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Recensione su Ristorante La Feluca Venezia
visitato da grog il 15.10.2008

Recensione su
Ristorante La Feluca
Venezia

Visitato il 15.10.2008
Consigliato!
Scritta da grog
Servizio: Ristorante

Spesa a testa: 50.00
Coperti: 1
0 commenti
Venezia, Mercoledì 15 Ottobre, ora di cena. Mio padre stasera ha ospiti e ha pensato di prenotare poco lontano da casa (multiproprietà), in questi giorni si è affaticato molto (anch'io per la verità, non sento più i piedi…) e non ha intenzione di camminare tanto solo per una cena. Così si è aggirato in Calle della Mandola nel pomeriggio per studiarsi un pochetto che locali ci sono e cosa offrono. Il nostro ospite è sì residente a Venezia e non disdegna mangiare pesce, quindi nessun problema per la scelta del locale. E poi diciamocela tutta….. vai a Venezia e mangi carne? Ma vaaaaaa……. UBICAZIONE Il ristorante è situato in Calle della Mandola al civico 3648 di San Marco, tra campo Manin e Campo S. Angelo (Campo perchè in tempi antichi il posto non era lastricato e c'era l'erba, oggi Campo è la traduzione nella corrente lingua italiana di piazza) a 5 minuti dal Teatro La Fenice. Sia provenendo dalla Stazione Ferroviaria che da Piazza San Marco seguire le indicazioni per Rialto arrivati in prossimità dell'omonimo ponte esattamente in Campo San Bortolomeo, seguire le indicazioni per Campo San Luca e successivamente per Campo Manin, arrivati qui proseguire diritti attraversando il Ponte della Cortesia percorrendo la Calle successiva fino ad arrivare al negozio del fioraio. A Venezia una Calle ("Calle" in dialetto veneziano si traduce "via" in italiano corrente) molto lunga è in realtà divisa con vari nomi, a dividere la Calle nei vari nomi sono gli spigoli delle costruzioni, dunque attraversato il Ponte della Cortesia dallo spigolo del ponte alla fine del primo edificio a destra del senso di marcia la Calle prende il nome del Ponte della Cortesia, dall'edificio dopo inizia la Calle della Mandola che finisce un centinaio di metri più avanti sul cui angolo troverete il negozio di un fioraio e di fronte La Feluca, lo spigolo dell'edificio successivo fa si che inizia una nuova Calle con un nuovo nome. Di fronte al locale all'angolo del fioraio troviamo Rio Terà della Mandola, dietro e di fianco invece c'è il Rio Terà degli Assassini. UN PO' DI STORIA Da Guida d'Italia, Venezia, Touring Club Italiano, Pubblicato da Touring Editore, 1985. Il campo Manin ha assunto l'attuale conformazione dopo la pro¬fonda ristrutturazione del tessuto edilizio circostante, avvenuta a partire dal 1869 su progetto di Giorgio Casarini; oltre alla demolizione di una schiera di case sul fronte nord, scomparvero la chiesa di S. Paternian (che dava il nome al campo) e la sua torre campanaria (pentagonale, del sec. X). Il nuovo spazio venne intitolato a Daniele Manin, il leader dell'insurrezione e della resi¬stenza antiaustriaca di Venezia del 1848-49, la cui casa sorgeva al di là del rio (epigrafe); a lui è dedicato il monumento bronzeo al centro del campo, opera di Luigi Borro (1875). Il fronte orientale è definito dalla facciata del palazzo della Cassa di Risparmio, che occupa l'intero isolato fino a campo S. Luca; edificato nel sec. XIX da Enrico Trevisanato, l'ala su campo Manin è rifacimento di Pierluigi Nervi e Angelo Scattolin (1968). Prevalgono, nelle altre fronti del campo, le facciate neogotiche e neorinascimentali ti¬piche del gusto in auge sul finire dell'Ottocento. Lungo la palazzata meridionale si apre la calle della Vida, seguendo la quale si raggiunge l'ingresso (N. 4299) di palazzo Contarini del Bòvolo, di