Recensione su
Negri
Gonzaga
Visitato il
14.02.2009 Imperdibile!!! Scritta da
grog Servizio:
Ristorante Spesa a testa:
35.00 Coperti:
1 12 commenti Uscita di sabato con mia moglie, per festeggiare San Valentino (1), siccome ci vogliamo ancora un sacco di bene, abbiamo pensato di andare fuori porta, approfittando anche della bellissima giornata, e di pranzare in un ristorante di Gonzaga (2), nel mantovano, paesino dove da tempo desideravo andare. Prese le debite informazioni via internet, stamane siamo partiti sul presto e ci siamo crogiolati al sole attraversando con calma le campagne modenesi, reggiane poi mantovane, fino al raggiungimento della nostra meta.
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Stavolta incomincio dalla recensione e poi in calce, numerate come le note di un libro di testo scolastico, metterò tutte le mie considerazioni storiche e non. Tanto per cambiare. Avendo avuto molte rimostranze da lettori pigri nei riguardi delle mie lungaggini più dovute ad una logorrea weberiana, ho pensato una volta tanto di favorire la loro ignorante lettura, anticipando il resoconto del pranzo e posticipando le note storiche e non, ad appannaggio di coloro (che io apprezzo moltissimo) che non hanno solo fame di cibo…..
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Giungiamo con calma a Gonzaga verso le 11,15. Ci permettiamo un giretto per il paese, comperiamo, tanto per gradire, un pezzo di gnocco farcito in una panetteria locale, e girando qua e làin questa bella giornata dall'aria frizzantina, tiriamo le 12.00. A questo punto andiamo alla ricerca del nostro ristorante, Negri (3), in Via Martiri della Libertà14.
FUORI
Il ristorante si trova al primo piano di un palazzo in angolo, alla fine di Via Martiri della Libertà, con Piazza Matteotti. Il palazzo penso sia totalmente proprietàdella famiglia Negri, il piano terra, sotto al portico, viene concesso in affitto. Ancora in Via Martiri, all'inizio del portico troviamo un vecchio portone con due campanelli: CASA, RISTORANTE. Nell'ingresso c'è solo una vecchia scala in vecchio granito con corrimano in legno su ferro battuto, come le nostre vecchie case del centro storico. Le pareti sono pittate a pastello rosa con soffitto bianco. Molto luminoso.
Saliamo, anche perché abbiamo fame e vogliamo sapere se c'è posto o se dobbiamo rimetterci in auto per cercare un altro locale.
Arrivati al primo, ed unico pianerottolo, vediamo che questo è largo e ivi si aprono due porte, una di fronte all'altra. Sulla balconata divanetto con due poltroncine in midollino, la parete retrostante è una grande vetrata opaca, con al centro la scritta in grassetto e stampatello: NEGRI, barra orizzontale, RISTORANTE. A destra porta blindata chiusa, a sinistra porta vetrata attraverso la quale scorgo sul fondo l'immagine di un cameriere.
DENTRO
Entriamo, ci accoglie un cameriere (che poi scopro essere il titolare) al quale chiediamo se c'è posto. Lui gentilmente e con una voce suadente e calda, ci fa segno di accomodarci dove vogliamo, oggi non hanno problemi, ma stasera saràun disastro…
Ci accomodiamo ad un tavolo a fianco di una delle finestre.
Mentre mia moglie fa visita alla toilette (siamo in giro da varie ore e le vesciche premono), io mi guardo intorno incuriosito. Unica sala ampia, arredamento vario, nel senso mezzo sobrio e mezzo pomposo, nel complesso piacevole. Pavimento in legno, del tipo listoni, stretti, un po' sullo scuro, pareti a colori pastello dal rosino al giallino, colonne portanti in mezzo alla sala rivestite di quelle piccolissime mattonelline di ceramica monocolore, soffitto bianchissimo luminosissimo, tante finestre, sotto ognuna delle quali un termosifone bollente (meno male, fuori, nonostante il sole, c'è un'arietta che pela), tra ogni finestra una aplique di vetro opalescente bianco rotonda accesa. I tavoli sono disposti lungo le pareti fenestrate, sul fondo quelli da sei e venendo da quest'altra parte quelli da quattro. Grandi spazi liberi, sia tra i tavoli che nel mezzo della sala dove primeggiano un tavolo piccolo ed uno lungo posizionati a T, sistemati lì solo per appoggiarci qualsiasi cosa, oggi una ceramica con fruttiera e frutti, un candelabro d'argento e opuscoli pubblicitari di eventi della zona, dimenticavo, i menù.
