calcare, ricco di sabbie di ossidi di ferro che colorano di rosso caratteristico le campagne di quest'area. Accanto alle sabbie troviamo un suolo limoso, di più recente formazione, con un un terreno leggero e facile da lavorare. Questa regione è conosciuta anche con il nome di “Armagnac Nero” a causa del colore scuro delle foglie di quercia che abbondano in questa regione. Nel Bas-Armagnac si producono le acquaviti più profumate, le più fini, le uniche in grado di reggere 15 anni di invecchiamento * Ténarèze - è il cuore della regione. Caratterizzato da decomposizioni di marna e di molassa, da limo argilloso, da alcune sabbie rossicce, tuttavia si tratta di un terreno argillo-calcareo. Anche in questa regione i rilievi sono coperti da fitte foreste. L'Armagnac prodotto a Ténarèze è piuttosto “duro” ed è caratterizzato dal profumo di violetta * Haut Armagnac - questa zona si estende da nord a sud coprendo tutto il fianco orientale della regione. È caratterizzato da terre forti ricche di banchi calcarei ed è sostanzialmente argillo-calcareo. È una zona caratterizzata da rilievi pronunciati, molto adatti alla coltivazione dei cereali ma anche della vite. I vigneti destinati alla produzione di distillato nell'Haut Armagnac sono solo il 2% in quanto sono qualitativamente i meno pregiati. .....La qualità di un distillato come l'Armagnac viene creata e sviluppata durante la fermentazione, per questo le uve più indicate devono essere poco aromatiche per non inquinare gli aromi della fermentazione..... ....L'uva principale è il Saint-Emilion, detto anche Ugni Blanc - originario dell'Italia e noto con il nome di Trebbiano Toscano - utilizzato anche nella produzione del Cognac. Oltre al Saint-Emilion le altre uve principali sono la Folle Blanche ed il Colombard..... .....L'alambicco utilizzato per la produzione di questa acquavite prende il nome di “Armagnacais”, costruito in rame poiché non viene intaccato dagli acidi del vino. Si tratta di un alambicco a distillazione continua e senza ripasso...... .....Le denominazioni più frequenti sono “Armagnac” e “Bas-Armagnac”. Una bottiglia che riporta la denominazione “Armagnac” può contenere acqueviti di uno o più cru della regione, mentre una bottiglia “Bas-Armagnac” contiene esclusivamente acquavite proveniente questa zona ed è considerato come il migliore..... La Degustazione dell'Armagnac A temperatura ambiente, munitevi di un calice di tipo “baloon”, non molto grande e riempito per 1/3. Il calice va mantenuto per il piede e fatto roteare in modo da favorire l'ossigenazione, quindi, a brevi riprese, si accosterà il calice al naso in modo da valutare i profumi e facendo delle pause per non assuefare l'olfatto. L'Armagnac si consuma a piccoli e ripetuti sorsi in modo da assaporare tutte le sensazioni che il distillato riesce a suscitare. Alcuni preferiscono tenere il bicchiere sul palmo della mano così da scaldare il distillato e favorire lo sviluppo di tutte le sostanze aromatiche. Un buon Armagnac viene gustato ed apprezzato generalmente a fine pasto e numerosi sono i cocktail in cui viene utilizzato come ingrediente. 42009-08-08 00:00:0020.001
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