proprietà dell'IRE (Istituzioni di Ricovero ed Educazione), costruito tra il XV e il XVI secolo con struttura gotica e facciata archiacuta sul rio di S. Luca. Nella corte (dalla stretta calle Contarini del Bòvolo, a sin. dell'in¬gresso) è notevole la scala esterna, a chiocciola («bòvolo» in veneto), ele¬gante opera rinascimentale di Giovanni Candi (circa 1499): si snoda in una torre cilindrica aperta con un motivo di archetti su colonne, ripreso e dila¬tato nel ritmo ripetuto degli archi in pietra dei loggiati ai piani (nel recinto, vere da pozzo e arche provenienti dalla demolita chiesa di S. Paternian). Si esce dal campo Manin varcando il rio di S. Luca che, prose¬guendo in quello dei Barcaroli, evita lungo il percorso acqueo da Rialto a S. Marco l'ansa del Canal Grande; oltre il ponte (della Cortesia) si prosegue dritti per calle della Cortesia e calle della Mandola. Al termine di questa, tenendo a destra nel rio terrà della Mandola e ancora a destra nel ramo degli Orfei, si entra (in fondo a sinistra) nel piccolo campo S. Beneto (S. Benedetto), interessante per la pavimentazione rialzata in corrispondenza del pozzo di cui ri¬mane la vera. A sinistra prospetta l'imponente facciata di palazzo Pesaro degli Orfei, ora Fortuny, bella costruzione ogivale del sec. XV, con grande ettafora su colonne al 1° e 2° piano, e trifora al 3° (più sobria la facciata posteriore, prospiciente il rio Michiel). L'edificio, chiamato degli Orfei perché sede nel sec. XVIII della Società Filarmonica «L'Apollinea», venne acquistato all'inizio di questo secolo da Mariano Fortuny y Madrazo, pittore, sceno¬grafo e collezionista spagnolo, e donato dalla sua vedova al Co¬mune (1956) per essere destinato a iniziative di carattere artistico. Sull'altro fronte del campo sorge la chiesa di S. Beneto (Ss. Bene¬detto e Scolastica), fondata nel sec. XI e ricostruita nel 1619 (venne consacrata e intitolata ai due santi nel 1694); la semplice facciata è tripartita da lesene corinzie su cui poggia l'architrave aggettante e un timpano triangolare. Ritornati nella calle della Mandola, seguendo a destra la calle del Spezier si sbocca nell'ampio campo S. Angelo (S. Anzolo), dilatato nel 1837 con la demolizione dell'antica chiesa dell'Angelo Mi¬chele che ne occupava la porzione sud-ovest; anche qui la pavi¬mentazione è fortemente rialzata per facilitare la raccolta del¬l'acqua piovana nei due grandi pozzi, con vere della fine del sec. XV. Definiscono urbanisticamente l'invaso: sul fondo, oltre il rio, il campanile della chiesa di S. Stefano e il prospetto con portale gotico dell'omonimo convento; sugli altri fronti, notevoli edifici il cui spaccato cronologico va dal sec. XV, cui risalgono gli ogivali palazzo Duodo (N 3584), dove mori Domenico Cimarosa, e pa¬lazzo Gritti (di fronte, N. 3832), al XVII, quando venne edificato palazzo Trevisan-Pisani (N. 3831), fino alle ottocentesche abita¬zioni verso calle Caotorta. In fondo a destra (N. 3817) sorge l'oratorio dell'Annunciata, fondato dai Morosini nel sec. X e in seguito più volte ristrutturato (come nel 1528, data riportata sull'architrave dell'ingresso); fu sede della Scuola dei Sotti (zoppi) fino alla sua soppressione. IL LOCALE Dal loro sito: “Il Ristorante La Feluca è un locale molto elegante in stile liberty e nello stesso tempo accogliente e famigliare. Situato in una zona centrale tra Rialto e San Marco, è vicino al teatro la Fenice. Le sue specialità sono la cucina tipica veneziana con 15 anni di esperienza e le specialità dello stretto di Messina (Scilla). La sala può ricevere fino a 60 persone per gruppi o per cerimonie particolari. Il locale, dotato di