Dalla mia postazione posso sbirciare leggermente in cucina, distinguo solo però delle figure che sfrecciano di qua e di là. Al di fuori della cucina c'è un altro tavolino con sopra uno strano orologio, in termini bikeristici direi naked, ci sono gli ingranaggi e le lancette, manca tutto il resto, simpatico.
Quadri antichi alle pareti raffiguranti scene medioevali, ovunque vasi in vetro contenenti stecchi secchi e petali di rose.
I tavoli sono apparecchiati sontuosamente, grandi sotto-tovaglie rosso purpuree con arabeschi dorati lunghe fino a terra, per non mostrare i piedi dei tavoli. Tovaglie di sopra bianchissime, tutti apparecchiati senza piatti, ma con tovagliolo, posate e bicchieroni da degustazione. In un angolo grossa sfera di vetro soffiato di Murano su centrino di pizzo e una mascherina di ceramica coloratissima con berretto a sonagli, tipo il jolly joker delle carte da ramino, per ricordare che siamo in periodo carnevalesco.
BAGNO
Mia moglie ritorna dal bagno e ne approfitto io. Extralarge, antibagno con doppio lavabo e pulsantiera a pedale per l'acqua, non solo pulito, di più. Sulla parete in fondo quadro rettangolare senza cornice con raffigurata donna velata, direi con sguardo intrigante. Dietro i lavabi due porte, una con l'immagine di una Lady e l'altra con quella di un Gentleman con bastone.
Entro…..è talmente pulito che potrei mangiare lì, c'è spazio per altre due persone.
Complimenti vivissimi.
MENU
Il menu ci viene presentato con calma, due pagine scritte a mano. Non c'è la carta dei vini (non l'ho vista, ma in veritànon l'ho neppure chiesta).
Una cosa che ho notato con piacere stampata sui fogli: un marchietto SLOW FOOD (4). Ed infatti col titolare si erano giàscambiate battute sul fatto di non aver fretta quando si è a tavola, di mangiare tutto lentamente gustando appieno tutti i sapori. Il cibo come anti-stress, se consumato in maniera non spasmodica.
Dopo un attento sguardo all'elenco, non tanta varietà, ma sicuramente d'effetto, decidiamo di fare un pasto completo, alla faccia della crisi.
BERE
Acqua gassata San Pellegrino in bottiglia di vetro.
Per il vino, deciso cosa stiamo per ordinare, ci facciamo consigliare dal titolare, avverto subito che non posso bere vini rossi che contengono tannino (mi provocano fibrillazione atriale, problemino cardiaco piuttosto fastidioso), l'unico rosso che non mi fa effetto è il Lambrusco. Allora lui, tranquillo, parte con una descrizione perfetta ed eloquente delle caratteristiche del Lambrusco Mantovano. Ha indovinato comunque dal nostro accento che siamo di Modena e senza togliere nessun merito ai nostri nettari frizzanti, ci spiega che il loro Lambrusco è simile al nostro Grasparossa, ma più morbido, più delicato. Le uve sono della zona compresa tra Gonzaga, Reggiolo e Mirandola, quindi il risultato è un ottimo vino forse, al suo palato, più gradevole del nostro Grasparossa….e non mentiva…..
Rosso della Signoria – Cantina Gonzaga – Lambrusco Mantovano – d.o.c. – Cantina Sociale di Gonzaga (5).
ANTIPASTI
* Mousse di parmigiano con vellutata di pere. Sfera bianca morbida grande come una boccino da biliardo, circa 2,5cm di raggio, tipo gelato, ma dall'inconfondibile gusto di parmigiano reggiano, con inframmezzati piccolissimi pezzettini di pepe nero. A lato del piatto la vellutata di pere, morbidissima e delicatissima. Un connubio stranoto, al contadino non far sapere quant'è buono il formaggio con le pere….(6). Ed è proprio buono, da leccarsi i baffi.
* Carpaccio di oca, presentato con riccioli di burro. L'oca ha un sapore deciso e particolare, a molti può non piacere. L'oca da quelle parti, come anche nel ferrarese, era molto utilizzata dagli ebrei, che non potendo mangiare maiale, usavano appunto l'oca per fare le stesse cose che si facevano col suino. Prelibatissimo anche il salame, ma questo prosciutto, veramente squisito.
