Recensione su Reale Casadonna Castel di Sangro
visitato da mizoguccini il 03.01.2012

Recensione su
Reale Casadonna
Castel di Sangro

Visitato il 03.01.2012
Consigliatissimo!!
Scritta da mizoguccini
Servizio: Ristorante

Spesa a testa: 150.00
Coperti: 1
47 commenti
Ho esitato a lungo prima di decidermi a scrivere questa recensione: da una parte si tratta di un'esperienza talmente privata e intensa che il pudore consiglierebbe di tacerne, dall'altra una cucina come quella di Niko Romito non può restare senza commento. LE PREMESSE Del mio amico Emanuele che vive a Bruxelles ho già parlato nella recensione a La Mer du Nord, è da un po' di anni che passo le vacanze di capodanno con lui, quest'anno mi aveva proposto di andare in un posto sperduto tra Lazio e Abruzzo dove si tenevano dei corsi: lui mi aveva parlato di quello di teatro, ma io avevo preferito quello di cucina e la nostra amica Silvia (la nostra comune moglie come avevamo definito il nostro ménage l'anno prima, ma non immaginate nulla di audace) quello di fotografia. Tralasciando il fatto che sino all'ultimo io non sapevo se potessi andare, non appena Ema mi aveva fatto sapere la località in cui i corsi si svolgevano la mia mania mi aveva spinto a cercarne su una mappa la distanza dal ristorante di Romito e – oh meraviglia – era costituita da pochi chilometri nel cuore del parco nazionale; immediatamente il mio pensiero dominante è stato quello di convincere i miei amici ad andare con me in quel luogo sognato da anni. Avevo infatti già provato a prenotare al Reale, che si trovava allora a Rivisondoli, durante una delle ultime vacanze a Giulianova con la mia ex nel 2008, ma non avevamo trovato posto, e da allora il mio desiderio di recarmici era cresciuto di pari passo con i riconoscimenti collezionati dalla cucina di Romito, ma non avendo più una base d'appoggio in Abruzzo recarmi in un posto tanto sperduto tra le montagne e malamente collegato sembrava un'utopia. Il punto era che né Ema né Silvia sono degli appassionati di alta cucina, anzi erano entrambi completamente privi di esperienze pregresse nel campo, purtuttavia Ema è una persona estremamente curiosa e disposta a esplorare campi nuovi e a interessarsi alle passioni altri, e già in passato si era mostrato favorevole all'idea di fare una prova, ma in un locale più “introduttivo”, dal punto di vista del costo e del livello di ricerca; il mio lavoro di convincimento è stato continuo e asfissiante, oltre alle pressioni sui miei amici ho cominciato a telefonare al ristorante prima ancora di essere certo che avrei fatto la vacanza e mi sono assicurato che fosse possibile per ogni commensale prendere un numero diverso di calici di vino anche con lo stesso menu, cui prezzo, 100€ era stato accettato dai miei commensali, non disposti però – inizialmente – a spendere più del 30% per le bevande. Per farla breve siamo risusciti a confermare una prenotazione, dopo il possibile interessamento e la disdetta di altre persone, per noi tre per il pranzo del 3 gennaio, giorno della partenza dal nostro luogo di villeggiatura. Quella vacanza meriterebbe a sua volta un lungo racconto, ma non qui, e un altro il bellissimo percorso in macchina attraverso l'Appennino in quella mattina che alternava nebbia e sole, ma passiamo dunque alla recensione vera e propria. LA TENUTA Trovare il Reale una volta arrivati a Castel di Sangro non è facilissimo se non si hanno le coordinate esatte, ma una volta che qualcuno vi avrà indirizzato verso la zona sportiva troverete dei cartelli che vi porteranno alla tenuta: circondato da vigneti di recente impianto l'edificio che ospita il ristorante, il futuro albergo di lusso e il futuro centro di alta formazione in cucina è un ex convento del rinascimento ristrutturato completamente in bianco, colore che domina tanto all'esterno che all'interno, ampio e quasi monumentale in ogni ambiente, dal vestibolo, alla sala, al giardino d'inverno, alla futura stanza delle colazioni dell'albergo (parte della visita la faremo finito il pasto); rispetto alla precedente collocazione, che mi dicono essere stato uno scrigno raccolto e affastellato di oggetti, qui si gioca sul rigore minimalista nei grandi spazi: il soffitto è altissimo, la parete di fondo della sala principale è un'unica grande vetrata, i tavoli – rotondi a colonna centrale, di legno massiccio e di colore scuro, coperti da pesanti tovaglie bianche – sono ben distanziati (solo tre compreso il nostro verranno occupati, ma al nostro ingresso siamo ancora gli unici), per terra delle strane palle imbottite con sopra una corda rossa avviluppata che fa un curioso effetto “spaghetti al pomodoro”, scopriremo poi si tratta delle decorazioni natalizie, in origine sospese appunto alla corda che è stata lasciata apposta rompersi. Veniamo fatto accomodare