Non c’erano ancora le restrizioni categoriche di adesso, un futuro solo vagamente opaco, qualche preoccupazione leggera, perchè fino a qualche settimana fa avevamo l’impressione che il disastro - noi abituati a vedere le guerre, i terremoti, la fame, le malattie sterminanti e i morti solo in TV - fosse prerogativa dell’altrove.
Quindi, seppur con una certa prudenza, dato che il mio compleanno coincide anche con il quarantaseiesimo anniversario del nostro amore, abbiamo deciso di muoverci e di andare a fare una passeggiata, il più possiible solitaria, a Borghetto sul Mincio.
Il locale, dopo aver dato una scorsa alle rapide dal ponte visconteo e girovagato per le viuzze, tra i mulini ad acqua e i negozietti di stampo provenzale pieni di profumi di lavanda e di saponi alla ginestra, è sulla parte ovest del villaggio, in un vicoletto con il selciato a cubetti di porfido, le lampade gialle lavorate che sporgono dai vecchi edifici e tanti fiori, dato il tiepido inverno, nel giardino vicino all’antica locanda del Moro.
Ne parlavamo allora, come un auspicio, mentre ci accomodavamo in un’ampia sala ben arredata, con travi di legno sul soffitto, piatti alle pareti, tra il rustico e l’elegante, di un insegnamento che riguarda la nostra fragilità e, insieme, la nostra totale interdipendenza. Con una differenza, rispetto a tutte le tragedie del passato: il carattere globale della catastrofe odierna, che colpisce tutto il mondo, l’umanità intera, senza differenze di nazionalità, di cultura, di lingua, di religione e perfino di condizioni economiche e politiche.
Non mangiamo più molto, come anni addietro, quindi decidiamo per un antipasto da dividerci: luccio, in salsa con i capperi, e la polentina. Belli i pezzi interi di luccio, porzione giusta per un assaggio in due e pesce delicatamente saporito. Ottimo il condimento.
I camerieri sono due signori attempati, gentilissimi, pronti e alla mano. Tre tavoli con gente, molto distanziati.
Mentre la Marta ha il suo turno ai servizi (pulitissimi, in ordine e con qualche tocco di charme (per come può essere di charme un cesso… :) ), un cameriere mi fa assaggiare un calice di Lugana DOC Bulgarini, vino che si sente tenuto in acciaio, leggermente fruttato, i sommelier direbbero con nota di pesca. Comunque bello fresco il giusto e salinato al palato, con una lunga persistenza aromatica. Non aspetto nemmeno mia moglie e ordino un calice per lei, mentre per me un quartino di Custoza DOC della Cantina Sociale che conosco bene, più quantità, e qualità solo di poco inferiore. Poi mezza minerale gasata.
La seconda ipotesi, si diceva, riguarda la necessità che, di fronte a emergenze come quella che stiamo vivendo, vengano adottate misure efficaci e soprattutto omogenee, per evitare che la varietà dei provvedimenti adottati, in molti casi del tutto inadeguati, finisca per favorire il contagio e moltiplicare i danni per tutti. Cosa che adesso che scrivo, non stiamo purtroppo vedendo, nè in alcune parti d'Italia, nè in alcuni altri Stati.
I due primi sono arrivati con buon tempismo, ce li siamo ugualmente divisi come facciamo ormai quasi sempre: tortelli con la zucca (e limone grattugiato) al burro e salvia, e tortelli con robiola, gorgonzola in pasta rosa (credo di rapa), conditi con burro e noci.
Fino al giorno prima, dopo assaggi di anni, ero arciconvinto che i tortelli di Valeggio fossero molto buoni, ma niente in confronto a quelli emiliani.
Ecco, stavo sbagliando, forse il tempo e l'informazione hanno sistemato le cose.
Super eccezionali entrambi i piatti, squisiti, cottura perfetta, fatti in casa in modo artigianale, pasta bella densa, ripieno e sugo eccellente, da far invidia a quelli sotto il Po.
Abbiamo ordinato solo un secondo: anguilla stufata con i piselli in salsa di pomodoro. Buona l'anguilla, tre grossi tranci, ma i piselli erano pochissimi e la quantità di salsa di pomodoro era forse eccessiva, al cuoco gli dev'essere scappata. Piatto ben mangiabile, ma non proprio equilibrato.
Occorrerebbe un salto di civiltà, la realizzazione di un costituzionalismo globale e di una sfera pubblica planetaria. Leggevo oggi che tra gli effetti di questa epidemia ci sono, oltre a parecchi incongruenze, anche una riaffermazione dell'importanza della sanità pubblica e, soprattutto, lo sviluppo – dopo anni di odio, di razzismi e di settarismi, e pur ancora con qualche eccezione – di un senso straordinario e inaspettato di solidarietà tra le persone e tra i popoli, che si sta manifestando negli aiuti provenienti dalla Cina, nei canti comuni e nelle manifestazioni di affetto e gratitudine, sui balconi, nei confronti dei medici e degli infermieri, nella percezione, in breve, che siamo un unico popolo della Terra, accomunato dalla condizione del vivere.
Forse da questa tragedia può nascere finalmente una consapevolezza generale in ordine al nostro comune destino, che richiede perciò un comune sistema di garanzie dei nostri diritti e della nostra pacifica e solidale convivenza. Peggiore è il disastro, migliori diventano le persone. Ho ancora qualche dubbio, ma cerco di crederci, anche per i nipotini nel frattempo arrivati, e quella in arrivo tra poco.
Niente dolce. Conto onesto, penso che il calice di Lugana ce l'abbiano offerto.
Un caro saluto e un abbraccio virtuale a tutti. Forza, coraggio e cautela.
17/03/2020
Bentornato! :) Felice di rileggerti in questi tempi "bui". E mi unisco al tuo augurio, che questa "cosa" serva a renderci migliori. Un abbraccio a tutti !