Imperdibile!!! Scritta da
mizoguccini Servizio:
Ristorante Spesa a testa:
17.00 Coperti:
1 10 commenti Un'eccezione alla mia stessa regola: infatti assegno cinque cappelli a un locale che ho visitato una volta sola, ma c'è un motivo molto semplice, e cioè che in questo posto NON si mangia, si tratta solo di una mescita di birra, e per qualità , varietà e prezzi, nonché per competenza e affabilità del personale merita indubbiamente il massimo dei voti.
Era da parecchi anni che non andavo a Roma, sapevo che si tratta della realtà più dinamica in Italia per il panorama della birra di qualità (preferisco non usare il termine “artigianale”, utilizzato alle volte anche a sproposito, di fatto c'è un gran dibattito nell'ambiante sui limiti di applicabilità dell'aggettivo, indubbiamente è efficace dal punto di vista del marketing e come tale è diffuso e abusato, ma io non ho nulla da vendere, quindi lo eviterò: esiste birra di qualità non artigianale e birra artigianale non di qualità ), decisamente superiore  duole a un campanilista come me ammetterlo  a Milano, quindi uno dei motivi della mia breve puntata nella città capitolina era proprio quello di sincerarmene, e ho potuto sperimentare che così è.
Dell'esistenza di questo locale sapevo in modo confuso: non ne conoscevo il nome esatto e sapevo solo che era la birreria legata alla pizzeria Bir&Fud, ed è stato cercando questo secondo locale in quel di Trastevere (andando un po' alla ventura, quando sono in vacanza amo “flâner”, anche se questo comporta un grande dispendio di tempo) che sono incappato nel Che siete venuti a fa'; non essendomi reso conto che il Bir&Fud si trovava dall'altro lato della strada poco più avanti, pur essendo le 21 e non avendo ancora cenato sono entrato nella birreria: in questo soggiorno la birra aveva la precedenza sul cibo.
Il locale consiste in una stanza parallelepipedale di dimensione ridotta: dall'ingresso il bancone in legno con le dieci spine e le due pompe resta sulla sinistra, sulla destra i pochi piccoli tavolini, dietro il banco la parete ospita i frigoriferi per le birre in bottiglia, su tutti i muri attestati, articoli, messaggi degli avventori e cimeli varii occupano tutto lo spazio disponibile.
Mi sono sistemato su uno sgabello all'estremità destra del bancone, vicino al registrare di cassa e ho cominciato a studiare le spine e la lavagna (scoprendo una discrepanza subito segnalata e corretta), ma non ho avuto bisogno di molto tempo per decidere come partire: una Zinnebir, eccellente prodotto complesso ed equilibrato della Brasserie de la Senne, media, e tanto peggio se la bevo sempre nei miei frequenti soggiorni a Bruxelles, anche in questa occasione ha deliziato il mio palato; poi a voler vedere c'erano un paio di birre più leggere in alcool con le quali avrei potuto partire, ma sono stato contento così.
Nel frattempo ho potuto farmi un'idea sull'offerta delle spine presenti, e a parte una leggera predominanza della famiglia delle bock  oltre all'ammirevole BiBock del Birrificio italiano c'erano una weizenbock, una doppelbock e una doppelbock affumicata: troppi arieti (bock significa “becco”, nel senso di ariete da monta) e troppe -ator (seguendo l'esempio della prima doppelbock, la Salvator della Paulaner, tutte le doppelbock hanno un nome che termina col suffisso -ator)  la presenza di numerose birre a fermentazione alta, e persino spontanea, nella “persona” di una kriek (e della Cantillon, non certo una versione edulcorata), assicura la possibilità di accontentare diversi gusti compresi i più ricercati, del resto nei frigoriferi avevo già adocchiato alcune perle.
Qui molta gente entra, poca sosta: i più entrano, si fanno servire una birra e la consumano fuori (da questo punto di vista ho notato una maggior disinvoltura che a Milano, viene cioè dato il bicchiere in vetro a tutti coloro che dichiarano che resteranno nei pressi, mentre in una birreria vicino a casa mia impongono la plastica persino a chi è seduto ai tavolini del dehors), è quindi normale invece che io che sono restato stabilmente seduto al bancone mi sia messo a parlare con i gestori, durante la serata ho scambiato pareri e impressioni con due baristi, ma in particolare con il boss, Manuele (cercate sul loro sito se volete informazioni). Entrambi si sono dimostrati estremamente disponibili e gentili: è stato dopo la prima media che ho ricevuto il primo assaggio gratuito, di Blue della Ridgeway, una bitter inglese, dall'anomalo colore estremamente chiaro per lo stile, ma con le note amare e leggermente terrose che ci si può aspettare, e la moderazione alcolica (sui 4.5°) che contraddistingue questi nobili birre fatte per essere bevute in quantità , dopodiché un assaggio della Querkus (ho trovato che il nome giusto è con la cappa, ma da loro era scritto con la c) dello stesso birrificio, una poter affumicata maturata in legno di cui ho preso anche una piccola per poterla giudicare meglio, molto interessante, considerato che generalmente non amo molto le porter (ma solo quando tendono troppo al tostato e al caffè come le sorelline stout).