sulle nostre comode poltroncine (sgabello porta-borsa fornito per la componente femminile) e, senza essere distratti dall'apparecchiatura minimale (per ora il tavolo è praticamente vuoto, porcellane, argenteria e cristalleria arriveranno solo al momento opportuno rimanendo in ogni momento lineari e funzionali, privi di decorazioni o fogge bizzarre) cominciamo a studiare la carta anche se abbiamo già deciso per il menu degustazione più ampio, anche la scorsa ai vini è più che altro di curiosità, visto che ci affideremo al sommelier per un abbinamento al calice (concordiamo che possa spaziare anche all'estero con un'attenzione ai vini locali), intanto ordiniamo la nostra acqua e ci predisponiamo all'esperienza prendendoci per mano: i miei amici siedono di fronte, Silvia con le spalle alla parete, io – il maestro che deve guidare gli iniziati – sono in mezzo, con lo sguardo verso la vetrata, la pallida luce invernale rende quasi opalescente il candore della sala, il mondo fuori dal vetro sembra sospeso. UNA GRANDE AVVENTURA L'ho già ascritto più volte: in un ristorante di questo livello di solito il primo boccone del primo assaggio di benvenuto rivela come sarà l'andamento di tutto il pasto, se è solo buono difficilmente si riuscirà a volare davvero in alto, ma se subito si sprigiona l'incanto allora la promessa verrà mantenuta. Io ero doppiamente sulle spine: non solo si trattava di una cucina che da tempo desideravo provare, ma avrebbe “parlato” ai miei amici? O si sarebbero rivelati sordi al linguaggio specifico dell'alta cucina, che è altro dal semplice buon cibo? Ad aprire il tutto, un vassoio con tre linee di cinque micro assaggi ciascuna, abbiamo quindi tutti allungato la mano verso il “crostino ricotta di pecora e pomodorino candito” e l'abbiamo portato alla bocca: c'è; io percepisco al volo: Romito è un sommo, il miracolo dell'incontro tra le sensibilità si compie in pieno per quanto mi riguarda, il suo mondo mi è aperto... ma ciò che mi commuove ancora di più è vedere la folgorazione negli occhi di Emanuele, il suo subitaneo sbalordimento, non credeva, non credeva che il cibo potesse essere questo, non l'immaginava neanche e in un solo istante capisce tutta la mia mania, che non gli appare più come fanatismo, l'iniziazione è avvenuta, istantanea come solo nei casi di shock estetici più forti; da qui in avanti da parte sua sarà un susseguirsi di esclamazioni di meraviglia sempre più sommesse, mentre con i suoi occhi da fanciullo si guarda in giro incredulo. Per Silvia il tutto non è altrettanto rapido e potente, ma anche lei ha capito, anche per lei il senso si è spigionato. Gli altri assaggi “polpettina di capretto con patate, crocchella di cicoria e pecorino, battuto di salsiccia con arancia candita e chips di rape rosse con paté di fegato” ci permettono di fluttuare all'altezza cui il primo ci ha portato con la sua vertigine ascensionale da estasi, senza turbolenze o vuoti d'aria. Intanto ci hanno portato il primo vino al calice a sua volta di livello celestiale (anche troppo, come vedremo in seguito) uno Chassagne-Montrachet Premier Cru (purtroppo per questo vino non ricordo e non sono riuscito a ritrovare il produttore) che lascia sbalordita Silvia che da un po' di tempo sta facendo un corso di degustazione: in effetti la sua delicatezza unita a struttura e sublime eleganza lo rende impeccabile, un esempio splendido di quella che per me è la terra più nobile mai piantata a vite, la Borgogna; ricordo che la distanza tra l'appezzamento che produce i bianchi più prestigiosi del mondo – Montrachet, vigneto Grand Cru diviso tra il comune di Chassagne e quello di Puligny – per ogni vigneto classificato Premier Cru in uno dei due comuni si misura in metri. Il commento di Ema è: “vedo che abbiamo già perso il controllo sulla spesa del vino. E mi va bene così”. La follia li ha contagiati, passeremo quasi tutto il pasto a ridere, espressione di pura letizia non contenuta o intimidita dal contesto blasonato. Per altro i bicchieri verranno anche parzialmente rabboccati. La scelta nella selezione di pani e grissini artigianali ci tiene impegnati fino all'arrivo della “crostatina olio e olive nere”, un piccolo concentrato di mediterraneità, delle sfoglie di grano accompagnano le fragranti fette di “guanciale affumicato”, morbide come un sogno, e il “panino con scampi” conclude il giro degli amuse bouche con il suo gusto quasi orientale dato dal pane fritto e dagli scampi crudi, stiamo continuando a volare a intorno alla quota di crociera, ma i piatti veri e propri (e sono otto nel menu) devono ancora cominciare. E lo fanno con la “emulsione fredda di manzo e olio con dragoncello e maionese di lampone”, che rimarrà forse il piatto preferito in assoluto da Ema, che nonostante il colpo già ricevuto prorompe in nuove