PRIMI
* Ravioli di zucca al burro. Che dire. I ravioli di zucca alla mantovana, dove si sente moltissimo l'amaretto, sapore al quale non siamo abituati. Al mio palato perfetti, adoro il sapore forte dell'amaretto mischiato alla zucca dolce. Molto buoni, strapieni di ripieno, non troppo duro non troppo liquido…..mmmmmm
* Ravioli di rapa rossa con burro fuso e semi di papavero. Strani e buoni. Sono ravioli come i precedenti, solo che la zona del ripieno ha preso una colorazione rossiccio-violacea strana, sembra che la parte del ripieno trasudi la rapa da dentro, che sanguini…. Il sapore è delicatissimo, il ripieno ha la stessa consistenza di quello alla zucca e si mangiano volentieri. I semi di papavero danno un tocco gioioso al piatto, tutti questi granini che appena metti in bocca ti danno la sensazione di masticare della sabbia saporita…..mi sono ridotto ad una scarpetta di semi……
SECONDI
Mia moglie vorrebbe abdicare, ma si fa tentare e sbaglia. Non perché la sua portata non fosse buona, anzi, ma perché, da buona golosa, alla fine non ha più spazio per il dolce, cosa che l'ha rattristata enormemente.
* Tagliata di manzo all'aceto balsamico di Modena. Beh, qui c'è poco da dire. Una bella tagliata, alta un dito, cotta perfettamente, non troppo al sangue, tenerissima. Coperta di una salsa quasi glassata all'aceto balsamico. Glassatura ottenuta in cucina, ottimo anche l'aceto balsamico. I primi bocconi mi sono sembrati un po' acidi, forse mi era rimasto in bocca il sapore della barbabietola dolce, poi mano a mano che procedevo, l'aciditàspariva lasciando il posto al tipico sapore del nostro nettare nero. Per contorno una piccola montagnola di scaglie di patata arrosto, ottimo companatico.
* Piccola selezione di formaggi servita con composta di carote e limone, marmellata di clementine e confettura di rosa e mele. Tra i formaggi ricordo ottime scaglie di parmigiano-reggiano, altre scaglie di formaggio di malga tipico di Cortina d'Ampezzo, uno spicchio di caciocavallo, una fettina di misto pecora morbido e un altro che proprio non ricordo. Tutti ottimi mischiati alle tre martellatine fatte dalla cuoca, la moglie del titolare….. Complimenti vivissimi alla signora. Non ho potuto esimermi dal sentire un po' di tutto, anche perché mia moglie era arrivata al capolinea. La migliore era senz'altro quella di clementine, seguita da quella alla carota e infine ultima, ma pur sempre buonissima, quella di petali di rosa, dava la sensazione di profumare il palato. I formaggi ottimi, strano e interessante quello ampezzano, all'occhio sembra grana, ma il colore e il sapore lo tradiscono decisamente, il colore tende al giallo zafferano.
FINE
Strapieni chiediamo due deca, ottimi. Io al posto della correzione mi bevo l'ultimo goccio di Lambro, per lavarmi la bocca.
SERVIZIO
Grande nota di merito per il servizio. Il titolare (Alberto Negri, l'ho letto in un sito) è vestito di tutto punto, impeccabile nella sua tenuta da cameriere a 5 stelle, perfetto. Camicia a rigoni verticali grossi scuri, calzoni neri e camicione nero fino alle caviglie. È preciso e puntuale, adoratore dello Slow Food, non disturba se non viene interpellato, lascia mangiare e gustare tutto. Ha una voce delicata e profonda allo stesso tempo, senza mai alzare i toni, lenta e senza particolari accenti. Qualsiasi cosa gli chiediate su quello che hanno nel locale e sui prodotti che utilizzano o che sono della zona sembra non impensierirlo, anzi, sa sempre darvi le risposte giuste, a tono, ricche di particolari. È un piacere ascoltarlo, si imparano molte cose.
Da quello che mi sembra aver capito in cucina c'è la moglie, forse da sola oggi, comunque è lei la fautrice di questi eccezionali piatti.
Un grande applauso ad una coppia ben riuscita.
CONTO
A chi interessa dirò che accettano contanti e carta di credito VISA.
Spesa finale € 74,20, così ripartiti:
2 coperti € 4.00
1 vino € 9.50
1 minerale € 1.90
2 antipasti € 15.00 (7.50 cad.)