aria condizionata è aperto anche dopo teatro. Si accettano tutte le carte di credito per i vostri pagamenti. E' gradita la prenotazione telefonica al numero 041 2412785. La prima pagina del menù è la presentazione della Famiglia Donato, i titolari: “La famiglia Donato Vi da il benvenuto nel proprio locale, dove cultura e tradizione per la buona tavola si fondono alla lunga esperienza maturata negli anni, che da passione è diventata arte. Giacomo, Carmine, il piccolo Federico e lo chef Davide sotto l'attenta visione di Patron Carmelo propongono una sana cucina a base di prodotti genuini quali: semola di grano duro e acqua fresca per la pasta fatta in casa, farina integrale e lievito madre per il pane di nostra produzione, uovo, panna fresca e burro per i dolci artigianali. Una accurata selezione di vini della nostra cantina per i migliori abbinamenti. A Vostra disposizione capacità, professionalità e serietà. Fiduciosi in un Vostro apprezzamento, contiamo di annoverarVi tra la nostra affezionata clientela.” Se volete vedere con i vostri occhi potete trovare il sito in Google, o andarci di persona. La facciata del ristorante è composto da una porta a vetri all''ingresso e da due ampie vetrine che permettono a chiunque di sbirciare all'interno. Come quasi tutti i locali veneziani, in vetrina su un letto di ghiaccio fanno bella mostra alcuni prodotti ittici tra i più conosciuti. Entriamo, per la verità erano vari anni che ci lasciavo gli occhi, ora finalmente potevo concretizzare una curiosità. La sala non è enorme ma sembra tale, colonne a sorreggere un soffitto basso color panna che forse starebbe su da solo, molto coreografiche, tutto sembra laccato, è invece rivestito di legno rossiccio lucidissimo. Una cosa che non difetta proprio è la pulizia, quasi maniacale. Mi ricorda i saloni delle navi da crociera. Il pavimento è di marmo, anch'esso tirato a lucido. I tavoli da quattro sono tutti ovali o rotondi, quelli più grandi sono rettangolari, tutti già apparecchiati. In fondo sulla sinistra piccolo bancone con la cassa e porta che reca alla cucina. Il bagno non so neppure dov'era, eravamo distanti appena trenta metri da casa che non ho pensato nemmeno di farci una visitina…….mea culpa. SI MANGIA Siamo in cinque, optiamo per il pesce. Il menù che ci viene portato è invidiabile per la varietà del cibo e del vino. Sono presenti anche portate non di pesce. Da bere due bottiglie di acqua, una gas e una no-gas, per cominciare ci facciamo aprire la loro ultima boccia di Falangina Sannio dei Colli di San Gregorio 2007. Alle ordinazioni accade una cosa strana. Ci consultiamo ed optiamo per un giro di antipasti misti per tutti, qualcuno fa un po' di confusione, qualcuno è indeciso. Io sono sicuro che abbiamo detto al cameriere (che poi credo sia anche uno dei titolari) di portare un misto antipasti per tutti. In mezzo a tutto questo casotto che si crea, chi deve prendere ordini si allontana un attimo per tornare con la Falangina, in quel momento mio padre fa, inconsapevole, un errore fondamentale. Esordisce consigliando di ordinare anche la successiva portata, così mentre mangiamo l'uno preparano l'altro. Quindi frittura di calamari e insalata di rucola per mia madre, involtini di pesce spada per me e i due ospiti, bigoli in salsa per mio padre. Chiacchiere varie per un quarto d'ora circa, poi improvvisamente un cameriere allunga a mia madre l'insalata. Lo guardo un po' stranito, ma sono sbigottito quando vedo arrivare la frittura, gli involtini e i bigoli. Chiedo lumi al cameriere che mi dice che l'antipasto arriverà. Strano penso, intanto addento il primo boccone. Arriva il