espressioni di incredulità e godimento, in effetti il modo vellutato di sciogliersi in bocca di quella carne cruda è inimmaginabile, e l'intensità della maionese all'aceto di lampone sbalorditiva; in accompagnamento giunge un Cerasuolo d'Abruzzo dell'azienda agricola Valentini del 2008, il cui gusto fruttato e acidulo crea un'armonia incontestabilmente perfetta con il piatto (un altro abbinamento possibile, e ne discuto col sommelier, sarebbe un lambic al lampone, ovviamente a partire dalla Rosé de Gambrinus di Cantillon)... il problema però è che le stesse caratteristiche non si adattano agli altri piatti in maniera nemmeno lontanamente comparabile, e di per sé il vino non è così memorabile: quello che non sappiamo e che ci accompagnerà ancora per altre quattro portate, infatti pur avendo scelto la selezione al bicchiere ci verrà servita l'intera bottiglia, di questo che è anche il vino più economico del pasto. Questa è l'unica, non indifferente riserva che ho sull'esperienza: è vero che avevamo chiesto attenzione ai vini locali, ma servire lo stesso vino per cinque portate, quando poi non si addice affatto ad alcune di queste, non dovrebbe essere fatto in un locale di questo livello, come poi il servire un vino tanto inferiore al precedente; il fatto che la sala fosse semivuota e che quindi la possibilità di far girare bottiglie già aperte fosse scarsa spiega ma non giustifica la scelta al risparmio del sommelier. Dopo Ema tocca a me trovare il piatto più emozionante del pasto, con il “gel di vitello, porcini secchi, mandorle e tartufo nero” del quale la cameriera afferma che non è fatto per esaltare il tartufo che resta solo un ingrediente tra gli altri, così in effetti è: il tubero non ha un ruolo più importante del timo in questo gradissimo piatto calibrato al millimetro, quasi una realizzazione culinaria della democrazia ideale; alcune piccole lacrime mi inumidiscono il ciglio mentre degusto questo capolavoro tanto intelligentemente pensato quanto appagante al palato (sì, potete qui leggere una frecciatina a certi chef che nella loro ricerca trascurano un po' il piacere). Qui il Cerasuolo proprio non si può adattare, parlando con il sommelier (cui faccio notare la cosa, non sapendo ancora che ciononostante dovremo aspettare di vuotare la bottiglia prima di cambiare vino) vengo a sapere che alle volte viene dato in abbinamento un tè, e non posso che lodare l'accostamento: non è certo un caso che proprio il piatto che più mi si addice sia sposato ad un tè, e posso solo fantasticare su quale sarebbe stata la mia beatitudine potendo sorseggiare un pu'er, un wulong o anche solo un nero cinese di rango. Riguadagna una qualche plausibilità il vino accanto allo “assoluto di cipolla, parmigiano e zafferano tostato”, un “brodo” fatto di solo succo di cipolla – senza una goccia d'acqua – in cui sono immersi dei minuscoli raviolini tondi ripieni di solo parmigiano-reggiano affiancati da pistilli di strepitoso zafferano abruzzese, un trionfo esaltante di sapore, quasi un tributo al gusto umami temperato però dalla dolcezza, piatto tanto robusto quanto in effetti raffinato nell'ideazione. Quando a fine pasto Romito ci ha chiesto cosa ci fosse piaciuto di meno io ho citato il successivo “baccalà, peperone e rosmarino”, non perché non fosse buono (e bello, cromaticamente il contrasto tra il bianco del pesce e il rosso cupo della salsa al peperone è splendido), ma dovendo indicare qualcosa questo è stato il piatto meno memorabile, del resto la cucina di Niko è strettamente legata all'entroterra abruzzese e non stupisce che sia con un ingrediente di mare, pur se storicamente trasportato anche lontano dalle coste, che ottiene il risultato meno sbalorditivo. Giunge il momento di un piatto di pasta e io mi auguro di veder comparire le “fettuccelle di semola. gamberi rossi e pepe rosa”, cosa che prontamente avviene, ed è il turno di Silvia di trovare il suo piatto d'elezione in questa creazione in cui solo una salsa ricavata dal carapace dei gamberi lega gli stessi alla pasta, con il pepe rosa a celebrare l'unione; avendo una volta discusso con un cuoco che dichiarava di disprezzare questa spezia sono rincuorato dal vederla utilizzata in maniera tanto memorabile. Ormai anche la fanciulla era completamente partita per i cieli della beatitudine gastronomica, e continuava a ripetere che nessuno dei suoi parenti o amici avrebbe potuto capire questa esperienza, tutti e tre eravamo travolti da un'ilarità generata dal benessere, solo che io la riconoscevo e ne sapevo cogliere i confini, per i miei amici si trattava di una vera vertigine e di un'ebbrezza sconosciuta, tanto è vero che Silvia, la concreta, realista, economa Silvia a un certo punto se ne uscì con questa frase, detta in piena convinzione: “beh Ema, adesso anche a Bruxelles