2 primi € 18.00 (9.00 cad.)
2 secondi € 23.00 (12.00 tagliata)
2 caffè € 2.80
FINALE
Senza parole, niente da ridire. Traete voi le vostre conclusioni. Io vi ho detto la mia, ora voi dite la vostra, se volete.
5 cappelli sono di rigore.
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(1) SAN VALENTINO
San Valentino (Interamna Nahars, ca. 176 – Roma, 273) fu un vescovo e un martire cristiano. Venerato come santo dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e successivamente dalla Chiesa anglicana, è considerato impropriamente patrono degli innamorati.
Fu convertito al cristianesimo ed ordinato vescovo da san Feliciano di Foligno nel 197.
Ma nell'anno 270 Valentino si trovava a Roma per predicare il Vangelo e convertire i pagani. Invitato dall'imperatore Claudio II il Gotico a sospendere la celebrazione religiosa e ad abiurare la propria fede, rifiutò di farlo tentando anzi di convertire l'imperatore al cristianesimo.
L'imperatore ebbe rispetto di Valentino e lo graziò affidandolo ad una nobile famiglia.
Valentino venne arrestato una seconda volta sotto Aureliano, succeduto a Claudio II il Gotico. L'impero proseguiva nelle sue persecuzioni contro i cristiani ed i vertici della Chiesa di Roma e, poiché la popolaritàdi Valentino stava crescendo, i soldati romani lo catturarono e lo portarono fuori cittàlungo la via Flaminia per flagellarlo, temendo che la popolazione potesse insorgere in sua difesa. Questo terzo arresto gli fu fatale: morì decapitato nel 273 per mano del soldato romano Furius Placidus, agli ordini dell'imperatore Aureliano.
La cittàdi Terni custodisce il corpo del santo e lo invoca come principale patrono. Le reliquie del santo si trovano presso la basilica di San Valentino: tali reliquie pare furono portate nella cittàdai tre discepoli del filosofo Cratone, Apollonio, Efebo e Procuro, convertiti dal futuro santo, e che per questo trafugamento furono martirizzati. Altre reliquie sono presenti nella cattedrale di Maria Assunta di Savona. È conosciuto anche come san Valentino da Interamna o san Valentino da Terni.
È commemorato nel martirologio romano il 14 febbraio. Le sue spoglie furono sepolte sulla collina di Terni dove sorge la basilica in cui sono attualmente custodite, racchiuse in una teca. Altre reliquie sono custodite presso svariate chiese.
Molte tradizioni legate al santo, sono riscontrabili nei paesi in cui egli è venerato come patrono. La figura di Valentino come santo patrono degli innamorati viene tuttavia messa in discussione da taluni che la riconducono a quella di un altro sacerdote romano, anch'egli decapitato pressappoco negli stessi anni.
La festa di San Valentino
La festa di San Valentino fu istituita un paio di secoli dopo la morte di Valentino, nel 496, quando papa Gelasio I decise di sostituire alla festivitàpagana della fertilità(i Lupercalia dedicati al dio Luperco) una ispirata al messaggio d'amore diffuso dall'opera di san Valentino.
Tale festa ricorre annualmente il 14 febbraio ed oggi è conosciuta e festeggiata in tutto il mondo.
Miracoli del santo
Sono molte le storie entrate a far parte della cultura popolare, su episodi riguardanti la vita di questo santo:
• Una storia narra che Valentino, graziato ed "affidato" ad una nobile famiglia, compie il miracolo di ridare la vista alla figlia cieca del suo carceriere, Asterius: Valentino, quando stava per essere decapitato, teneramente legato alla giovane, la salutò con un messaggio d'addio che si chiudeva con le parole: dal tuo Valentino....
• Un'altra narra come un giorno il vescovo, passeggiando, vide due giovani che stavano litigando ed andò loro incontro porgendo una rosa e invitandoli a tenerla unita nelle loro mani: i giovani si allontanarono riconciliati. Un'altra versione di questa storia narra che il santo sia riuscito ad ispirare amore ai due giovani facendo volare intorno a loro numerose coppie di piccioni che si scambiavano dolci effusioni di affetto; da questo episodio si crede possa derivare anche la diffusione dell'espressione piccioncini.
