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elenco completo recensioni Recensione su , scritta da grog il 2009-08-22
Sabato, prima delle grandi piogge…..se vengono. Approfitto di un calo della morsa del caldo e mi allungo nella bassa, beh, nella poco bassa, visto che sono arrivato sì e no a Secchia di Soliera. Percorro con l'aria condizionata della GROGcar a 18° il Canaletto, all'altezza dell'ex ponte di Barche o ponte dell'Uccellino svolto a sinistra e ci passo sopra, e vado dall'altra parte. Mia moglie ha il terrore di questo passaggio, ha sempre paura che crolli….sembra che da anni la provincia di Modena abbia deciso di rifarlo ma per ora nulla di nuovo sul fronte occidentale, come del resto su quello orientale, anche se ci sono interessanti spiragli.
Sull'altra sponda prendo la strada stretta che mi porta a Secchia, frazione di Soliera. Da lontano scorgo una H gialla svettare in cima ad un tetto. Un Hotel qui? Ma chi ci viene a dormire qui e per fare che cosa e per vedere che cosa? Boh! Davanti all'hotel c'è la mia meta. Trattoria Secchia. Detta “la melnetta”. Melnetta, dialettale, starebbe a significare luogo “sporco, sudicio, zozzo”, ma anche, più verosimilmente, donna “sporcacciona”.
Mezz'ora prima per telefono avevo chiesto alla simpatica signora che mi aveva risposto se avevano l'aria condizionata, lei mi aveva risposto dicendo che evidentemente non ero un loro cliente abituale. In effetti, avevo ribattuto, erano almeno trent'anni che non ci mettevo piede…..lei allora si era prorotta in una fragorosa risata: “alôra an-gh'era menga al condizionatour….”.
Parcheggio, raggiungo l'entrata, sopra la quale c'è una grossa insegna “Trattoria Secchia – Passo dell'Uccellino” (1). Entro e subito mi si abbassa la temperatura corporea per effetto del climatizzatore. Sala deserta, sono le 12.00, ovvio. Mi si fa incontro una giovane signorina che mi dice di scegliere il posto che voglio. Noi ovviamente scegliamo il più sfigato, il tavolo da due è sì il più grande, ma siamo sotto al climatizzatore, che butta in avanti e non lì, per cui suderemo un pochetto……ma che sfigati……ce la siamo proprio voluta.
La signorina ci chiede cosa vogliamo da bere e, alla mia richiesta di sapere cosa si mangia, ci elenca i piatti. Scelgo acqua gassata e Lambrusco di Sorbara.
Ritorna con un Sorbara Quattroville-Righi. (2)
Poi ci allunga il cestino del pane e prende le ordinazioni. Mia moglie è maniaca di tortelloni, chiede se possono fare un “bis”, la signorina risponde solo per due, così mi tocca di mangiare quello che vuole mia moglie…… avete capito perché di solito esco senza di lei????
Mentre aspetto osservo il locale. Sono ben posizionato in fondo alla sala e la domino. Una cinquantina di coperti, tavoli ben distanziati, buona illuminazione. Arredamento stile "baita di montagna", fa a cazzotti con quello che c'è làfuori, la pianura più ampia d'Italia…… Sulle pareti e sulle travi del soffitto perlinato né troppo chiaro né troppo scuro, un po' più chiaro di quello di Ermes. Mi aspetto l'arrivo degli alpini dalla porta in fondo, che è il bagno, invece niente. Il banco bar si trova subito alla mia destra e alla mia sinistra la porta della cucina da cui arrivano chiarissime tutte le chiacchiere di chi è di là, oltre alla voce della televisione, che però in sala non ho notato.
Le chiacchiere che si sentono sono simpaticissime, commentano le notizie del telegiornale, in dialetto però, qualche parola mi sfugge, qui il dialetto è leggermente diverso dal modenese, abbiamo l'influenza del mirandolese, poi dopo scoprirò che l'uomo che ci serve a tavola, figlio del vecchio padrone, vive a San Cesario, per cui mettiamoci qualche puntina di bolognese. Simpatico però, una trattoria alla Ermes, tutto sommato, l'Ermes della bassa.
Mi sento a casa, bella sensazione.
Arriva il primo piatto, tortelloni di ricotta e spinaci al burro. Ce lo dividiamo da buoni fratellini. Porzione abbondante. Tortelloni f-e-n-o-m-e-n-a-l-i. Pasta decisamente fatta in casa, un po' spessina, ripieno dove prevale giustamente la ricotta, ma le erbette si sentono comunque, cotti perfetti al dente, belli pieni e sodi, nessuno rotto e…..non so più come descriverli. Mia moglie dice che le ricordano quelli di sua madre, quando sua madre era in forma. Gran complimento, il chè significa che sono veramente da lode.
