Mia mamma è stata battezzata come Iride, ma poi venne chiamata Clotilde, Tilde, perchà ©, subito dopo che era nata, morì sua nonna Clotilde. Mia zia, battezzata Teresa, era la zia Anna. L’altra zia Jolanda era chiamata Lalla. Mio suocero Gianni, in realtà  si chiamava Mario. Mio cognato Paolo, all’anagrafe risulta come Gianni.
E Venerdì? Venerdì ha fatto sue già  due forme d’integrazione: per prima cosa porta una “barèta co le recià  re” come avevo io da piccolo nel 1962, e poi, invece di Venerdì, sua mamma e sua moglie – mi ha detto – lo chiamano Luca.
I suoi menu sono dettati da quello che passa il convento o da quello che qualche volta gli passiamo noi: pasta di vari tagli, passata di pomodoro in scatola, olio e un parmigiano sottovuoto che, nella sua catapecchia a S.Giovanni (18 km. da casa mia, che si fa in bici una-due volte la settimana), si mantiene bene perchà ©, a parte il fuoco del camino, non ha riscaldamento. Plin-plon: “Chi è?” “Amigo!… sono io… Luca!” Lui ha la carta d’identità  con scritto proprio Venerdì e poi un cognome impronunciabile, cittadinanza nigeriana.
“Io non torno più Nigeria… là  sempre casino… morti, sbà  rano, malatia… cristiani stronsi a casa mia…”
Menu suggerito per la sera: riso, scatoletta di tonno, scatoletta di piselli. La settimana prima se n’era andato con due sacchi di nylon gonfi di scatolame e anche con del latte a lunga conservazione per i suoi due nuovi gemellini. La bici sembrava si schiacciasse sotto il peso. “Ce la fai? Forse son troppo pesanti…” gli faccio io “No, no, legèri, legèri! ahahahah…” mi risponde lui con una risata gutturale, e se ne va felice, lento, a zig zag.
Ha lavorato per cinque anni in Italia, ora da un anno è senza lavoro e in più ha pensato bene di fare due gemellini… Sono un po’ scriteriati questi africani… e anche disorganizzati… fancazzisti…
A volte lo spedisco via… “Ma, hai provato a cercare lavoro?” “Mi serve permesso soggiorno per avere lavoro e mi serve lavoro per avere permesso soggiorno… ahahahah…” si mette a ridere… Boh, non approfondisco, tanto, adesso, lavoro non ce n’è per nessuno… la mia era una provocazione…
Però, io, come faccio?… se non è la spesa, male che vada è mezzo euro alla volta… se becca mia moglie sono anche due, perchà © lei non vuole fare brutte figure… viene qui perchà © sa che qualcosa rimedia sempre…
Ieri lo vedo per strada sulla sua bicicletta, mi viene incontro incrociandomi con un sorriso grande come una Pasqua, per poi proseguire, salutando con il braccio: “Ciao amigo… niente… – mi dice anticipandomi – io solo contento parlare con te!”
“Spesso, restaurando una vecchia tela, riaffiorano tracce di altre forme, nascoste dagli ultimi strati di colore. Potrà  apparire un albero attraverso un abito di donna, dietro un bambino potrà  nascondersi un cane o una barca rimasta senza mare. Si parla allora di ripensamenti, un modo ricercato per dire che il pittore ha cambiato idea.” (Julia, 1977)
3 risposte
Carissimo, che bello questo piccolo spaccato di vita!
Mi ricorda quello di un mio amico, anche lui Nigeriano, che veniva sempre a bussare alla porta del mio ufficio per vendere le solite calze e mi diceva le stesse cose sorseggiando con me un caffè.
Poi un giorno ci siam messi a cercare gli indirizzi di tutte le coop sociali della zona, perchè avevo saputo che cercavano personale.
Lui è andato, è stato assunto e ora ha il permesso di soggiorno e un lavoro stabile.
E' venuto a ringraziarmi e torna periodicamente per il caffè.
E' una storia su un milione, ma sono felice di poterla raccontare 🙂 🙂
Mala tempora currunt… al tuo amico è andata proprio bene e tu sei stata brava ad indirizzarlo bene… Però, sto Luca, quella frase che mi ha detto… mi è rimasta proprio dentro… nella situazione in cui si trova…
Che giornata di Pasqua ho passato…
Ti capisco, mi sento così ogni volta…