• Secondo un altro racconto, Valentino, giàvescovo di Terni, unì in matrimonio la giovane cristiana Serapia, gravemente malata, e il centurione romano Sabino; l'unione era ostacolata dai genitori di lei ma, chiamato dal centurione al capezzale della giovane morente, Valentino battezzò dapprima il giovane soldato e quindi lo unì in matrimonio alla sua amata, prima che entrambi cadessero in un sonno profondo.
Nel 1699 giungono a Bientina dalle catacombe di San Callisto sulla Via Appia i resti mortali di San Valentino. La fama dei miracoli subito attribuitigli gira la Toscana; nel 1717 lo stesso granduca di Toscana Gian Gastone de' Medici viene a venerarne le spoglie. Identico omaggio al santo viene reso nel 1766 e 1768 dal Granduca Pietro Leopoldo di Lorena. La festivitàdel Santo Patrono di Bientina si tiene nella domenica di Pentecoste ed i festeggiamenti si protraggono anche nei giorni seguenti. Non si può parlare di Bientina senza nominare il suo Patrono, San Valentino Martire, le cui spoglie sono conservate nella Pieve di Santa Maria Assunta. La fama di taumaturgo di questo santo è nota in tutta la regione e anche oltre. Fin dal suo ingresso nella terra di Bientina fece parlare di sé per i miracoli, talvolta strepitosi, che iniziò a fare, in particolare nei confronti di ossessi e indemoniati, tanto da essere nominato con San Valentino degli indemoniati. Da antichi documenti dell'epoca è possibile conoscere la storia di questo Santo, i cui resti furono riesumati dalle catacombe di San Callisto, sulla via Appia Antica, il 9 novembre 1681 e consegnati alla nobildonna romana Laura Grozzi, la quale li donò, tramite Giovan Maria Maestrini – Provinciale dei Minori Osservanti, alla Comunitàdi Bientina. Numerose e molto sentite dalla popolazione sono le celebrazioni religiose che si svolgono nel periodo della celebrazione del Santo Patrono, e molto partecipata è la processione con la reliquia del Santo che si tiene il sabato sera. Di particolare interesse è inoltre la fiera paesana che si tiene la domenica, con bancarelle e luna park, alla quale partecipano migliaia di persone anche da comuni vicini.
(2) GONZAGA
Centro agricolo noto per aver dato i natali a quella famiglia Corradi che, una volta conquistato il potere a Mantova, cambiò il proprio nome in quello del paese d'origine. Al centro del paese è la bella piazza porticata in fondo alla quale si ergono le due torri quattrocentesche, unici resti dell' antico castello: la maggiore, con sopraelevazione cinquecentesca, è una delle più belle di tutto il territorio mantovano. A Gonzaga si tiene ogni anno la Fiera Millenaria, le cui origini risalgono al secolo IX, appuntamento di rilevanza nazionale che richiama allevatori e agricoltori da ogni parte della penisola.
Storia
Il territorio gonzaghese è stato occupato dagli Etruschi fra il VI e il V sec.a.c. e dai Galli Boi a partire dal IV sec.a.c. Nel III sec.a.c. i Galli vengono sconfitti dai Romani nella battaglia di Casteggio. Sfruttando il clima di terrore dovuto ad Annibale i Galli riescono a tornare in possesso del territorio nel 218 a.c. per essere poi definitivamente sostituiti dai Romani nel 191 a.c. in seguito alla sconfitta di Annibale. I Romani controllano il territorio di Gonzaga dal I sec.a.c. al IV sec.d.c. quando arrivano i Barbari che distruggono e saccheggiano la zona fino al X sec.d.c.
• Prima del 1000 la Corte di Gonzaga, delimitata dal fiume Gonzaga comprende un fortilizio e una piccola cappella. Le informazioni riguardanti questo periodo sono scarse a causa delle azioni barbariche. E' noto però che i proprietari della Corte di Gonzaga sono i Canossa, famiglia di origine Longobarda a cui è attribuita la costruzione del monastero benedettino che viene gestito dall' abate di Polirone. Di fondazione Canossiana è anche la parrocchiale di Gonzaga intitolata a S. Benedetto, dai pregevoli dipinti. La contessa Matilde di Canossa è nota per il suo costante sostegno al papato nel conflitto contro l'imperatore Enrico IV. Infatti nel 1077 la Contessa, con l'aiuto di Papa Gregorio VII, nomina la Santa Sede erede universale dei suoi possedimenti. La diatriba finisce quando Enrico V, venuto in Italia nel 1111 per essere nominato imperatore, incontra Matilde la quale lo nomina erede dei suoi beni. La Contessa muore nel 1115 a Bondeno. Alla morte di Enrico V, Gonzaga, secondo la volontàdi Matilde, passa ai Benedettini di Polirone. Successivamente l'imperatore Ottone IV entrato in possesso del territorio gonzaghese lo dona ai Casaloldo che rimangono i proprietari finchè nel XIII sec. subentrano i Corradi che cambiano il cognome in Gonzaga e si sostituiscono ai Bonacolsi nella signoria di Mantova.