dovremo organizzarci... almeno una volta al mese in un posto così”, frase di pura follia, visto che nemmeno un fanatico come me si reca in un ristorante di quel calibro ogni mese, a meno di essere ricco; da allora abbiamo appena accennato a quell'esperienza, prima o poi chiederò a Silvia se si ricorda quella frase, e se riesce a rivivere vagamente per un istante la situazione che gliel'ha fatta pronunciare. Il piatto successivo, “tortelli con capocollo laccati con pepe nero” è di recente invenzione, non è ancora stabilmente inserito in carta e per questo motivo ci è stato espressamente richiesto un parere da Romito: di grande carattere sono però talmente saporiti che mi sono detto felice di averli provati un porzione ridotta da menu, un intero piatto con dose alla carta mi avrebbe probabilmente sopraffatto. Per fortuna a sostenerli era infine arrivato un nuovo vino, un Valpolicella superiore Terre del Cereolo di Trabucchi del 2004, i cui profumi speziati reggevano la laccatura al pepe della pasta dei tortelli: un vino ottimo in fascia di prezzo media, forse sin troppo recensito e premiato a livello tanto nazionale quanto internazionale ma la nostra relativa ignoranza vitivinicola ci ha fatto apprezzare quello che per altri sarebbe stato forse banale, infine dopo il Cerasuolo rappresentava il ritorno a un vino di struttura. Ancora un volo verso il puro piacere con il piatto forte, “anatra croccante con spinaci e foie gras”, in cui la scaloppa di fegato stava tra il caldo dell'anatra e quello del piatto, sciogliendosi leggermente e permettendo quindi alla carne di slittare leggermente, una meraviglia di sapori, consistenze, temperature per un piatto privo di tecnicismi esibiti ma di reale perfezione nell'esecuzione; nuovo sbalordimento di noi tutti, nuova gioia, abbandono alla fisicità che non è rinuncia all'intelletto ma accordo con esso: anche tra i grandi cuochi pochi riescono a portarti a simili cime, Romito ci riesce. Non potevamo rinunciare, a questo punto, a un vino da dessert, e ci è stato portato un Pineau des Charentes rosé, con grande gioia di Silvia, che adora questa bevanda, che come saprete non è propriamente un vino, essendo mosto non fermentato tagliato con Cognac... anche in questo caso non ricordo il produttore che era comunque, come naturale, una maison di Cognac che commercia anche il Pineau quasi più per tradizione e come curiosità che per profitto, visto che il mercato è molto limitato; ottimo comunque nel suo genere. Io personalmente, rispetto a quei periodi e quei locali in cui ti investono di una quantità di dolci smisurata trovo apprezzabile la tendenza a presentare un solo dessert, però devo dire che un piccolo pre-dessert per preparare la bocca l'avrei gradito, invece dopo la carne e la rituale spazzolatura delle briciole siamo passati direttamente all'ardito “limone, cioccolato, mosto d'uva e liquirizia”: e giusto mentre discutevo con Silvia di come la conciliazione dei contrari (il cioccolato e il limone) avvenisse grazie alla presenza di un terzo elemento catalizzatore (la liquirizia) creando un insieme armonico in omaggio alla legge della Gestal per cui il tutto è più della somma delle parti, proprio come il nostro ormai rodato rapporto per cui insieme siamo in ottima armonia ma togliendo un elemento il tutto si squilibra (in realtà il rapporto a due mio con Ema e suo con Silvia funziona – anche se meno bene di quello a tre – siamo io e Silvia gli estremi da mediare), la tensione di Emanuele si è sciolta in una manifestazione estrema che non riferirò, come non ripeterò le sue parole e i suoi paragoni, ma l'accaduto ha scaldato e aperto il mio animo dandomi la prova definitiva che si trattava di un'emozione autentica, e che ero davvero riuscito a introdurre i miei amici a qualcosa d'importante. Resta ormai solo da descrivere la piccola pasticceria, consistente in “gelatina di pompelmo rosa, bomba calda al cioccolato, croccante al cioccolato, cioccolatino al limone”, in cui però il connubio ancora una volta ricercato si esprimeva, a parer mio e di Emanuele, in maniera troppo violenta, resettando sì la bocca ma con un effetto non piacevole, come non abbiamo mancato di manifestare a Romito. RITORNO SULLA TERRA Lo chef infatti era già passato brevemente, ma è stato a pasto terminato che è passato ad ascoltare i nostri pareri e a incassare i nostri complimenti con una reazione che ad alcuni potrebbe parere fredda ma a me si rivela solo come schiva e riflessiva; questo ancora giovane cuoco che ha creato una tavola di livello mondiale in luoghi in cui non si era mai visto niente di simile, che conosce e ama i prodotti della sua terra e li sa portare a un livello di finezza mai raggiunto da una tradizione che ha interiorizzato e superato di un balzo senza rincorrere nessuna moda è per