Poi arriva la gramigna al ragù. Le stesse lodi di prima, a mia moglie ho fatto presente che quello era un signor ragù, come quello di mia madre, stavolta, condimento perfetto, anche la quantitàdi panna, pochissima, giusto poca poca per legare gli ingredienti fra di loro.
Commento finale, nonostante le porzioni più che abbondanti: “Peccato siano giàfiniti….”.
Nel frattempo il locale si è quasi riempito, vedo passare anche le tagliatelle, da un forum ho copiato queste due interessanti righe: “.....verso l'Osteria Secchia (altrimenti detta "la melnetta") dove fanno le tagliatelle al ragù migliori dell'intera regione,......”
Mi ispirano, saràper la prossima volta, perché qui ci saràun prossima volta, e forse anche di più. Ascolto il figlio del titolare (o il titolare) che elenca i secondi ad altri avventori, poi passa a noi, mia moglie si ferma a cipolline in agrodolce e patatine fritte, dice di non aver più fame, dice. Io invece vado sul classico……………,stinco al forno con patate fritte, in mancanza di quelle arrosto.
Mentre attendiamo seguiamo il racconto del presunto titolare sulla sua serata precedente, ovviamente tutto in dialetto. “…Ier sira a m'è sucèss un lavôr che an-m'è mai capitè in quarant'an…”, dove appunto spiegava che era andato a fare un giro con la sua Harley, che per la prima volta era uscito solo con “…'na maiètta, per via dal chéld, ed sólit a drôv ‘na giachetta par andèr in moto, ma ier sìra a s'ciupèva….” E poi “…a sun armèst seinza ‘na gäccia ed benza….” verso mezzanotte e mezza tra Sant'Anna e San Cesario. Gli era toccato “…cucèr la moto fin a cà…”, dove era arrivato dopo più di un'oretta “…sudè e strazè…”. Non aveva telefonato a sua moglie per non svegliare le gemelle, non aveva ovviamente pensato di lasciare la moto lì, un Harley come la sua, del 1966 (o del 1969), la si deve tenere al sicuro, “…in cà…”. Diceva che lui era solito farci un giretto serale, giretto perché il serbatoio originale, serigrafato, contiene solo una decina di litri, e siccome “…l'è vecia, quand la vàla bèv dimöndi, e la benza la va zàcome in un lavèl….”, quindi tanto in lànon si va di sicuro. Poi siccome la moto è tutta equipaggiata con amenicoli originali, gli piace moltissimo fare un passaggio davanti a “…quel bar, par ferla vadàr a chi ragazoul…”, solo che ieri notte gli è toccato passarci spingendola, “…al ridivén anch i tavlén…..”.
Ecco, una disquisizione così, con la battuta finale dei tavolini che se la ridono pure loro, vale anch'essa la pena di venire fin qua.
Mentre me la rido, come tutti gli altri del resto, lui esce di sala e ritorna con la robina per noi.
A mia moglie porta le cipolline, che poi erano ottimi cipolloni, e una vaschetta di salsina di verdura coi peperoni rossi, ottima, ma si dimentica le patate fritte, che mia moglie non osa chiedere.
Io mi butto sullo stinco. Perfetto, buono da matti. Questo non è un precotto, questo è un vero stinco, non grasso, non appicicoso, sodo e tenero al contempo. Condito alla perfezione. Mia moglie che voleva rinunciare al secondo me ne fa fuori una metà, porcaccia boia…. Mi fa fuori anche metàdelle patatine fritte, dice di essere piena, ed intanto si ingolla le mie, ariporcaccia boia…..
Lo stinco è buonissimo perché ha poco grasso e molta ciccia attaccata alle ossa. Ragazzi, erano anni che non ne mangiavo uno così. Mentre addento il capolavoro, tra una patatina fritta e l'altra, eccezionali anch'esse perché ben fritte e grosse e morbide e bollenti, osservo con la coda dell'occhio il signore al tavolo a fianco del mio, sotto la finestra, un settantenne o forse più, che mangia solo. Sta salando l'insalata. Ha il salino in mano e lo scuote sopra le foglie di radicchio per spargere il sale….lo scuote….lo agita….ancora….continua a buttare giù sale….continua…..si interrompe finalmente, assaggia una foglia e…..riparte, ancora giù sale…..tanto….madonna quanto….poi finalmente posa il salino. Avràsalato per trenta secondi….che fenomeno, costui non ha sicuramente paura né dell'arteriosclerosi né della pressione alta. Incredibile. Mia moglie è rimasta a bocca aperta appena ha cominciato a mangiare con gusto l'in-stra-salata…..
Arriviamo in fondo al tutto. Piatti spavirati. Mia moglie prende il dolce, mascarpone al torrone, io un sorbetto al caffè. Sorbetto ottimo. A detta della mia signora dolce buono, nella norma, non eccelso.
Due caffè deca, buoni, bevo l'ultimo sorsettino di lambro, buono anche lui, ne ho sentiti di meglio, e ne lascio lì un bicchiere circa.
Pago.