• Nel XV sec. la Corte di Gonzaga viene usata dai Gonzaga come residenza estiva.
• Il '400 e il '500 sono caratterizzati da un clima di pace che consente l' inizio delle opere di bonifica del territorio paludoso. A questi anni risale anche la costruzione del Convento di S. Maria per ospitare prima un gruppo di eremiti e poi di carmelitani.
• Nel XVII sec. si assiste ad un periodo di decadenza del ducato di Mantova. Questo non impedisce il fiorire di agricoltura, artigianato e commercio, infatti nel 1676 con decreto ducale vengono istituiti il mercato nella piazza ogni mercoledì e la fiera.
• Il '700 inizia con la guerra di secessione spagnola. In questo periodo il territorio mantovano è alleato con i francesi. Gonzaga è sottoposta a scorrerie franco-ispaniche. Nel 1707 il Duca di Mantova viene deposto dalla sovranitàper essere venuto meno al patto di neutralitàstipulato con l'Imperatore d' Austria e aver appoggiato i francesi. Il ducato passa sotto il diretto controllo della casa d'Austria. Nel 1717 viene demolito il castello di Gonzaga ormai militarmente inutile e le pietre vengono utilizzate per costruire la fortezza di Mantova.
• Durante il Risorgimento il Conte Giuseppe Arrivabene in villa Agnella intrattiene rapporti con i carbonari emiliani e con Ciro Menotti. Una figura importante del periodo è Lisiade Pedroni, patriota gonzaghese al fianco di Garibaldi. Nel 1866, con la III guerra di indipendenza, Gonzaga entra a far parte del Regno d'Italia.
• Il '900 si apre con la prima amministrazione socialista a Gonzaga che dura fino al fascismo. Nel 1912 il congresso collegiale di Gonzaga emana una mozione d'ordine contro Enrico Ferri che si dimette e vince poi le elezioni presentandosi singolarmente. Nel 1923 inizia il movimento fascista e vengono uccisi Malagutti e Secchi. il 1944 è l'anno della battaglia partigiana. La liberazione di Gonzaga avviene il 22 aprile 1945. L'anno successivo si presenta alle urne il 94% della popolazione e il 78% vota a favore della Repubblica.
(3) Ristorante Negri
http://www.laforzadelbello.it/IEH00022.asp
In un edificio d'epoca sulla piazza di Gonzaga, centro rurale del basso mantovano, noto per la Fiera Millenaria, Alberto Negri continua da anni la professione del nonno e del padre, ricercando le affinitàdel gusto. In un ambiente sobrio ed elegante, Alberto propone piatti del territorio, alcuni stagionali, cucinati dalla moglie Cristina: mousse di parmigiano reggiano con le pere, carpaccio di manzo con olio e aceto balsamico di Modena, sorbir di cappelletti (agnolini in brodo di carne serviti in tazza fonda), tortelli di zucca o di rape rosse, malfatti di pasta alla rucola con cipolle di Tropea e pancetta gratinata, tagliatelle con lardo di colonnata e radicchio rosso o con melanzane, zucchine e pomodorini caramellati, vitello tonnato, cucinato come una volta, senza maionese, petto d'anatra con miele e mandorle. Insuperabili: il budino di gorgonzola con composta di fichi e mele, la fantasia di rum, prugne e cannella, la crema di liquirizia e cioccolato. La carta dei vini propone etichette del nord Italia, privilegiando quelle mantovane. Ottima la selezione di distillati.
(4) Slow food
http://it.wikipedia.org/wiki/Slow_Food
http://www.slowfood.it/
Slow Food nasce a Bra, in provincia di Cuneo e si pone come obiettivo la promozione del diritto a vivere il pasto, e tutto il mondo dell'enogastronomia, innanzitutto come un piacere. Fondata da Carlo Petrini e pensata come risposta al dilagare del fast food e alla frenesia della vita moderna, Slow Food studia, difende e divulga le tradizioni agricole ed enogastronomiche di ogni parte del mondo, con l'intento di consegnare il piacere di oggi alle generazioni future.