titolare/cameriere perché l'altro gli ha girato il mio quesito e ci informa che l'antipasto non lo avevamo ordinato e lui aveva fatto preparare quello che ci aveva portato. Brontoliamo, cerchiamo di capire cosa è successo e mangiamo. La frittura a detta di mia madre era ottima, gli involtini posso confermare che erano fenomenali, mai mangiati così. Confabulatio tra quelli che hanno ordinato gli involtini e giungiamo alla conclusione che si tratti di un velo di carpaccio di spada ripieno di spada macinato mischiato a pan grattato, aglio, prezzemolo ed altri segreti del cuoco (che non ci vengono svelati). Il tutto amalgamato perfettamente e perfettamente unito tanto da non sfaldarsi e da non aver bisogno dello stecchino. I bigoli di mio padre veramente ottimi, a base di acciughe, cipolle e pepe, cotti perfettamente. Mangiato questo, considerato anche che dell'antipasto non ne avremmo visto neppure l'ombra, passiamo alla seconda ordinazione. Delle due signore, mia madre glissa, l'altra opta per un piatto di cozze gratinate, noi tre maschietti invece scegliamo un gran fritto misto e verdure alla griglia a testa. Le cozze le ho sentite ed erano buone, il fritto misto eccezionale, assolutamente non unto e croccante, il pesce cotto alla perfezione. C'erano calamari, gamberetti, polipetti e seppioline, le verdure grigliate discrete. Per mandare giù questi fritti, avendo finito la Falangina, sia noi che il locale, ordiniamo, per rimanere in tema, il Fiano di Avellino, di Mastrobernardino del 2007. Vengono cambiati i bicchieri. Fine pasto, io prendo il solito deca e i nostri due ospiti si fanno tentare dal dolce, uno in due, un tiramisù fresco, che a detta loro avrebbe tirato su anche un morto. Totale 247.20 €. CONCLUSIONI Locale molto bello, servizio impeccabile, cibo ottimo, quantità molto scarse, prezzo esagerato del vino. Ma andiamo con ordine, prendo il conto e lo spulciamo insieme: 1 cozza gratinata - discrete, non saranno nemmeno dieci, 10 €. Troppo poche. 1 bigoli in salsa – ottimi, 13 €. Un po' cari. 1 frittura di calamari – eccezionale, 13 €. Troppo pochi e troppo cari (considerata la quantità). 3 gran fritto misto – eccezionale, 66 €. Troppo pochi e carissimi (considerata la quantità). 3 involtini di spada – eccezionali, 39 €. Pochi, ogni piatto ne conteneva solo tre. 3 verdure grigliate – nella norma, 18 €. Due fette di zucchina e due fette di melanzana, esose. 1 insalata – nella norma, 5 €. 1 tiramisù – eccezionale, 8 €. Questa è stata l'unica portata abbondante. 2 acque da litro, 6.20 €. Carucce, non so nemmeno che marca fossero. 1 Fiano, 38 €. Prezzo spaventoso 1 Falanghina, 28 €. Prezzo spaventoso 1 caffè espresso, 3 €. Il doppio della norma per un dito d'acqua sporca, imbevibile. Concludendo che la qualità del cibo e il servizio offertoci sono stati decisamente di alto livello, la valutazione raggiunge i 5 cappelli, ma siccome le quantità erano decisamente da educanda, cioè inesistenti, tolgo un cappello. Siamo arrivati a 4 cappelli, che sarebbe la giusta valutazione, ma siccome mi ricordo che, come risultava dalla carta dei vini, il prezzo delle due bottiglie era decisamente inferiore (il vino l'ho scelto io, siccome so quanto costano quelle bottiglie sia al dettaglio che all'ingrosso che nei migliori ristoranti, non le avrei mai scelte a quei prezzi, avrei optato per qualcosa di locale e più economico), debbo purtroppo togliere un'altro cappello. Alla fine 3 cappelli, ma una considerazione: è un locale che merita comunque una visita, per il servizio, per le presentazioni, per la qualità del cibo, ma occhio al prezzo.

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