Maremma – 3
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Le vecchie sono sedute sulle seggioline di legno davanti all’uscio di casa, e chiacchierano con le vicine delle casa di fronte. Le vie sono strette, Montorgiali è abbarbicato su una roccia in mezzo ad un bosco di querce.
Io mi ricordo, 50 anni fa nel mio quartiere succedeva lo stesso, anche se l’ambientazione era diversa; ma la gente proveniva dal ceto popolare medio basso e le donne avevano questa abitudine.
La Marta si ricorda di Bovolone, nella bassa veronese, dove ha passato gli anni più giovani e dove allora si faceva il filò, sulle seggioline d’estate, nella stalla d’inverno, per chi stava in campagna.
A guardarsi un po’ in giro, credo che sia una tradizione tipicamente italiana, quella delle donne, in particolare quelle più anziane, a volte anche i bambini, che si siedono su una seggiolina (attenzione: una seggiolina, quasi mai una sedia) a chiacchierare di sera, appena fuori di casa.
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A Montorgiali ci si arriva da una bellissima strada che taglia la campagna e le dolci colline del basso grossetano, cosparse di vigne e di reggimenti di olivi. Con il sole del tramonto tutto risplende ed è più bello. Non c’è un cane in giro per strada, ma la Locanda, distante 25 – 30 km. dai luoghi vicino al mare, presenta il tutto esaurito. Solo chi non l’ha provata si può chiedere il perché di questo afflusso in questo luogo abbandonato dal mondo: chi c’è venuto non ho dubbi che si dichiarerebbe disposto a fare anche più km. per arrivare a cenare qui.
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Il tavolo che ci è stato proposto è sulla terrazza, un piccolo spazio quadrato con quattro tavoli e quindici venti coperti complessivi, a picco sulla valle per tre lati, una specie di sommitàdi una torre. La giovane cameriera ci informa che saremo accompagnati da un piacevole venticello per tutta la serata, e così sarà, e saràproprio piacevole a 26 – 27 gradi.
Abbiamo dimenticato la macchinetta fotografica, ma il tramonto verso il mare è stato qualcosa di spettacolare.
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La cena inizia con una mise en bouche di pappa al pomodoro offerta dalla casa. La presentazione è piacevole, la pappa è servita in forma da coppa pasta con foglie di basilico e in giro d’olio evo.
Da bere, con una bozza di acqua gasata, ci viene proposto mezzo litro di Morellino DOC sfuso. Molto buono e profumato, potente anche, avràfatto 13,5 – 14 gradi.
Quella del vino sfuso è forse l’unica piccola scivolata di questo locale, ma il vino era veramente apprezzabile e quindi la scivolata è superata (credo comunque che, a richiesta, ti avrebbero portato anche il Morellino in bottiglia, ad un prezzo un po’ più alto).
Cesto di pane toscano, frammisto a delle palline spettacolari, come dei grissinoni tagliati a piccoli pezzi da due cm. di diametro circa, cotte con i semini di anice, in una pasta che tendeva al giallo verde. Un grissino della tradizione locale, che non so come si chiami, la maitre lo chiamava “biscotto”.
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Come primo scegliamo dei pici con guanciale, gorgonzola e pere (semplicemente meravigliosi), e dei tortelli maremmani, con sfoglia sottilissima tirata a mano, ripieni di ricotta di Manciano e spinaci, spolverati con pistacchi di Bronte, cannella, olio e pecorino. Superiori anche questi, alta cucina. E presentazione pure quella sempre d’alta scuola, in particolare i tortelli maremmani.
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Arrivano i secondi, che sono tre. Sono su un piattone rettangolare bianco, sopra il quale erano ordinati tre vassoietti rettangolari di ceramica bianca, contenenti ciascuno un piatto: cinghiale in umido, animelle, coratella.
L’animella sarebbe il timo dei vitellini, una ghiandola tenera e delicata, dal lontano sapore di latte, cotta in umido, era una squisitezza. E’ difficile anche da trovare, più il vitello diventa adulto più l’animella si secca e sparisce.
La coratella dovrebbe comprendere le interiora dell’animale, cioè cuore, polmoni, milza fegato… a me sembrava solo il cuore, perché erano pezzettini concavi, anche questi deliziosi, cucinati alla perfezione.
Il cinghiale da queste parti è un must, vicino al bar del Parco c’erano i cinghialini in libertà. Questo era cotto molto bene, anche se non alla perfezione, cioè non tenerissimo, ma gustosissimo, con una punta di peperoncino.
Insomma… i tre secondi sono spariti in fretta, anche se erano tre porzioni belle abbondanti.
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Il servizio è stato sempre molto cortese, grazie anche alla maitre che spiegava bene il contenuto dei piatti, organizzando adeguatamente la ragazza di sala e un giovinottone abbastanza bene in carne, occhialetti sottili, vestito da “cameriere” (camicia bianca con farfallina e braghe nere), molto impacciato e simpatico. Direi una conduzione quasi familiare, resa al meglio possibile.
Le animelle in particolare erano superlative.
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Nell’attesa del dolce, fondente nel fondente con rhum all’arancio, osserviamo altri piatti favolosi che vengono portati agli altri clienti… presentati sempre in modo eccellente, con ceramiche e ciotoline in stile provenzale.
Il dessert, ne abbiamo preso uno in due, era qualcosa di paradisiaco. In un Martini piccolo, il rhum annegava scorzette d’arancio molto fine e una pallina di ribes rosso; sul vassoietto di ceramica (con lo spazio per l’appoggio del bicchiere, quindi realizzato appositamente), una specie di tartufone di cioccolato malformato, cosparso di fondente fuso, con palline di ribes rosso da una parte e dall’altra, nonchè altre scorzette d’arancio. Veramente paradisiaco.
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Il conto? 50 euro in due, roba da mettersi a piangere (per la commozione).
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31/07/2012
Ciao Carlo, con il menu oggi non ci siamo molto pigliati (animelle, coratella, rhum...), ma ti ringrazio perchè hai aperto la finestra della stanza del ricordo... Quella seggiolina (chiamata nunèna dalle mie bande) con seduta l'anziana minuta ed ossuta dagli occhi carichi di bontà... la ritrovi nelle foto di famiglia ormai consunte, nei vecchi film b/n, in qualche stradina dei giorni nostri e, talvolta, in un angolo delle nostre case... silenziosa, discreta, saggia e rassicurante come lo Spirto (Petrarca, perdonami) che la protegge. :) :) :)