Slow Food dichiara di perseguire i seguenti obiettivi: rieducare i sensi assopiti, insegnare a gustare e a degustare. Secondo l'associazione, allenare il palato a riconoscere le differenze rende l'amore per il cibo un'esperienza universale e permette a consumatori "educati" di indirizzare verso la qualità- gastronomica, ambientale e sociale - le scelte produttive.
Slow Food, attraverso progetti (Presìdi), pubblicazioni (Slow Food Editore), eventi (Terra Madre) e manifestazioni (Salone del Gusto al Lingotto di Torino, negli anni pari), (Cheese a Bra e Slow Fish a Genova, negli anni dispari) si è impegnata per la difesa della biodiversitàe dei diritti dei popoli alla sovranitàalimentare, battendosi contro l'omologazione dei sapori, l'agricoltura massiva, le manipolazioni genetiche. Attraverso la rete di associati che si incontrano, si scambiano conoscenze ed esperienze, Slow Food ha inteso fare del godimento gastronomico anche un atto politico, sottolineando come dietro a un buon piatto ci siano scelte operate nei campi, sulle barche, nelle vigne, nelle scuole, nei governi.
Il Manifesto
Il 9 novembre 1989, all'Opéra-Comique di Parigi, nasce ufficialmente il movimento internazionale per la Difesa e il Diritto al Piacere. Sottoscrivono il Manifesto delegati provenienti da: Argentina, Austria, Brasile, Danimarca, Francia, Germania, Giappone, Italia, Olanda, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Ungheria, Venezuela.
La sua forma archetipa, apparsa sulla newsletter "Rosmarino" nel novembre 1987, è firmata dagli storici 13 padri fondatori: Folco Portinari, Carlo Petrini, Stefano Bonilli, Valentino Parlato, Gerardo Chiaromonte, Dario Fo, Francesco Guccini, Gina Lagorio, Enrico Menduni, Antonio Porta, Ermete Realacci, Gianni Sassi, Sergio Staino .
« Questo nostro secolo, nato e cresciuto sotto il segno della civiltàindustriale, ha prima inventato la macchina e poi ne ha fatto il proprio modello di vita.
La velocitàè diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la vita veloce, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei fast food.
Ma l'uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocitàche può ridurlo a una specie in via d'estinzione.
Perciò, contro la follia universale della "fast life", bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere materiale.
Contro coloro, e sono i più, che confondono l'efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un'adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento.
Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l'appiattimento del fast food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali.
Se la "fast life" in nome della produttivitàha modificato la nostra vita e minaccia l'ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta d'avanguardia.
È qui, nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento, la vera cultura, di qui può iniziare il progresso, con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti. Lo Slow Food assicura un avvenire migliore.
Lo Slow Food è un'idea che ha bisogno di molti sostenitori qualificati, per fare diventare questo moto (lento) un movimento internazionale, di cui la chiocciolina è il simbolo. »
http://editore.slowfood.it/editore/riviste/slowfood/IT/19/articoli/slowfood19_05.pdf
(5) LAMBRUSCO MANTOVANO
La sua scheda:
Lambrusco Mantovano DOC "Vino della Signoria"
Vino frizzante rosso
Vino frizzante secco di 11°, schiuma rossa vivace, di colore rosso granato brioso, profumo intenso fruttato caratteristico, sapore pieno armonico di corpo rotondo.
E' il risultato di un'accurata scelta delle uve, ottenute con sistemi di lotta integrata, in particolare Lambrusco Salamino e Ruberti. E' l'accompagnatore ideale dei cibi della locale cucina, dai bolliti agli arrosti di pollo e maiale.
Servire a 12-14° di temperatura.