me, lo dico senza incertezze, il migliore che abbia mai provato in Italia e uno dei vertici assoluti della mia esperienza di cultore dell'alta cucina. Il prezzo del suo menu degustazione, cento euro, è il miglior affare che mai abbia incontrato, giusta compensazione per tutti coloro per i quali giungere al Reale non è affatto semplice. Il conto finale è stato di 153 euro a testa, al menu e ai vini va aggiunto il costo di un whisky da me preso per concludere il banchetto: desideravo qualcosa di robusto ma non eccessivamente torbato, con una vena soave che mi cullasse ancora un po' nell'atmosfera deliziosa in cui la cucina mi aveva condotto, e allora ho scelto un Edradour invecchiato in botti di Sauternes, un nettare di cui ci siamo versati di nascosto un secondo bicchiere (pur avendo messo la bottiglia sul tavolino di servizio fuori dalla nostra portata me l'avevano portata visto che ne stavo discutendo) che si sono divisi i miei amici; il caffè era offerto, ma se ricordo bene solo Silvia ne ha preso uno (dovendo guidare sino a Pescara dove eravamo attesi da amici di Emanuele che ci avrebbero ospitati). A malincuore ci siamo alzati da tavola, abbiamo visitato le sale del piano superiore e ci siamo immersi nel buio che ormai aveva completamente avvolto ogni cosa. La valutazione di quattro cappelli riflette la mia abituale politica sulle prime visite e tiene conto anche del servizio del vino, sul quale ho espresso le mie riserve – spero che con il crescere di questa realtà ancora nuova che è il Reale Casadonna non vengano più fatte scelte del genere – ma la cucina è al di là di qualunque valutazione esprimibile tramite punteggi e va solo provata, per poter vivere una di quelle emozioni tra le poche che si possano segnare senza esitazione nella colonna positiva di quel ineluttabile bilancio che ci impone la morte.

47 commenti

Jimi-Hendrix
01/03/2012
Magari avessi io il talento (e il tempo) per questo "modello" di recensione.. :sun:
Tato65
01/03/2012
Indipendentemente dal locale..........complimenti per la recensione, sono già appagato senza spendere una lira.... :chuckle: BRAVO BRAVO!!!
pappapappa
01/03/2012
Ancora una volta una perla di recensione! Mi rimane solo una curiosità: "la manifestazione estrema" del tuo amico :mad:
gi
01/03/2012
wow mizo ! bellissima come sempre !! :clap:
Tapparella
01/03/2012
"Non starò più a cercare parole che non trovo per dirti cose vecchie con il vestito nuovo..." (dato il nick capirai la citazione)
mizoguccini
01/03/2012
Fingo di aver capito... ;)
Tapparella
01/03/2012
Cavoli, mi hai spiazzata... risposta perfetta!
johnnybazoo
02/03/2012
Bellissima recensione! Sono subito andato a consultare il sito del ristorante di Niko Romito, che bei piatti e che colori stupendi! Se permetti vorrei fare un piccolo appunto sul tuo metodo di giudizio che faccio un po’ fatica a comprendere appieno; dalle precedenti recensioni ho capito che come regola alla prima visita di un locale non dai mai 5 cappelli perchè vuoi verificare la "ripetitività della prestazione", però su 32 recensioni solo 2 locali li hai valutati due volte, adesso non sono stato a leggere tutte le tue bellissime recensioni, però così a memoria di questi "casi" almeno un paio me li ricordo. La domanda che mi sorge spontanea è: senza questa regola quante delle recensioni da 4 cappelli sarebbero state da 5? se mi metto per un'attimo dalla parte dei ristoratori, che tu per altro hai spesso elogiato con termini assoluti, non ultimo propio Niko Romito, riesco ad accettare questo tuo metro di giudizio a patto però che nel giro di qualche mese mi dia la possibilità di dimostrarti che la prima volta non era un caso, e chiaramente gradirei molto una recensione a conferma di questo, altrimenti mi sentirei ingiustamente "scippato" di un cappello
Tapparella
02/03/2012
Ma come può un ristoratore sentirsi scippato dopo una recensione del genere? Io mi sentirei estremamente onorato! Qui non ci sono in ballo stelle, centesimi, gamberi... Qui c'è un racconto di un'esperienza straordinaria, e sono certa che lo chef capirebbe.
mizoguccini
02/03/2012
Beh, johnny, purtroppo non posso permettermi di tornare in certi locali (che magari sono anche molto lontani dalla mia città), inoltre sono abbastanza pochi quei ristoranti che non hanno mostrato nemmeno un difetto: nel caso del Reale, anche se avessi la certezza che il livello della cucina sia costante (cosa in cui confido) per questa visita non assegnerei comunque i cinque cappelli per la gestione dei vini al calice. Quando si giudicano locali di questo livello, e di questa fascia di prezzo, non si deve lasciar passare la benché minima mancanza. Una nota, poi: solo due locali li ho RECENSITI due volte, ma tutti quelli cui ho dato 5 cappelli sono stati da me visitati molte volte, alcuni decine e decine.