E' stato a questo punto che è iniziato il filone principale di conversazione con Manuele: a una ragazza che chiedeva una birra amara aveva fatto assaggiare la Skizoid di Toccalmatto (che avevo già deciso come mia prossima birra) e quando questa non l'ha gradita egli ha detto che ne era contento, perché era stufo della richiesta eccessiva e quasi esclusiva di IPA e stili simili, che proprio loro erano stati i primi ad avere alla spina nella capitale, ma che ormai era diventata una moda; al che gli ho detto che potevo capire la sua esasperazione, ma che era un problema quasi esclusivo di Roma, nel resto d'Italia, compresa Milano se non proprio negli ultimissimi tempi, il pubblico chiede ancora birre poco amare, ho inoltre confessato la mia stessa predilezione per le birre estremamente luppolate, oltre che per le acide. Per carità , che la moda del luppolo “a manetta”, in particolare dei luppoli esotici come il Nelson Sauvin neozelandese (onnipresente nel 2009) che si trova nella Skizoid, stia passando presso gli appassionati non mi era ignoto, ma un lamento del genere non l'avevo ancora sentito; del resto è un sentimento comprensibile da chiunque si sia appassionato a qualcosa che un tempo era di nicchia per trovarla di moda alcuni anni dopo, e quindi discussa da persone che vengono chiaramente individuate come incompetenti, a me è capitato parecchie volte nella vita e nei campi più svariati. Per la verità , a darmi parzialmente ragione, mentre sorseggiavo con gusto la mia Skizoid media parecchi avventori sono entrati a chiedere “una birra poco amara” o comunque una birra qualunque, e a ognuna di queste richieste non ho mancato di ammiccare a Manuele, con il quale ho continuato a parlare della differenza tra il panorama brassicolo romano e quello milanese, da costui piuttosto ben conosciuto.
A quel punto mi si poneva un problema: dopo i 7° e l'intensa luppolatura della Skizoid era difficile continuare senza scendere di personalità , c'erano invero le due doppelbock che garantivano almeno un grado alcolico più elevato, ma per intensità di aroma sarebbero potute sembrare scialbe; allora Manuele, visto che già avevamo discusso di lambic, mi ha proposto di portarmi qualche vecchio millesimo dalla cantina, io mi sono detto interessato, sempre che il prezzo non fosse troppo alto, al che mi ha detto che per determinare il prezzo delle vecchie bottiglie sostanzialmente andavano a simpatia... io gli ho dato l'ok e dopo un po' è tornato con una vintage geuze 3 Fonteinen del 2005 in bottiglia da 375 ml, avvolta nella pellicola trasparente perché l'etichetta stava cadendo a pezzi. Ovviamente grande complessità aromatica, acidità già stemperata dall'età ed emersione di sentori molto peculiari, potrà sembrare poco elegante e anche dare l'impressione di un mio scarso valore come degustatore, ma al primo impatto io ho avvertito come un aroma di bretzel; pur essendo io un bevitore piuttosto (anche troppo) rapido, ho dedicato il giusto tempo a questa grande birra.
Al momento di pagare, dopo aver stretto la mano a Manuele, il conto “a capoccia” è stato di 17 euro, considerato che le due medie costavano 6 euro l'una, e la piccola credo 4 praticamente la geuze mi è stata regalata, oltre ai due assaggi; non nego che la mia vanità sia stata vellicata dall'essere stato considerato e trattato come un competente e con amicizia nonostante fosse la mia prima visita.
In sostanza si tratta proprio di un locale imperdibile per qualunque amante della birra che passi da Roma, l'unica obiezione è che se uno è un appassionato questo posto, almeno di fama, lo conosce già di sicuro; vero, però una recensione qui su GM mancava, e ora invece c'è.
10 commenti
05/09/2010
mamma mia Mizo, sei davvero un ottimo conoscitore e degustatore di birre, complimenti!