45 € in tutto.
Saluti e via al caldo e a casa. Niente distinta prezzi perché sulla ricevuta c'è solo il prezzo cumulativo.
Che volete, che faccia il tagliateste e spari 2/3 cappelli perché non c'era il menù scritto? O che faccia il generoso e dica 4/5 cappelli solo perché su GM siamo dei buonisti?
No. Dirò la verità, la pura verità. Io qui mi sono trovato benissimo. Ambiente caloroso e “modenese”, si parla in dialetto, mi sembrava di essere un cliente abituale, niente fronzoli, cibo buonissimo, vah, forse hanno del vino migliore, machissenefrega. Anche da Ermes il vino non è dei migliori. L'importante è come ho mangiato oggi, come mi sono trovato nell'ambiente oggi, come ha mangiato mia moglie oggi, come è stata bene pure lei, come si è fin divertita, come sono stati gentilissimi e come ci hanno trattato come abituè. Che volete di più?
Oggi 5 cappelli. Domani si vedrà.
Posto che merita sicuramente un'altra visita, magari in autunno, ho visto passare dei tortellini in brodo interessanti. La prossima volta spero di confermare la valutazione e dichiarare che qui val sicuramente la pena venire.
A-v salut magnadôr bóss, arváddres….
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(1)
Da: http://www.provincia.modena.it/page.asp?IDCategoria=6&IDSezione=1569&ID=54907
Perché il ponte dell'Uccellino si chiama così? Il nome venne dato al passo sul fiume Secchia all'inizio del Novecento e deriva dal nomignolo “uslèin” di uno degli ultimi passatori, Guido Cavalcanti, per la sua corporatura minuta. Quando, nel secondo dopoguerra, il traghetto fu sostituito dal ponte di barche, il nome rimase. Questa è solo una delle molte scoperte che si possono fare sfogliando “Attraverso il fiume” che propone non solo le descrizioni dei ponti ma anche aneddoti, brani di articoli, documenti e lettere ne fanno rivivere la storia.
Sempre il ponte dell'Uccellino è protagonista nel 1973 di un affondamento simulato, per il film “Libera, amore mio” di Mauro Bolognini, che ha rischiato di diventare reale per un'esplosione calcolata male dai tecnici che distrusse alcune delle barche.
Da:http://www.voce.it/edicola/index.html?section=articolo&id=185&artid=5248
E sui ponti transita la storia modenese
Il ponte dell'Uccellino, a Soliera, deve il suo nome a un oscuro Guido Cavalcanti, vissuto a cavallo tra Otto e Novecento, omonimo del ben più noto poeta dello Stilnovo amico di Dante. Questo Cavalcanti faceva il passatore, ovvero traghettava con il suo battello i viandanti al di qua e al di làdel Secchia, ed era conosciuto da tutti con il soprannome di "uslèin", uccellino appunto, perché mingherlino e basso di statura.
Negli anni Settanta il ponte dell'Uccellino venne scelto dal regista Mauro Bolognini per girare alcune sequenze del film di guerra "Libera, amore mio". Durante le riprese si verificò però un incidente: le cariche piazzate dagli artificieri per simulare un bombardamento esplosero con troppa violenza, distruggendo alcune barche e rischiando di compromettere l'agibilitàdel manufatto.
Queste ed altre curiositàsul ponte dell'Uccellino, così come sugli altri cento ponti protagonisti delle vie di comunicazione modenesi, sono contenute nel volume "Attraverso il fiume". Realizzata dalla provincia di Modena e curata da Clara Ghelfi, Antonella Manicardi e Alessandro Manni, la pubblicazione racconta le vicende dei principali passi fluviali dei due bacini del Secchia e del Panaro, attraverso una ricca documentazione fotografica, schede e disegni tecnici, cronache giornalistiche, delibere dei Consigli comunali, documenti ufficiali, bollettini di guerra, lettere e cartoline. Tutto il materiale è stato attinto dal patrimonio storico-archivistico della Provincia che, in questo modo, ha realizzato un duplice obiettivo: da un lato valorizzare le risorse interne all'Ente e, dall'altro, proporre al pubblico una prospettiva nuova e originale nella conoscenza del territorio.
(2)
Lambrusco di Sorbara DOC Quattroville Righi
Regione: Emilia
Colore: Colore rosso rubino tenue.
Tipologia: frizzante
Gradazione Alcolica: 11+0,5% vol.
Vitigni: Lambrusco di Sorbara.
Provenienza: Zona D.O.C. in provincia di Modena.
Caratteristiche: Colore rosso rubino tenue, con spuma dai riflessi violacei; bouquet vinoso, fresco con spiccato profumo di viola; sapore delicato, asciutto, armonico, sapido e gradevolmente acidulo.
Si consiglia: Con piatti freddi e leggeri, salumi, minestre e tutti i piatti della cucina emiliana. Va consumato alla temperatura di 12-14° C.
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