johnnybazoo
02/03/2012
Tapparella io non stò parlando della recensione in sè, che tra l'altro ho trovato bellissima come del resto tutte quelle di Mizoguccini, ma del voto espresso in cappelli che dovrebbe essere l'immediata sistesi della stessa, e non stò parlando neanche di stelle, centesimi e gamberi, ma di un metodo di valutazione che a parer mio ha qualche punto di miglioramento, sul fatto di sentirmi onorato, non conosco personalmente il sig. Mizoguccini, quindi mi fido, chiaramente si percepisce che la sua cultura nel campo della ristorazione è a livelli per me irraggiungibili, ma proprio per questo se fossi uno chef vorrei essere giudicato e "cappellato", non in base al fatto che sia la prima visita piuttosto che la decima, ma per quello che ho saputo esprimere durante l'esperieza singola, mi spiego meglio, se la prima volta mi sono meritato 5 cappelli mi dai quelli se la volta dopo solo 3 idem scusa ma così giusto per capire sei un lui o una lei? Mizoguccini sul giudizio del Reale concordo con te, il servizio non è stato privo di qualche piccola pecca, e per ristoranti di questo livello i 5 cappelli devono inevitabilmente rappresentare la perfezione, sui tuoi 5 cappelli avevo già sbirciato velocemente le recensioni e questo si capiva, infatti nel mio commento non li ho menzionati, anche se uno era la prima volta, ma come si dice l'eccezione conferma la regola, quello che mi lascia un pò perplesso è la regola del "mai 5 cappelli alla prima visita" se poi non c'è mai una seconda, è un pò come se il tuo capo dovesse valutarti per quello che hai fatto durante l'anno appena passato e ti dicesse "guarda quest'anno sei stato bravissimo, hai raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo dati, hai dato un'enorme contributo all'azienda, ma essendo la prima volta che io ti valuto non posso darti il massimo dell'aumento, vedrai che l'anno prossimo li avrai entrambe", poi l'anno dopo cambia il capo ma non il discorso, a me darebbe molto fastidio
Lucy...ah
02/03/2012
Ho "assorbito" tutto ciò che hai descritto e sono in difficoltà nell'esprimerti il mio stato d'animo....mi sembrava di essere lì con voi.
Lucy...ah
02/03/2012
meravigliosa!!!
Tapparella
02/03/2012
@Johnny “il miracolo dell'incontro tra le sensibilità si compie in pieno per quanto mi riguarda, il suo mondo mi è aperto... ma ciò che mi commuove ancora di più è vedere la folgorazione negli occhi di Emanuele, il suo subitaneo sbalordimento, non credeva, non credeva che il cibo potesse essere questo, non l'immaginava neanche e in un solo istante capisce tutta la mia mania, che non gli appare più come fanatismo, l'iniziazione è avvenuta, istantanea come solo nei di shock estetici più forti” “Ormai anche la fanciulla era completamente partita per i cieli della beatitudine gastronomica, e continuava a ripetere che nessuno dei suoi parenti o amici avrebbe potuto capire questa esperienza, tutti e tre eravamo travolti da un'ilarità generata dal benessere, solo che io la riconoscevo e ne sapevo cogliere i confini, per i miei amici si trattava di una vera vertigine e di un'ebbrezza sconosciuta” Dopo aver letto un racconto simile, non riesco a pensare al numero dei cappelli. E forse anche il ristoratore sarebbe più gratificato dalla lettura di una tale recensione che non da un semplice “fantastico, si mangia da re, 5 cappelli”. P.S. Sono una “lei”!
Lisus
02/03/2012
Tanto di cappello, vorrei essere iniziata anch'io! ma non so se è un'esperienza per tutti... ;)
johnnybazoo
02/03/2012
Io capisco il tuo punto di vista, ma purtroppo vedo che la cosa non è reciproca, spero che il diretto interessato comprenda a cosa mi riferivo, e che non è direttamente legato a quest'ultima perla di recensione, ma a un discorso più generalizzato
Tapparella
02/03/2012
Johnny, perchè pensi che io non capisca il tuo punto di vista? Lo capisco e lo rispetto. Ho solamente ribadito i motivi per i quali il mio pensiero vola altrove, tutto qui. ciao
mizoguccini
02/03/2012
Sai johhny, in fondo questo discorso si applica solo ai ristoranti stellati, perché in quelli più normali qualora mi piacciano così tanto è più facile che ricapiti. Comunque lo ripeto perché l'ho detto più volte altrove, per me i 5 cappelli vuol dire davvero "imperdibile", cioè "ci andrei a mangiare ogni settimana" e "meta obbligata per chiunque passi nelle vicinanze"... l'alta cucina non risponde a questi criteri.
