È sabato sera (o, per essere più precisi, è la vigilia della sesta puntata del Palio della Tagliatella…) e ci troviamo, mia moglie ed io, a rientrare da Bologna con la consegna di non rientrare troppo presto a casa per non rischiare di intrometterci nella grigliata che il giovane Marco sta cucinando per la sua compagnia.
Passando per Castelfranco ci fermiamo quindi a “La Lumira”, ristorante che non abbiamo mai sperimentato ma di cui abbiamo letto ottimi commenti su internet.
L’interno del locale si presenta molto bene: la costruzione è moderna (al piano terra di una palazzina apparentemente degli anni ’80) ma arricchita da elementi rustici di ottimo gusto.
Tavoli ben distanziati e curati nella mise en place: calice per il vino, bicchieri da acqua di vetro colorato/soffiato diversi per ogni tavolo, posateria moderna e pesante.
Noto anche che i menu che ci vengono portati sono uguali nell’aspetto e, ovviamente, nei contenuti ma di colore diverso: sui toni dell’azzurro per me e del rosa per mia moglie (non ricordo peraltro se la versione femminile del menu riportasse o meno i prezzi delle varie portate).
Piuttosto ricca la carta dei vini dalla quale scelgo un pignoletto cantina Lodi Corazza che si rivelerà gradevole, sebbene leggermente asprigno e con un retrogusto più amarognolo della norma.
Appena fatte le ordinazioni ci vengono offerte (attenzione alla terminologia) due piccole crescentine farcite di lardo e parmigiano, servite su una tigella che funge da piattino di portata.
Già, le ordinazioni.
Mia moglie sceglie “Ricchi e Poveri”, ovvero tortellini cotti in un denso passato di fagioli, aromatizzato con pepe e pomodori secchi. Potrebbe sembrare un abominio, specialmente nella patria del tortellino, invece il piatto si è rivelato assai gustoso, con i tortellini – particolarmente saporiti – che ben si distinguevano dagli altri ingredienti.
Per me tagliatelle, però verdi e con ragù di carne e piselli: pasta di buon spessore, cotta a puntino e abbondantemente condita.
Dopo le tagliatelle, tanto per restare nella tradizione, ordino una “cotoletta rifatta all’Arvaia”, ovvero una cotoletta impanata e fritta secondo i canoni, poi ripassata in padella con pomodoro e piselli, proprio come la faceva mia nonna.
La consorte invece, come secondo opta per un antipasto: polenta fritta con squacquerone e pere al lambrusco, piatto interessante che ci ha suscitato una curiosità: come facevano le fette di pera a restare così sode e a mantenere la propria forma nonostante la cottura nel lambrusco ?
Comunque il piatto è stato riconsegnato perfettamente vuoto, eccezion fatta per l’amletico dubbio delle pere.
In chiusura – visto che non ordiniamo dessert - ci vengono offerti due pezzetti di bensone, utili per finire il pignoletto, e due di un dolce simile allo strudel di mele ma con un evidente sapore di amaretto.
Servizio estremamente professionale e cortese, mai invadente e conto totale di 78 euro, non proprio pochissimi ma in parte giustificati dalla cura del locale.
10/04/2018
Mi sono dimenticato di parlare del pane: quando abbiamo ordinato ci è stato portato un piatto (del tipo "ristorante del buon ricordo") con alcune fette di pane bianco, alcune di pane nero, alcuni pezzetti di gnocco al forno e un'altra cosa - a metà strada tra la stria secca e il pane carasau - che abbiamo gradito molto.