Se volete saperne di più sulla Cantina di Gonzaga, andatevi a leggere il loro sito, merita: http://www.cantinagonzaga.it/chi.htm
(6) PERE E CONTADO
Perché non far sapere al contadino quanto è buono il formaggio con le pere? Incuriositi da un recente libro di Massimo Montanari che analizza l'origine di questo proverbio (Il formaggio con le pere, Laterza, pp. 160), abbiamo
cercato quali fossero le opinioni più diffuse su Internet. Ecco alcune spiegazioni trovate sul forum Yahoo! Italia. Utenti calcolatori: “Se il contadino avesse saputo quanto la combinazione era saporita avrebbe aumentato i prezzi della sua merce”. Oppure: “Sennò se lo mangia tutto lui e non lo vende più!”. Utente snob e classista: “Inutile far assaggiare al contadino che in quanto tale non ha il palato fine, il sublime abbinamento del formaggio con le pere... Sarebbe come dare perle ai porci...”. Utente docente: “Secondo me è una metafora che significa: non insegnare cose importanti a chi ancora non le sa, così potrai continuare a sfruttare la loro ignoranza. Studiate gente studiate”. Utente burlone: “Le pere erano della moglie!”. Utente tossico: “Perchè poi si fa una pera e ce l'hai sul groppone a vita”. L'ultima è una buona ragione per lasciare la parola all'esperto: “Alla fine del Medioevo la tradizionale immagine del formaggio come cibo volgare e plebeo tende a modificarsi e a essere ammesso in società(lo promuove la cultura monastica, la moda dei cibi semplici, la migliore qualità)”, scrive Massimo Montanari. Il quale passa poi a parlare allo stesso modo delle pere nella storia, quasi a dimostrare che la saggezza popolare è la metafora degli usi e dei costumi di una società.
Dopo che negli ultimi anni i proverbi sembravano pian piano sparire dalla cultura media delle persone, ecco che oggi
torna un interesse per questi detti e, come a fermarne il loro scivolare via dal quotidiano in cui sono nati, sono uscite varie raccolte e enciclopedie e ora questo studio storico, di quelli che nascono dalla scuola francese degli Annales (capostipite Marc Bloch), attenti alla cultura cosiddetta materiale, più che a guerre e grandi uomini.
Così Montanari, attraverso questo proverbio, indaga anche una storia delle differenze e del conflitto di classe (“Non
dividere le pere col tuo signore”, proverbio del '400), ricordandoci che il Medioevo e l'Ancien régime sono totalmente impregnati di una ideologia della differenza che attraversa ogni aspetto della vita, a cominciare dal regime alimentare e delle scelte dietetiche”. E Montanari è docente di Storia medioevale e di Storia dell'alimentazione all'Universitàdi Bologna.
Naturalmente quella tra il formaggio e le pere è un'accoppiata che, nei secoli, conosce alterne vicissitudini, basti
pensare alle prese di posizione della Scuola medica salernitana sulla “nequizia” del formaggio o alla fama delle pere proprio presso i contadini, che le gettano ai porci, perché abituati a “mangiar cibi grossi e frutti selvatichi”, come afferma il celebre Bertoldo di Giulio Cesare Croce ancora nel Cinquecento.
Uno come Cosimo de' Medici, al contrario dei suoi villani col gusto rovinato dal mangiar male, sa gustare le pere di quella varietàdelicata, dolce e sugosa, le Moscatelle per esempio, da mangiare con tutta la buccia, che i poveri invece levano perché in campagna “ognun le monda, fuor che i porci”, come si legge in una novella di Tommaso Costo, che
vede riuniti il principe e il contadino a una stessa tavola.
Montanari usa il proverbio “come una finestra sul mondo” e parte dalla testimonianza più antica, francese del Due-
cento: “Onques Seus ne fist tel mariage / comme de poire et de froimage” (Dio non ha mai fatto un tal matrimonio / come quello tra pera e formaggio) fino ad arrivare a cercare il celebre abbinamento su Google e scoprire, per esempio, un gemellaggio dal 2007 tra un comune friulano celebre per il suo formaggio e un comune emiliano produttore di pere
Igp. E ne segue tutte le trasformazioni, dai versi del Berni a una prima formulazione cinquecentesca del Serdonati:
“Non possa tu mai villan sapere / ciò ch'è mangiar pane, cacio e pere”, per concludere il libro (che conta anche 30 pagine di documenti e bibliografia) con il ribaltamento di “Al padrone non far sapere...” o nella versione allungata che si ritrova in tempi moderni nella campagna senese: “Al contadino non far sapere / quanto è buono il formaggio con le
pere./ Ma il contadino, che non era coglione / lo sapeva prima del padrone”.
12 commenti
14/02/2009
ciao grande grog, ma hai iniziato a scrivere questa recensione 2 giorni fa????? neanche la divina commedia è così lunga :) complimentoni ;)