johnnybazoo
02/03/2012
Leggendo i commenti questo non lo avevo percepito, adesso è tutto chiaro; il mondo è bello perchè vario ;) ciao
salsarosa
02/03/2012
Io penso che per ottenere 5 cappelli e il giudizio di imperdibile, la serata trascorsa debba rasentare la perfezione sotto tutti i punti di vista...sono inoltre fermamente convinta che ci siano vari livelli di "imperdibile", e ciò dipende dal livello del locale stesso, e di conseguenza dalle aspettative che noi stessi riponiamo su di esso...se in una trattoria alla buona, una pizzeria, un'agriturismo, per strappare un "imperdibile" basta aver mangiato cibi di buona qualità, presentati in maniera decorosa, aver bevuto vini gradevoli, spendendo una cifra "ragionevole", concordo sul fatto che in un locale come questo (a proposito, mizoguccini, una recensione splendida!) le aspettative sono ben altre...e concordo sul fatto che una poco accurata scelta del vino faccia decadere immediatamente un cappello...e forse anche un po' di più...quindi, trovo che il giudizio finale sia più che corretto...
salsarosa
02/03/2012
Devo rileggere con più accuratezza i miei interventi...scrivendo di getto tendono a scapparmi dei congiuntivi...e la cosa non mi piace neanche un po'...prometto più attenzione per i prossimi!
monicas
02/03/2012
Complimenti per la tua bellissima esperienza gastronomica descritta egregiamente, e per avercene fatti partecipi tramite la recensione. Non leggo da tempo le altre, ma la tua è sempre paragonabile all'inizio di un nuovo viaggio verso una meta sconosciuta. E come ad ogni ritorno, non è mai possibile riassumere il giudizio con un aggettivo (o giudizio in cappelli), perchè hai vissuto sulla tua pelle sensazioni spesso contrastanti, che magari ancora non sei riuscito a decifrare completamente. Ma a chi sai che non può capire è ti chiede: "è stato bello?", vale la pena di rispondere semplicemente: "sì, consigliatissimo!!".
mizoguccini
04/03/2012
Si può fare una correzione? Leggendo l'estratto della carta di credito ho visto che abbiamo speso in effetti un po' meno, 452 in tutto, cioè 150 euro virgola 6 periodico... E grazie ancora a chiunque abbia apprezzato la recensione.

06/03/2012
Commento solo ora perchè ho voluto riservarmi un po di tempo per leggerla tutta d'un fiato, senza soste, per godermela meglio.. Mizo, come al solito questa recensione è uno spettacolo.. Un vero viaggio nella tua magnifica esperienza.. Spero davvero un giorno di poterla vivere.. Complimenti. PS: Quanto costava il whisky, per sapere quanto ha pesato sul conto? PPS: Come CUCINA in se lo definisci come " il migliore che abbia mai provato in Italia", precede quindi persino il tuo amato Uliassi???
mizoguccini
06/03/2012
Il whisky, se ricordo bene, era tra i 10 e 15 euro; ricordo che Silvia avrebbe voluto provare una grappa e siccome in carta c'era quella di Levi le avevo consigliato quella ma il prezzo di 20 euro era stato giudicato troppo alto per lei, e il whisky costava meno. Posto che si tratta di cucine diverse, a partire proprio dagli ingredienti, direi che sì, forse preferisco Romito a Uliassi, comunque è il solo tra quelli da me provati peri quali possa avere un dubbio. Tenendo sempre presente che non discuto la tecnica superlativa di Bottura ma non sempre ne amo visceralmente i piatti.
mizoguccini
06/03/2012
Ehm... per il quale, non "peri quali".
mizoguccini
06/03/2012
Dunque, facendo due calcoli: 300 per tre menu, 5 euro di acqua, 45 a testa (135 in tutto) di vino, siamo a 440, per arrivare a 452 ne mancano 12, che desumo fosse appunto il costo del whisky (a proposito, non è stato corretto il prezzo pagato).
Kava5150
06/03/2012
E pensare che il povero Romano Levi le sue bottiglie, quando lo si andava a trovare a Neive, le vendeve a 25 euro...
corpicino
06/03/2012
Grazie Mizo per averci fatto partecipe della tua emozione culinaria.....ho avuto il piacere di incontrare Niko Romito ....per cucine :chuckle: :chuckle: lo scorso anno e mi aveva colpito la conoscenza delle materie prime e le cotture...uno spettacolo parlarci!!! Kava ma di bottiglie piene di Levi ne tieni ancora??? :chuckle: :chuckle: :chuckle: :chuckle:
Kava5150
06/03/2012
Ne ho un paio vuote, con l'etichetta disegnata. Una terza è ancora piena ;)
Reginalulu
06/03/2012
Fatto il cambio di prezzo, il periodico non ce l'ho a disposizione ;)
salsarosa
07/03/2012
Se può interessare, oggi ho visto in vendita una rivista specializzata (purtroppo non ricordo il nome) che come articolo di copertina aveva proprio l'intervista a Niko Romito, corredata da una decina di ricette del suo menù...nel caso qualcuno volesse cimentarsi nella versione casalinga del gel di vitello al tartufo...
mizoguccini
07/03/2012
Ma avevi anche mangiato da lui corpicino? Il gel di vitello fatto in casa... beh, un mio conoscente esponeva le sue copie da Caravaggio.
salsarosa
07/03/2012
Anche un mio conoscente canta le canzoni dei Queen convinto di avere la voce di Freddie Mercury...tuttavia, informavo solo della presenza di questa rivista ( da me non acquistata)...non volevo scatenare alcuna polemica...è pur vero che, per quanto un'iniziativa del genere possa essere risibile, di certo è stata concordata tra il giornale e Romito, e che poco o tanto da essa si attendano dei "frutti" (aumento di clientela? di popolarità? di stelle? Ovviamente, non posso saperlo), dal momento che si è optato per una versione del genere (ossia corredata di ricette), rispetto alla classica intervista...
Reginalulu
07/03/2012
Io avevo un Maestro che diceva che sai di essere veramente un grande quando le persone intorno cercano di copiare quello che fai...forse l'ottica è questa :)
salsarosa
07/03/2012
Sono assolutamente d'accordo con il tuo Maestro, Regina! Tuttavia, per quanto io, nella mia vita di tutti i giorni e in particolare quando mi dedico ad attività "artistiche", tenda a non copiare (prendere ispirazione sì, ma cercare di riprodurre fedelmente qualcosa creato da altri, mai), non mi sento di "condannare" qualcuno che invece lo fa, né di ritenerlo patetico...anzi, lo prendo come un tentativo, riuscito o meno, questo ovviamente dipende, di omaggiare un "grande"...e questo vale per il conoscente di mizo che ricopia Caravaggio, il mio che replica Freddie Mercury e un'ipotetica casalinga di Voghera che un giorno invece di servire le tagliatelle al ragù si cimenta in un piatto di Niko Romito... finché non si fa nulla di male, vivi e lascia vivere, diceva quello...
mizoguccini
07/03/2012
Ma certo... solo che l'idea mi fa un po' ridere. Ci sono ricette riproducibili con tanta mano, tantissima attenzione e pazienza anche in una cucina casalinga, altre richiedono necessariamente una strumentazione presente solo nelle cucine professionali. Confido che Romito abbia fatto pubblicare qualcosa di fattibile.
corpicino
07/03/2012
Magari Mizo....io mi sono limitato a portarlo in giro pewr scegliere la cucina....pero' ho visto 10 minuti che preparava qualcosa per provarle... :(
g.falconline
07/03/2012
Forse la rileggerò ancora... come potrei accontentarmi della quinta volta? :yes: :) :yes: :)
mizoguccini
27/03/2012
Inviando il link a un amico mi sono accorto che c'è ancora una correzione da fare: terzo paragrafo, secondo capoverso settima riga: "come solo nei di shock estetici..." tra "nei" e "di" va inserito un "casi", "come solo nei casi di shock estetici..." Grazie.
leo63
27/03/2012
Ottima recensione. Come ti dicevo "de visu" domenica depurata degli elementi personali (che qui sono molto simpatici da leggere) è una bella scheda critica al ristorante. La pecca della successione dei vini balzana sarà, a locale pieno (o semi-pieno), interamente risolta.
gi
27/03/2012
@leo63: benvenuto ! :) @mizo: inseriti i "casi" :)
mizoguccini
05/11/2013
Il ristorante Reale Casadonna ha ottenuto la terza stella Michelin sulla guida del 2014. Complimenti a tutto lo staff.
Kava5150
05/11/2013
Grandissimo Niko. In tempi non sospetti Cremona disse che Romito sarebbe stato "il nuovo Bottura"...paragone azzardato? Vista la terza stella forse non così tanto
mizoguccini
01/08/2014
Un aneddotto: lunedì di questa settimana (28 luglio) c'erano a cena a casa mia i mie due commensali in questa esperienza. Inevitabilmente a un certo punto ci siamo messi a parlare del pranzo da Romito: come avevo predetto in questa recensione, ho chiesto a Silvia se si ricordava di aver espresso, stordita dalla gioia del pasto, l'intenzione di andare in un ristorante di simile caratura "almeno una volta al mese". È risultato che la mia amica aveva sì in mente la frase, ma non era sicura di averla pronunciata lei, e supponeva potesse essere stato Emanuele. Per altro, se ve lo steste chiedendo, ovviamente il proposito non è stato mantenuto da nessuno dei due, tuttavia Emanuele ha effettivamente preso il vizio dell'alta cucina, anche se vi può indulgere molto poco, e giusto un paio di settimane fa è è andato in un ristorante stellato belga che gli è piaciuto immensamente. Se poi volete sapere cosa ne è stato di me, che non scrivo una recensione da moltissimo tempo, sappiate che la mia attuale condizione economica è talmente disastrata che non vado proprio più a mangiar fuori, nemmeno ogni tanto da Poporoya. Tuttavia a settembre o all'inizio dell'autunno ci potrebbe essere una nuova occasione per incontrarci, da voi a Modena...
gi
01/08/2014
speriamo che si sistemi :) e intanto puntiamo a settembre ! :)
pappapappa
01/08/2014
Ciao Mizo, nemmeno io scrivo da tanto e il motivo è lo stesso. Siamo un pò tutti nella stessa barca, coraggio!
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